Fuga bancaria dai titoli di stato

Strette fra l’incudine della crisi e il martello della Bce, le banche italiane hanno iniziato ormi da diversi mesi a disfarsi dei nostri titoli di stato. Dal luglio 2013 a marzo 2014, leggo nell’ultimo rapporti sulla stabilità finanziaria di Bankitalia, “le vendite nette di titoli pubblici sono state pari a 22 miliardi, effettuate per la gran parte dai primi cinque gruppi bancari e da altre banche di grandi dimensione”.

C’entra qualcosa il fatto che le grandi banche siano finite nell’asset quality review iniziato dalla Bce?

Difficile affermare il contrario. Le regole fissate dall’Eba e dalla Bce per la valutazione di questi attivi sono assai stringenti e vista la dimensione dell’esposizione bancaria verso i bond italiani, non è che le banche avessero tutte queste possibilità. L’obiettivo nascosto del comprehensive assessment, o almeno uno degli obiettivi, era proprio quello di contribuire a spezzare il legame fra debito pubblico e banche residenti, considerato uno dei grandi mali dell’eurozona.

Ciò non vuol dire che i problemi delle banche italiane siano terminati. Pure al netto della ventina di miliardi di titoli venduti, il comparto bancario risulta, alla fine di marzo di quest’anno, ancora esposto per 382 miliardi nei confronti di bond sovrani, peraltro con acquisti in crescita proprio nei primi mesi di quest’anno rispetto a fine 2013. Parliamo di un livello di esposizione che quota il 10,2%.

La buona notizia (per loro) è che finora acquistare titoli pubblici si è rivelato un buon affare per le banche italiane. “Si stima – dice Bankitalia – che da luglio la rivalutazione del portafoglio, indotta dal forte calo dei rendimenti, sia stata pari a 13 miliardi”. Questo perché un calo dei tassi fa aumentare il valore capitale dei bond.

Vale la pena anche osservare che si è anche notevolmente abbassata la durata media residua dei bond in pancia alle banche. Conseguenza evidente delle politiche della BCE, che hanno spinto le banche a sostenere le scadenze brevi. Ma i titoli con scadenza superiore a cinque anni sono comunque circa un quarto del totale, mentre circa la metà dell’esposizione si concentra nelle scadenza fra i due e i cinque anni.

Questa situazione si inserisce in uno scenario assai complesso per le banche italiane. Già gravate da quote crescenti di sofferenze bancarie, arrivate al 15,9% a dicembre 2013, e pesantemente esposte anche sul mercato immobiliare, i nostri istituti si trovano anche a dover fare i conti con un e’sposizione importante verso zone geografiche complicate.

Bankitalia calcola che l’esposizione bancaria italiana verso i paesi CEE, ossia dell’Europa Centrale e Orientale, quoti 171 miliardi, più di un quarto del totale dell’esposizione bancaria verso i non residenti, di cui 21 miliardi verso la Russia e 4,6 verso l’Ucraina.

Tutto questo in un contesto di stress test in arrivo che, come ha notato il presidente della Consob, potrebbe essere fonte di grandi seccature per le banche e, di conseguenza, per il nostro debito pubblico, visto che le banche, grazie ai fondi della Bce, ne hanno garantito la sostanziale tenuta in questi ultimi anni.

Non da sole, certo.

Sempre Bankitalia fotografa il ruolo crescente del settore assicurativo nell’acquisto di titoli di stato, in crescita come d’altronde è quello dell’estero.

Le assicurazioni, in particolare, detenevano l’11,5% del debito pubblico italiano a giugno 2013 e sono arrivate a dicembre ad averne il 13,2%. In pratica hanno compensato la fuga dai bond delle banche, dove a percentuale è scesa dal 23% al 21,7%, e delle famiglie, passate dal 13,6 di giugno al 12,1%. Cresce anche la quota di titoli in mano ad altri detentori italiani, quindi fondi pensione e società non finanziarie, dal 7,8% all’8,5%.

Quanto all’estero, per la gioia di molti (ma non di tutti), la quota di titoli di stato italiani in mano all’estero è aumentata dal 26,1% del totale di giugno 2013 al 27%.

