Il Secolo asiatico. L’economia (s)governata

E’ quasi comico leggere sul Wall Street Journal e poi sulla nostra stampa, sempre in difetto di citazione della fonte estera, che la Banca centrale giapponese stia seduta su una montagna di profitti, che non sa bene come restituire alla collettività, derivanti dal fatto che ormai controlla il 7% delle azioni del listino di Tokyo. Che aggiungendosi alla quota eguale in pancia al fondo pensione del governo, quota nel 14% il totale delle azioni detenute dall’autorità pubblica.

Il motivo dell’ilarità, ottimo succedaneo della mestizia, risiede nella circostanza che la libera stampa che si stupisce è la stessa che riporta con professionale dettaglio come la Banca del Giappone, ormai da un ventennio e forse più, abbia innovato la politica monetaria al punto da comprare azioni quotate pur di fare arrivare ossigeno nel circuito finanziario. Salvo chiedersi – e scoprire poi – che questo genera una sostanziale nazionalizzazione dell’economia che ricorda il modello cinese. Ma quando una banca centrale inonda di denaro l’economia, secondo voi questi soldi dove vanno?

Questa semplice domanda rimane spesso senza risposta. Non tanto perché manchino le spiegazioni, quanto perché diventa estremamente sconveniente notare come l’esito di così tanto intervento pubblico, che ci porta dritti verso la deriva asiatica di Giappone e Cina, non può che essere un’economia governata. Nel senso di un’economia che ormai dipende in larghissima parte dal governo, che all’uopo si appresta a celebrare un nuovo matrimonio fra Tesoro e Banca centrale per dare un calcione alle economie incagliate del XXI secolo.

Così anche da noi, mica solo laggiù. L’Asia, anzi, è stata antesignana: il Giappone per le politiche monetarie e i deficit fiscali, la Cina per l’economia come spartito suonato dal governo, al quale ormai chiaramente si ispirano tanti aspiranti pianificatori di casa nostra un po’ come negli anni ’30 del secolo scorso si guardava all’Unione Sovietica che passava indenne attraverso la Grande Depressione grazie ai suoi piani quinquennali.

L’ultima capriola alla quale assisteremo a breve, e siamo fin troppo facili profeti, sarà quella che le banche centrali dell’Occidente, Fed e Bce in testa, dovranno prepararsi a fare per tenere bassi i rendimenti di lungo termine, insolitamente rivoluzionari, utilizzando i meccanismi di yield control già sperimentati con successo sempre dal Giappone.

E poi magari chissà: comprare anche loro azioni, oltre alla carta che già comprano, per gonfiare ancora i propri bilanci, a un livello ormai non più reversibile, perché – come nota dispiaciuta la libera stampa – se le banche centrali vendessero gli asset che hanno in bilancio crollerebbero i mercati.

Perché il Secolo Asiatico prevede economia governative, che magari rischiano di essere sgovernate, che finiscono col generare mercati disfunzionali. Circostanza che piacerà moltissimo anche da noi.

Che questo implichi una sostanziale privazione delle libertà economiche è solo un dettaglio che preoccupa minoranze sempre più sparute. In fondo, come ha detto qualcuno, la libertà economica è sopravvalutata.

(5/segue)

Puntata precedente. Il Secolo asiatico. La dominanza cinese del carbone

Un Commento

  1. bradipous

    Se libertà economica vuol dire benefici per pochi e costi per i più benvengano l’economia governata e la politica economica degli Stati

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  2. renzo

    La libertà economica non è sopravvalutata , è una potente superstizione a cui lei sembra credere, uguale e contraria alla sua superstizione negativa riguardo alla presenza dello stato in economia, che potrebbe rendere disfunzionali i mercati, come se non ce la facessero già perfettamente da loro stessi, a essere disfunzionali.

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    • Maurizio Sgroi

      la disfunzionalità appartiene all’uomo, quindi ai mercati e agli stati. il problema è chi decide chi è disfunzionale e chi no. il succo della libertà è tutto qua.
      Grazie per il commento

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  3. renzo

    Il problema di chi decide chi è disfunzionale e chi no è un problema di potere, non di libertà.
    Il ” libero mercato” è fatto dall’uomo ma non per questo diventa una figura antropomorfa dotata di attributi umani, come certe ideologie economiche hanno voluto farci pensare.
    Si puo pensare che sia giusto e preferibile che i “mercati ” abbiano il diritto o il compito o addirittura la saggezza di poter stabilire che uno stato è disfunzionale , ma comunque non sarebbe un fatto di libertà ma di potere.

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