Come i paesi del Nord Europa possono far riformare l’Italia. Tre raccomandazioni


TheWalkingDebt ospita un contributo esterno, inaugurando così una pratica che speriamo diventi consuetudine. Confrontarsi, in un momento in cui le difficoltà sembrano insormontabili, è (dovrebbe essere) il viatico per chiunque cerchi soluzioni praticabili. E anche guardarci con gli occhi degli altri fa parte di questo tirocinio.
Grazie, dunque, a Paul Vanderbroeck*, che ci consegna queste sue riflessioni.

La crisi greca ci ha insegnato che la logica della condizionalità imposta dalla Troika può garantire i finanziamenti, ma non è in grado di far rialzare un paese. Né si può affermare che il precedente approccio del laissez-faire abbia sortito effetti positivi. Per riformare l’Italia, i partner europei devono dare indicazioni e tracciare i confini, ma anche motivare il paese e i suoi cittadini a cooperare.

Tanto per cominciare, bisogna prendere consapevolezza delle profonde differenze culturali. Il Nord Europa ha una “cultura oggettiva”, nella quale l’interesse pubblico prevale su quello dei singoli: le regole sono regole.

L’Italia ha una “cultura soggettiva”, in cui è l’interesse del singolo ad avere la meglio su quello pubblico, pertanto le regole sono flessibili. Entrambi gli approcci hanno i loro pro e contro.

In una cultura “soggettiva”, tutti pensano che mettere la propria auto in doppia fila sia lecito se non c’è parcheggio, perché bisogna pur fare la spesa. Personalmente, la trovo una cosa tremendamente irritante.

D’altro canto, lo scandalo degli assegni familiari scoppiato in Olanda sarebbe impensabile in Italia. Recentemente, l’agenzia delle entrate olandese ha ammesso che per anni migliaia di genitori sono stati accusati ingiustamente di aver richiesto i sussidi parentali senza averne diritto, costringendoli a rimborsare decine di migliaia di euro. Alcune famiglie sono andate in bancarotta, ci sono stati divorzi e persino dei suicidi. In Olanda, i funzionari pubblici credono ciecamente nelle regole e ciò può creare problemi ai singoli cittadini.

Un funzionario italiano avrà sempre un occhio di riguardo per le circostanze personali. Pertanto, le regole proposte all’Italia devono prevedere un margine di manovra che consenta di adattarle e applicarle in maniera diversa. In questo modo aumenterebbero le possibilità che vengano accettate e quindi che i prestiti vengano ripagati.

In secondo luogo, bisogna puntare sul “fate come sapete fare”, evitando la trappola del “fate come noi”. L’Italia è piena di organizzazioni virtuose. Va aiutata a diffondere queste buone prassi e una cultura organizzativa efficiente in tutto il territorio nazionale. Vorrei fare tre esempi. I vari servizi di car-sharing funzionano in maniera impeccabile nelle grandi città. I treni ad alta velocità non hanno rivali in Europa in quanto a velocità, frequenza e affidabilità. I Carabinieri, nonostante la sporadica mela marcia, sono un fiore all’occhiello nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo.

Inoltre, gli italiani sanno essere molto produttivi. Basta vedere come stanno affrontando la crisi del coronavirus. Ma è così tutti i giorni: McDonalds serve velocemente, Starbucks offre (in parte) buoni standard di servizio. Andate in un bar italiano all’ora di punta: vi servirà un ottimo caffè in tempi record.

Ciò è il frutto di una cultura organizzativa fondata sull’orgoglio per il prodotto offerto, sul contatto personale e sull’importanza attribuita al servizio.

La terza raccomandazione è di motivare le controparti politiche a riformare. Per l’attuale governo, fare autocritica è molto difficile. Vi sono alcuni problemi per cui non è possibile dare la colpa all’UE ma che aggravano l’emergenza del coronavirus in Italia. In nome dell’urgenza e dell’unità nazionale nessuno ne parla. Molti bravi dottori, infermieri e scienziati italiani, oggi disperatamente necessari, sono emigrati. Ciò è in buona parte il risultato di un sistema rigido che impedisce di offrire opportunità valide alle persone di talento. E che dire dei milioni di persone nel Sud del paese che lavorano al nero, hanno smesso di guadagnare a causa della crisi e percepiranno gli aiuti pubblici senza mai aver versato un euro di tasse o contributi previdenziali? È probabile che il governo pagherà il conto in occasione delle prossime elezioni.

Per il governo precedente, formato dai nuovi arrivati Lega e 5 Stelle, era più facile ammettere che in Italia ci sono delle cose che non vanno. Potevano affermare, non senza ragione, di avere ereditato il caos dai membri dell’establishment che li avevano preceduti.

L’attuale coalizione comprende ora anche il Partito Democratico, l’ultimo sopravvissuto del vecchio sistema partitico italiano. Per questo partito è difficile ammettere i fallimenti del passato. L’Europa può fare capire all’attuale coalizione di governo che per restare al potere è inevitabile attuare alcune riforme. Il Nord Europa può far sì che l’Italia adotti queste riforme prevedendo la possibilità di un’applicazione soggettiva, un piano d’azione che faccia leva sui punti di forza della cultura organizzativa italiana e un accordo che tenga conto degli interessi personali del governo di coalizione.

Aiutando l’Italia a fare maggior ricorso alle sue eccellenze il paese potrà rialzarsi e l’Europa manterrà un solido partner economico. La parte settentrionale del Continente potrà continuare a imparare dall’Italia: dalla sua creatività, dalla sua cultura e dal suo sapersi divertire senza esagerare con l’alcol.

Dr. Paul Vanderbroeck has Dutch and Swiss nationality. He is an Executive Coach and has spent a lot of time in Italy during the past four years.