L’euro digitale può cambiare le carte in tavola nell’economia europea

Il caos scatenato dall’amministrazione statunitense mette in ombra i grandi cambiamenti che, volenti o nolenti, stanno attraversando l’economia internazionale e che non saranno le minacce e le ritorsioni sconclusionate di qualcuno a far deragliare. A meno che, certo, non si voglia far finire il mondo.
Ma siccome questa eventualità ancora non è contemplata, contentiamoci di alzare un attimo lo sguardo dallo sconquasso di questi giorni e vediamo cosa succede nell’infrastruttura profonda che anima la nostra economia regionale, sulla quale vengono proiettate molte speranze ma che ancora esibisce parecchie insufficienze.
Il pretesto per questa riflessione ce lo offrono due documenti. Il primo, dove abbiamo pescato il grafico che apre questo post, è il rapporto sui pagamenti nell’eurozona pubblicato nel dicembre scorso dalla Bce, che ci consente i osservare una tendenza mai davvero sottolineata nel nostro dibattito pubblico: il sorpasso in valore die pagamenti elettronici su quelli cash ormai dal 2022.
Il contante primeggia ancora per il numero totale dei pagamenti, e anche qui sempre meno, e pazienza per coloro che associano la banconota alla libertà. Il contante favorisce molto più probabilmente assai più le distorsioni dell’economia illegale, che gli spiriti liberi della cittadinanza.
Il secondo documento parte proprio da qui. Si tratta del recente aggiornamento arrivato da Piero Cipollone, componente del comitato esecutivo della Bce sull’euro digitale, sul quale la banca centrale sta lavorando silenziosamente da anni, proprio mentre negli Stati Uniti il neo presidente non vuole saperne di dollaro digitale. Preferisce affidarsi alle sue criptovalute e alle sue stablecoin in barba a qualsiasi conflitto di interesse.
Il discorso sull’euro digitale, del quale abbiamo tante volte parlato su questo blog, intercetta proprio quella quota di pagamenti contanti, i cosiddetti micropagamenti, che ancora motivano la nostra abitudine di girare con qualche banconota in tasca. Cipollone, aldilà dei fattori tecnici, che sono parecchi, ci vede anche un significato politico: “Rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa”. Ed è qui che il discorso si fa interessante.
Gran parte dei nostri pagamenti dematerializzati si svolgono su piattaforme di operatori non europei. “Oggi i cittadini di 13 paesi dell’area dell’euro si affidano esclusivamente a circuiti di carte internazionali o soluzioni elettroniche per i pagamenti nei negozi”, spiega. “Eventuali circuiti di carte di pagamento nazionali si basano a loro volta sul co-branding con i circuiti internazionali per consentire i pagamenti transfrontalieri nell’Eurozona. In un futuro non molto distante questa situazione potrebbe sfociare in una dipendenza da altri mezzi di pagamento privati, ad esempio stablecoin basate su valute estere”.
Questa dipendenza – l’ennesima viene da dire – “compromette la nostra resilienza e la nostra sovranità monetaria. Inoltre rende evidente l’urgente necessità di un euro digitale. Se non agiamo, non soltanto ci esporremo a rischi significativi, ma ci lasceremo sfuggire anche una grande opportunità”.
E qui è necessario un chiarimento. L’euro digitale non è uno strumento pensato per far la guerra al contante. L’euro digitale è contante. Non è moneta elettronica, che si appoggia su moneta bancaria privata. E’ moneta di banca centrale emessa dalla Bce esattamente come la banconota che avete in tasca. Quindi potete detenere euro digitale anche senza avere un conto corrente, esattamente come accade per il contante, custodendolo in un wallet elettronico.
E qui apriamo una parentesi che chiudiamo subito, ma che serve come pro-memoria: se l’Europa non riesce a esprimere una autonomia strategica su software e hardware, l’euro digitale sposterà semplicemente il problema della dipendenza dai sistemi di pagamenti non europei ai sistemi informatici non europei.