Si può discutere a lungo di quanto sia saggio affidare le sorti della propria finanza pubblica al buon cuore dei creditori esteri, ma tant’è: nel momento in cui si vuole spezzare il legame fra banche residenti e titoli di stato, non resta che affidarsi al mercato per finanziare i propri debiti pubblici, E, di conseguenza, alla market discipline.

Last but not the list, l’asset quality review in corso sui bilanci bancari chiusi a dicembre 2013. Quando saranno pubblicati gli esiti degli stress test, a fine ottobre, le banche italiane potrebbero scoprire di avere molti più problemi di quanto pensassero di averne.

Ma questa è un’altra storia.

(1/segue)   

Leggi seconda puntata

 

Un Commento

  1. Jean-Charles

    Fine 2013, il debito pubblico della Francia ammontava a 1925 miliardi mentre quello dell’Italia a 2069.

    Nel 2013, la Francia ha pagato circa 50 miliardi d’interessi con un debito medio di circa il 93% del debito italiano. Con il tasso d’interesse medio francese, l’Italia ne avrebbe pagati circa 50/0.93= 55 miliardi.

    Di fatto ne ha pagati circa 85.

    30 miliardi in più ossia circa 500 € per ogni abitante in Italia.

    Che sono andati a finire per l’essenziale negli enti finanziari privati.

    Le banche italiane stanno rimborsando i 200 miliardi avuti dalla BCE ( LTRO) dall’inizio 2012, per 3 anni, fino a fine 2014 a tasso dell’1%.

    Speriamo bene.

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  2. Attualmentesonounostupido

    Le banche italiane stanno vendendo titoli di stato comprati a tassi inferiori di quelli d’acquisto, quindi fanno “plusvalenze” , giusto ?

    “L’obiettivo nascosto del comprehensive assessment, o almeno uno degli obiettivi, era proprio quello di contribuire a spezzare il legame fra debito pubblico e banche residenti”
    In un ottica di crisi “politica” , in cui la rottura dell’€ è verosimilmente all’orizzonte , queste regole tenderebbero a scoraggiare l’uscita dei singoli paesi , o quantomeno ad “inscenare” criticità bancarie (debito estero può venire “impugnato” “sterilizzando” lex monetae?) ?

    sono domande da ignorante , mi si perdoni

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    • Attualmentesonounostupido

      ops … ho commentato prima di completare di leggere l’articolo . alla prima domanda ho quindi ricevuto risposta , la seconda però rimane .
      chiedo scusa per la faciloneria

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    • Maurizio Sgroi

      salve,
      fare domande non è mai segno di ignoranza, al contrario 🙂
      dare risposte invece quasi sempre rischia di fare scivolare qualunque ragionamento nel pregiudizio, e quindi nell’ignoranza generale che circonda le cose dell’economia.
      Detto ciò (scusi la premessa, ma non sono un professore e quindi sono la prima vittima della mia ignoranza), le plusvalenze dipendono dal fatto che quando i tassi si abbassano (perché cala lo spread) chi ha comprato prima, e quindi a tassi più alti, vede salire il valore capitale del titolo. esempio: se ho comprato a 98 un titolo di stato che dava un rendimento del 4%, se i tassi scendono al 3%, il valore del titolo magari arriva a 105, perché garantisce un rendimento maggiore dei nuovi titoli. questo dice la libretta.
      la seconda questione che solleva è più politica, e quindi posso solo risponderle a sensazione. l’unione bancaria, di cui l’asset quality review è un passaggio fondamentale, l’ho chiamata altrove euro 2.0 proprio perché mira a mettere in comune la moneta bancaria, replicando quello che ha fatto l’euro 1.0 con la moneta legale. peraltro il processo di unificazione sta proseguendo con quella che ho chiamato moneta finanziaria, quindi euro 3.0, ossia unificando le procedure di settlement dei titoli a livello di eurosistema. questo per dirle che chi dice che dobbiamo uscire dall’euro forse non tiene conto del processo di interrelazione che è stato tessuto nel frattempo.
      grazie per l’attenzione

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      • Attualmentesonounostupido

