Il treno dei desideri fra Turchia e Cina

La convergenza di interessi fra Russia e Cina, che si candidano a denominare la globalizzazione eurasiatica prossima ventura, potrebbe trovare nella Turchia il vertice di un triangolo di relazioni che le cronache già delineano, pure se ancora in maniera rapsodica. La consuetudine all’osservazione delle relazioni bilaterali fra gli stati, ci impedisce di guardare a questo possibile triangolo di interessi che la storia individua come una costante delle globalizzazioni a vocazione euroasiatica e per una semplice ragione che ha a che fare con la geografia. Ossia con la posizione della Turchia nel planisfero.

Prima di avventurarsi in riflessioni che ci porterebbero troppo lontano, conviene contentarsi di continuare a raccogliere le tracce delle vocazioni che l’attualità consegna alla nostra osservazione, partendo magari da quelle che uniscono i lati del nostro triangolo immaginario. Sempre in omaggio alla consuetudine dell’analisi dei rapporti bilaterali, lasciando ad approfondimenti successivi il tentativo di tirare le somme – ossia i lati – di queste osservazioni.

Dopo aver aver osservato alcuni di questi movimenti, che coinvolgono la Russia e la Cina, adesso alcuni recenti avvenimenti hanno riportato in superficie una relazione ancora troppo poco osservata: quella fra Cina e Turchia, ossia due paesi che più diversi non potrebbero essere e che però sono legati da profondi rapporti economici, nonché da una lunga e antica frequentazione nelle steppe dell’Eurasia che trova nel Turkestan cinese, quello che oggi si chiama Xinjiang, il punto (dolente) di contatto fra queste due culture.

Anche qui, prima di andare troppo lontano, notando magari come le popolazioni centro-asiatiche che con lo Xinjiang confinano siano di etnia turca, abbiano subito un forte imprinting russo e siano largamente musulmane, è meglio agganciarsi alla cronaca e tenersi forte, perché già il viaggio è lungo. Come quello del nuovissimo treno, inaugurato ai primi di novembre, che collega la Cina all’Europa, passando proprio dalla Turchia.

La linea collegherà l’europea Praga alla cinese Xian, capitale della provincia dello Shaanxi, nel centro della Cina,

replicando in qualche modo il percorso di una delle vie della seta che hanno ispirato la narrazione cinese della Belt and road initiative (BRI) ormai un vero marchio di fabbrica.

E’ interessante sapere che la il treno del desiderio – l’ennesimo che si propone di potenziare le rotte terrestri dell’Eurasia, ancora assai poco utilizzate negli scambi fra Cina ed Europa – utilizzerà in parte la linea Baku-Tblisi-Kars aperta alla fine del 2017, attraversando il Bosforo tramite il tunnel di Marmaray.

Ossia una delle opere recenti con la quali la Turchia intende potenziare il suo ruolo di hub regionale e di porta d’ingresso verso l’Europa.

Sempre perché la geografia ha la sua importanza, come sanno bene tutti i paesi centro-asiatici e che insistono sul Caspio, che stanno investendo sulla stessa cosa.

Ma la Turchia, che non è seconda a nessuno quanto ad ambizioni, ha in cantiere un progetto ancora più interessante, finora non attuato ma sul quale punta molto: il Middle corridor. Si tratta dell’ennesimo progetto teso a riannodare i vecchi collegamenti che animavano nel passato – che chissà perché ormai è diventato il pretesto più frequente del presente o del futuro – gli scambi fra Oriente e Occidente. La Turchia di recente ha anche proposto una “Caravanserai Initiative” che accomuni Azerbaijan, Georgia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, e non c’è bisogno di aggiungere altro.

Il Middle corridor, che parte dalla Cina, passa attraverso l’Asia centrale (Kazakhstan o Kyrgyzstan-Uzbekistan-Turkmenistan), il Mar Caspio e continua tra i territori di Azerbaijan e Georgia fino alla Turchia, è in qualche modo alternativo a uno di grandi corridoi immaginati dalla Bri cinese, ma questo non vuol dire che alla fine i cinesi non trovino il modo di partecipare al progetto. Se lo scopo di Pechino è avere “proprie” rotte commerciali, o quantomeno rotte controllate da paesi con i quali vi sono profondi interessi in comune, anche il Middle corridor turco, che peraltro ha la comodità di evitare l’Iran, potrebbe finire nell’elenco della spesa di Pechino. Specie considerando che i due paesi condividono già parecchi interessi. Basta dare un’occhiata anche fugace ai loro flussi commerciali (grafico sotto) per rendersene conto.

Scambiandosi una notevole varietà di beni.

Altresì utile sapere che la Cina (dati 2017) era il primo partner eccedentario della Turchia.

Con ciò indovinandosi uno schema al quale siamo ormai avvezzi, quanto alle finalità e agli esiti del capitale cinese. Nell’agosto scorso, per fare un altro esempio, la banca centrale cinese, riportano le cronache, avrebbe versato un miliardo di dollari in Turchia attuando un accordo di swap che risaliva al 2012. In tempi non sospetti, quindi, ma molto lungimiranti.

Già con questi pochi elementi la retta delle relazioni sino-turche, prima quasi invisibile, inizia a tratteggiarsi, con ciò scoprendosi persino sensato l’irrigidimento turco nei confronti degli Usa, del quale la Turchia è partner dentro la Nato, che sembra preludere a un riposizionamento di turchi verso Oriente. Anche qui riscoprendo una vocazione antica, che risale agli albori della storia, quando la penisola turca, all’epoca si chiamava Asia minore, era il terminale mediterraneo della prima globalizzazione documentata: quella mesopotamica.

Pure fermandoci qui, possiamo già domandarci se la relazione sino-turca possa arrivare in futuro a diventare strategica come dicono stia diventando quella fa russi e cinesi. E poi chiederci se avverrà la saldatura di queste relazioni bilaterali in un triangolo, col consolidarsi delle relazioni fra Russia e Turchia, che sembra comunque già ben avviato, con la crisi siriana a far da levatrice. L’intenzione di infittire la collaborazione militare fra i due paesi è stata più volte ribadita.

Soprattutto dovremmo domandarci se tre paesi che hanno in comune molti interessi economici, una certa vocazione autocratica e una certa antipatia verso gli Stati Uniti siano in grado di tenerlo in piedi questo triangolo. Ma questa è decisamente un’altra storia.

 

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