Premesso che la Bce non vuole fare la guerra al contante tradizionale, la Bce adesso sta provando a inserire nel sistema dei pagamenti un contante digitale. Questo è il punto. In questo modo alcuni servizi – ad esempio di acquisti on line – possono essere fatti anche da coloro che non hanno un conto corrente (ossia una carta bancaria di pagamento) senza peraltro essere costretti a passare da un servizio non europeo. Nel momento in cui si dazia qualsiasi cosa, questa opportunità non può essere trascurata. Anche i servizi si possono daziare. “Se non siamo autonomi, siamo vulnerabili alle minacce geopolitiche e rischiamo di perdere la sovranità monetaria. Questi rischi sono resi evidenti dai recenti sviluppi sulla scena internazionale”, dice.
Per giunta questa dipendenza è inefficiente: “Paghiamo a caro prezzo la struttura frammentata del nostro mercato. Ma non deve essere necessariamente così: abbiamo il potere di decidere quanto debba essere unificato il nostro mercato dei pagamenti”.
E su questo apriamo un’altra parentesi, che chiudiamo subito. Unificare il mercato dei pagamenti è solo un pezzo del mosaico che dovrebbe comporre un’area economica integrata. Servirebbe quello che tutti sanno: una unione bancaria reale, una unione del mercato dei capitali e una unione fiscale per emettere debito comune. Chiusa parentesi.
Vale la pena ricordare però che ” i circuiti di carte domestici stanno perdendo quote di mercato in tutta Europa, mentre quelli internazionali applicano commissioni elevate alle banche e ai commercianti europei. Allo stesso tempo la crescente popolarità dei portafogli digitali come PayPal o Apple Pay espone le banche europee a ulteriori deflussi di commissioni e di dati”.
A ciò si aggiunga che “le recenti misure adottate dalla nuova amministrazione statunitense per promuovere le criptoattività e le stablecoin basate sul dollaro destano timori per la stabilità finanziaria e l’autonomia strategica dell’Europa. Potrebbero infatti determinare non solo altre perdite di commissioni e dati, ma anche il trasferimento di depositi in euro verso gli Stati Uniti e l’ulteriore rafforzamento del ruolo del dollaro nei pagamenti transfrontalieri”.
Ed ecco il punto. La frammentazione dell’Europa, che si indovina essere uno degli obiettivi più o meno palese di molte forze intorno a noi passa per l’indebolimento della valuta comune che al momento è l’unico baluardo del nostro stare insieme. Per converso rafforzare l’euro, rendendolo innanzitutto più resiliente e moderno, facile da usare e comodo per la vita di tutti i giorni, è un antidoto verso questo velenoso scivolamento delle relazioni internazionali.
Senza tema di esagerare troppo, l’euro digitale può cambiare le carte in tavola nell’economia internazionale. Specie se l’Europa lo emette prima di altri. Serve una collaborazione attiva del privato, per raggiungere questo obiettivo, e anche una capillare opera di informazione per spiegare ai cittadini europei quale sia la posta in gioco. Si parla tanto di armi, in queste settimane. Ma anche la moneta è un’arma. Pacifica, ma non meno efficace.

Il declino del contante pone un problema importante: esso è infatti l’unica forma di moneta pubblica, emessa dalla banca centrale, a disposizione dei cittadini. Vi è chi pensa che tale prospettiva non sarebbe un problema, anzi aprirebbe il settore della moneta ai benefici della concorrenza e dell’iniziativa privata (realizzando così il sogno di Friedrick Hayek, il teorico della concorrenza tra monete private). La visione di un libero mercato delle monete private trascura però un aspetto fondamentale del settore dei pagamenti, che è quello di essere un monopolio naturale. La riprova di ciò è il mercato delle carte di credito, dominato, a livello internazionale, dal duopolio Mastercard-Visa. Il prevalere di un monopolista privato nei servizi di pagamento gli consente di imporre condizioni giugulatorie agli utenti, ma non solo: gli consente di accumulare una quantità enorme di informazioni sulle abitudini di consumo dei clienti, informazioni utilizzabili a fini commerciali. Questo potere diventerebbe ancora più debordante se ad emettere monete private, sotto forma di stablecoins, fossero le grandi piattaforme tecnologiche (Amazon, Apple, Google, Meta, X) che già ne hanno uno – immenso – di mercato. Si rende quindi necessario che il settore pubblico offra una alternativa allo strapotere delle big tech companies: la moneta digitale di banca centrale. Meglio ancora se della Banca d’Italia (quindi non della BCE)… Insomma, Friedrich (List) contro Friedrick (Hayek).
"Mi piace""Mi piace"