Turbolenza finanziaria e incertezza: ecco l’eredità degli ultimi vent’anni di politiche economiche

Abitanti ormai più che consapevoli dell‘età dell’incertezza, iniziamo da qualche tempo ad abituarci, ma sempre con un filo di raccapriccio, a un’altra caratteristica del nostro tempo, mai sufficientemente sottolineata: la turbolenza, protagonista di un libro ormai dimenticato dell’ex governatore della Fed Greenspan (The age of turbulence, 2007).

Questo sostantivo, col quale faremmo bene a familiarizzare, ha il duplice significato di una situazione che tende a suscitare disordini. Genera caos a causa della sostanziale irregolarità dei suoi movimenti vorticosi, che si manifestano quando la velocità raggiunge un livello critico. Pensate, ad esempio, a cosa succede a una bevanda gassata quando la agitate e poi la aprite.

Incertezza e turbolenza, perciò, alimentano forze potenzialmente distruttive e non sono le migliori accompagnatrici di una qualunque convivenza, e figuriamoci di una vita sociale. E tuttavia anche solo sfogliando distrattamente l’ultima relazione economica annuale della Bis di Basilea si comprende fin troppo facilmente che noi, abitanti di questi difficili anni Venti, siamo costretti a diventare esperti navigatori dell’una e dell’altra.

Dobbiamo abituarci a convivere con una crescente incertezza e una ancora più notevole turbolenza, della quale intuiamo appena la potenza ogni volta che si verifica un terremoto, come quello al quale abbiamo assistito dopo l’annuncio dei dazi americani, che ancora stiamo cercando di capire.

Molto ottimisticamente la Bis ha titolato il primo capitolo “Sostenere la stabilità fra incertezza e frammentazione”. Laddove l’ottimismo è ben celato nell’esortazione “sostenere la stabilità”, ovviamente rivolto a chi di dovere. Quindi, nell’ordine, le banche centrali che sono responsabili della stabilità monetaria, delle quali la Bis è una superfetazione, e poi i governi, ai quali la Banca deve continuamente rivolgersi in quanto manovratori delle politiche fiscali.

L’ottimismo della Bis ha qualcosa di rassicurante. Credere che i governi le banche centrali, che con l’ultimo ventennio di politiche economiche (e stendiamo un velo sui ventenni precedenti) hanno determinato le nostre attuali condizioni, siano in grado di aiutarci a viaggiare sereni in questa incerta turbolenza è insieme commovente e inevitabile. Come potremmo sennò cavarcela?

La risposta a questa domanda, o quantomeno un tentativo di risposta, non può certo essere contenuta nello spazio angusto di una pagina web. Perciò la lasciamo in sospeso e ci limitiamo qui a due considerazioni e alcuni dati, che illustrano in parte la complessità del problema.

In apertura di post si osserva il primo corno del dilemma: il debito e il deficit dei governi, che non solo crescono felicemente, ma hanno anche prospettive rosee. Nel senso che è previsto crescano ancora. L’ambascia fiscale dei governi si complica perché con debito e deficit, aumenta anche la quota di tasse che si devono destinare al pagamento degli interessi sul debito. Problema che noi italiani conosciamo bene e che adesso inizia a mordere un po’ ovunque.

Senza bisogno di usare troppe parole, riportiamo testualmente quelle della Bis: “Sebbene livelli di debito pubblico più elevati possano essere sostenibili in presenza di una forte crescita del reddito e di bassi tassi di interesse, le condizioni attuali e future appaiono meno favorevoli. Si prevede che la crescita economica rimarrà debole nel prossimo futuro. Inoltre, i tassi di interesse potrebbero non tornare ai bassi livelli osservati nel decennio pre-pandemico. In effetti, gli attuali tassi di interesse stanno già esercitando pressione sui conti pubblici”. Di recente la cronaca ha riportato le dichiarazioni del governatore della Fed, Jerome Powell, che ha ricordato ai mercati senza troppi giri di parole che il debito Usa non è sostenibile, continuano l’andazzo di questi anni. Questo mentre veniva approvata una manovra che – di fatto – aumenta il deficit pubblico.

Rimane quindi la domanda: chi finanzierà da oggi in poi i governi? Quello accaduto fino a ieri si può ricordare guardando il grafico sotto.

Tassi bassi e bilancio delle banche centrali mai così tanto gonfiato in 120 anni storia sono stati la fonte alla quale i governi del mondo si sono abbeverati. Al picco della crisi Covid i bilanci mediani delle banche centrali nelle economia avanzate hanno superato il 60% del pil. E non serve aggiungere tanto altro.

Ma oggi che le banche centrali vendono bond assai più di quanti ne comprino chi sono i fortunati acquirenti?

La Bis suggerisce una risposta che approfondiremo più avanti. Secondo quanto ricostruito dalla Banca, le entità finanziarie non bancarie, quindi fondi di investimento, come hedge fund o altri esemplari, comprano sempre più titoli pubblici. Ma questi soggetti sono i primi a venderli, quando i tempi diventano turbolenti e incerti.

E questo ci riporta alla casella di partenza del nostro discorso. Abbiamo creato negli ultimi vent’anni, e quando dico abbiamo dico i governi e le banche centrali, le condizioni per avere incertezza e turbolenza che adesso si alimentano di se stesse. Dove ci condurrà questo mondo meraviglioso nessuno può saperlo. Ma nel dubbio, dobbiamo imparare a navigare l’una e l’altra. In fondo potrebbero anche offrire delle opportunità interessanti.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.