        Mi scusi se non l’avevo salutata , sono stato maleducato
        Dunque in effetti la seconda parte è quella che più non capisco/mi interessa .
        Si prepari quindi , La importunerò fino a che non avrò capito o sarò cacciato/ignorato
        Lei dice
        “l’unione bancaria, di cui l’asset quality review è un passaggio fondamentale, perché mira a mettere in comune la moneta bancaria”
        ed ancora
        “L’unione bancaria consentirà di spezzare una volta per tutte il legame fra i debiti pubblici e le banche, siano esse centrali o commerciali. Come? Semplicemente facendo notare che la tale banca è troppo sbilanciata su questo o quello e quindi è meglio se magari la smette di comprare titoli dei Pigs che, peggio per loro, al limite falliranno.”
        ed inoltre
        “gli eccessi bancari e il superidebitamento, privato e pubblico, hanno generato la crisi, quindi serve un maggior coordinamento delle politiche bancarie non solo per prevenire altre crisi, ma anche per avere un’economia reale più sana, competitiva e produttiva.”
        infine
        “Sottraendo agli stati l’onere di ricapitalizzare la banche, e ponendolo, come si vuol fare, in capo al fondo Esm si raggiunge un altro importante obiettivo. L’attivazione dell’Esm, infatti, presuppone una notevole cessione di sovranità fiscale in seno alle autorità europee da parte degli stati”

        Quindi , riallacciando il discorso , mi corregga se sbaglio , si otterrà il risultato che le banche del sud cercheranno rifugio in titoli “sicuri” nordici , facendo alzare lo spread “sud-nord” , costringendo i paesi del sud a chiedere l’intervento dell’ESM , in modo da applicare agli aderenti le condizionalità d’adesione . Possiamo sintetizzare che questo Euro 2.0 è un pò una spallata dei “board bancari nordici” per far entrare i paesi del Sud nella trappola dell’ESM ?
        (mi si perdoni la brutale semplificazione , ma nn essendo un tecnico posso solo parlare come “mangio”)

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      • Maurizio Sgroi

        salve,
        la logica del suo ragionamento è corretta. tenga conto che quando scrivevo di euro 2.0 ancora non erano stati approvati i provvedimenti di unione bancaria e quindi alcuni passaggi oggi sono cambiati. non si userà, per dirne uno, il fondo esm per ricapitalizzare le banche (come è stato fatto per la spagna) ma un opportuno fondo di risoluzione finanziato dalle banche, eccetera.
        detto ciò, torno al suo ragionamento. come le dicevo è sostanzialmente corretto, ma faccia attenzione a non scambiare l’eterogenesi dei fini per la finalità. può succedere, come dice lei che le banche del sud cercheranno rifugio nel bond dei paesi del nord. ma lo fanno già adesso, e in un’ottica di bilanciamento dei rischi di portafoglio. inoltre leggere il tutto come una spallata dei paesi del nord contro quelli del sud forse è un’eccessiva semplificazione. in generale diffido della facilità dell’inferenza. ragionare troppo su cause ed effetti rischia sempre di farci intrappolare nel dilemma dell’uovo e la gallina 🙂
        se accetta un mio suggerimento, non abbia fretta di saltare alle conclusioni e si goda con lentezza il suo viaggio nel meraviglioso mondo della conoscenza. avere fretta di capire rischia sempre di aumentare il pregiudizio. quella famosa ignoranza di cui le parlavo nella mia prima risposta.
        grazie per il commento

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  3. Attualmentesonounostupido

    Cortesemente chiedo all’autore se è presente nel blog un articolo in cui si analizza la composizione dei detentori dei titoli di stato italiani , in una scala temporale sufficiente da comprendere pre e post entrata €
    se non fosse presente , mi tornerebbe utile qualche fonte dal quale attingere tali dati
    Grazie mille per la pazienza e l’informazione

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    • Maurizio Sgroi

      salve di nuovo,
      per analizzare la composizione dei detentori dei titoli di stato la migliore fonte credo sia la banca d’italia, nei suoi vari studi sulla stabilità finanziaria. come dato generale, in vari post ho notato come negli anni ’90 i titoli di stato fossero più concentrati in mano alle famiglie, e in generale ai residenti, mentre i detentori esteri erano una piccola quota, al contrario di quanto sta accadendo ai giorni nostri. questo processo è comune a molti paesi, e ha ragioni storiche precise (l’aumento della globalizzazione finanziaria) della quale l’euro è solo uno dei momenti salienti, ma non l’unico.
      buona ricerca

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  4. Attualmentesonounostupido

    Grazie mille a Lei per la sua cortesia , ritornerò sicuramente con altre domande , se non Le dispiace
    Buonagiornata , e grazie ancora

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