Aumenta il credito alle non banche, diminuisce alla Cina

Fra le tante informazioni interessanti contenute nelle ultime statistiche diffuse dalla Bis di Basilea sugli andamenti del credito internazionale, vale la pena segnalare che continua a crescere – per il terzo trimestre consecutivo – il credito che i prestatori concedono all’ampio settore degli soggetti finanziari non bancari. Si tratta di un universo composito, che più volte abbiamo osservato, che ormai ha assunto un ruolo di grande importanza nel sistema finanziario internazionale, della quale la capacità di attrarre prestiti è la dimostrazione tabulare.
Alla fine del settembre 2023, ossia il periodo osservato dalle statistiche Bis, solo nei paesi avanzati questi entità (Non bank financial Institution, NBFIs) hanno attratto ben 238 miliardi di dollari di prestiti, una parte rilevanti dei quali – 173 miliardi – denominati in dollari. Osservate sul grafico di destra in alto la notevole accelerazione di prestiti in questa valuta a questi soggetti nel corso del 2023. A settembre si è registrato un incremento su base annua del 12 per cento. Nulla che si possa sottovalutare.
Questo flusso va innanzitutto inquadrato in un contesto di forte espansione del credito in dollari, che nel terzo trimestre del 2023 è cresciuto di 448 miliardi. Gran parte di questo credito si è diretto verso paesi avanzati, con soggetti Usa, giapponesi e britannici nella parte del leone. Le non banche hanno guidato buona parte di questa espansione, e ormai sono titolari di uno stock di credito che ha raggiuto i 15 trilioni. SI tratta perciò di un settore squisitamente sistemico.
Al contrario il credito in dollari verso le economie emergenti rimane ancora sotto il livello del 2022. Si osserva nei loro confronti un calo del credito in euro, in particolare per Cina e paesi asiatici, a cui ha fatto fronte un aumento di quello in yen e yuan. Un segnale che questa regione sta in qualche modo rafforzando i propri legami finanziari a prescindere dai prestatori occidentali. Infatti il credito denominato in valute diverse da dollaro ed euro è aumentato del 5 per cento su base annua.

Se stringiamo il focus sulla Cina, osserviamo che il credito nei confronti di Pechino è ancora molto più basso di quello che si osservava nella metà del 2021. A farne le spese è soprattutto il settore immobiliare.

In sostanza sta ancora proseguendo una sorta di ritirata dei capitali verso i paesi avanzati, che evidentemente vengono percepiti come più convenienti, anche per la ripresa dei tassi di interesse, o magari meno problematici di quelli emergenti. Sarà interessante osservare nei prossimi trimestre se questa sorta di re-globalizzazione finanziaria condurrà a nuovi equilibri fra paesi avanzati, che riportano i capitali in casa, e paesi emergenti che devono trovare fonti diverse di finanziamento. Non c’è da aspettarsi grosse soprese. Ma qualche novità probabilmente sì.
