Inflazione e/o globalizzazione? Questo è il problema

Bentrovati. Ci siamo salutati ai primi di agosto, quando abbiamo chiuso la stagione dedicata alla Reglobalisation, presentando quella che inizia oggi e che abbiamo chiamato Disinflation, con la domanda se i due processi in corso non fossero facce di una stessa medaglia.
Le cronache dell’estate, che molto spazio hanno dedicato a questioni delle quali sarà interessante osservare gli sviluppi, come la nascita del cosiddetto Global South, piuttosto che il G20 indiano durante il quale l’Unione Africana è diventata parte dell’organizzazione, mostrano che la domanda aveva un qualche senso.
Il mondo sta riorganizzando le sue relazioni, che in economia si chiamano catene di produzione, e, inevitabilmente, tutto ciò ha conseguenze sul livello generale dei prezzi, per la semplice ragione che sta nascendo una nuova economia internazionale. E questo è sempre un processo doloroso, che i prezzi non possono che registrare infiammandosi, peraltro incoraggiati da una congiuntura piuttosto avversa e da politiche monetarie e fiscali non sempre avvedute.
Per farla semplice, potremmo dire che la grande deflazione iniziata alla fine degli anni ’90 e culminata nelle politiche monetarie a tassi negativi, come risposta non sempre efficace alla freddezza dei prezzi, era la rappresentazione di un certo equilibrio economico dove i fattori di produzione, abbondanti e a poco prezzo, circolavano assai più liberamente di oggi, lungo catene di scambi stabili e “sicure”. Semplificando: l’America produceva in Cina, l’Europa si alimentava in Russia, e tutti vivevano felici e (quasi) contenti.
Adesso il giocattolo si è rotto. America ed Europa stanno cercando diversi modi di produrre e alimentarsi, e quindi in questa faticosa ricerca di un nuovo equilibrio, sul quale sono cadute come meteoriti una pandemia e una guerra, il clima è diventato improvvisamente bollente. E i prezzi di conseguenza.
La nuova globalizzazione che sta sorgendo porta con sé un diverso livello dei prezzi, e gli sforzi delle banche centrali, che alzano i tassi fino a sfinire le proprie giurisdizioni, servono soltanto a erigere dighe provvisorie che si spera reggano la tensione sociale, inevitabile, che porta con se un rallentamento dell’economia, specie in un contesto di spazi fiscali ridotti al lumicino per tutti i grandi paesi.
Dobbiamo chiederci perciò dove stiamo andando, ossia che tipo di economia internazionale stia nascendo. Se lo spettacolo del mondo individuerà nuovi protagonisti o se possiamo solo osservare il declino di quelli vecchi. Tante domande, ma con un punto di osservazione fermo: lo sviluppo dell’inflazione avrà molto a che vedere con quello della globalizzazione. Questo è il problema.
