…e dello Spirito Santo


La Cura/3

Viviamo in quanto comunichiamo. Ogni nostro gesto nel mondo lascia un segno, ogni parola una pietra.

Ciò che ci distingue dai semplici animali è la capacità di relazionarci l’uno con l’altro in maniera creativa, ossia superando la semplice istanza biologica – l’istintualità – e quindi rinnovando ogni volta il senso del messaggio.

L’esempio più lampante è il rapporto amoroso. Laddove semplicemente gli animali si accoppiano seguendo l’istinto che li conduce alla riproduzione, noi elaboriamo l’universo amoroso, con tutte le sue straordinarie implicazioni, per raggiungere sostanzialmente lo stesso risultato.

L’attività creativa che l’uomo mette in campo per relazionarsi con gli altri, con tutti gli strumenti espressivi di cui dispone, è di per sé un atto di comunicazione. Parliamo per essere ascoltati, ascoltiamo per poter rispondere.

Chi non comunica non è più in relazione con gli altri. E’ morto. Che non vuol dire solo aver smesso di respirare. Si può essere morti in tanti modi. Perché, ad esempio, non si ascolta: si è indifferenti, quindi impermeabili, al messaggio di un altro.

Morti sono coloro che parlano perché sono innamorati delle proprie parole. Per costoro gli altri sono un pubblico da sedurre, non interlocutori. I narcisisti non sono interessati a comunicare: indottrinano perché vogliono essere adorati. La comunicazione ha senso, quindi è viva, solo nella misura in cui è biunivoca, relazionale.

Respirare e parlare (comunicazione in senso lato), perciò, costituisce il nostro essere uomini. Ci caratterizza. Non a caso abbiamo sulle nostre spalle millenni di tradizione. Tanto più oggi che la comunicazione è diventata un mestiere, esondando dalla dimensione interpersonale come mai prima nella storia.

Le nuove tecnologie hanno amplificato in ognuno l’idea di avere il diritto/dovere di comunicare, ma ha provocato al contempo la superfetazione di soggetti emittenti a scapito dei soggetti riceventi. Tutti sentono di dover parlare, quindi sempre meno ascoltano. La ridondanza dei messaggi ha reso gli uomini sordi. Il male del nostro evo si è digitalizzato.

L’Io elettronico, ormai pandemico, rischia di oscurare completamente il messaggio amplificando l’abbraccio mortale della comunicazione non-relazionale, dissimulando tale condizione con l’abbondante chiacchiericcio della rete, somme di individui che si guardano ma non si ri-guardano. In fondo, neanche si conoscono.

L’incubo del narcisismo digitale è terribilmente concreto. Gli infiniti canali della comunicazione trasmettono solo incomprensibile rumore di fondo, messaggi distorti, caos. L’antropizzazione digitale genera entropia. Soggetti immortalati nelle immagini e nelle chat. Sostanzialmente morti.

In questo scenario di contemplazione esasperata del proprio ombelico diventa indispensabile recuperare lo spirito originale della comunicazione. Ricordare che rivolgersi a un altro significa anche ascoltare un altro. Quindi parlare, ma soprattutto tacere. Porsi in ascolto con umiltà e rispetto. Letizia e gratitudine.

Nell’apprendistato all’ascolto, che tutti noi dovremmo praticare, è contenuto il tesoro della ri-scoperta dell’altro. Il superamento dell’angustia dell’Io con la ricchezza del Noi.

Man mano che l’orecchio si affina, impariamo a distinguere il grano dal loglio, cancelliamo il rumore di fondo, abbattiamo gli idoli. Torniamo a ri-conoscere ciò che è davvero importante: che grazie alla parola viva (la comunicazione) il fratello parli col fratello, che si ascoltino l’un l’altro arrivando a comprendersi e così facendo possano riconciliarsi.

In tale processo di comunicazione ri-conosciamo la sacralità della comunicazione, che significa vita e parola dell’uno per l’altro.

Paradossalmente, l’incubo del narcisismo digitale potrebbe trasformarsi nel paradiso della vera comunicazione globale, l’età dello Spirito Santo preconizzata dalla teologia della storia di Gioacchino da Fiore. Purché ognuno recuperi la dimensione del silenzio e dell’ascolto e così facendo trovi la sua vocazione nell’Altro.

L’identificazione dell’Io con l’Altro è il superamento della dicotomia rappresentata nella filosofia greca dal principio di non contraddizione, sulla base del quale si è edificata la logica occidentale, col suo portato di divisione, differenza e conflitto, che ha servito la matematica a scapito delle relazioni umane.

Una volta che la ragione umana oltrepasserà il limite di tale principio nulla potrà più ostacolare la riconciliazione dei fratelli.

Prego dunque affinché dopo aver esercitato con protervia per secoli il diritto alla parola l’uomo taccia la sua bocca e apra con umiltà le sue orecchie.

Prego affinché, riscoprendo l’ascolto, ri-conosca la gioia che proviene dall’altro.

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