L’incertezza e le tariffe rallentano la crescita

L’aggiornamento settembrino dell’outlook di Ocse conferma la sostanziale stabilità del quadro economico e insieme il suo lento declinare. Le previsioni sono più stabili di quanto si potesse pensare, anche se l’incertezza gioca un ruolo da protagonista. Come se il veleno dei disordini che intanto si stanno consumando intorno al mondo si comunicasse lentamente all’organismo dell’economia internazionale. E forse è davvero così.

Alcuni effetti, tuttavia, già si possono vedere. Quelli generati dalle tariffe Usa, ad esempio, che ormai a livello globale sono arrivate al 19,5%, il livello più alto dal 1933. Anno non particolarmente fausto per l’economia globale. “Gli effetti completi degli aumenti tariffari non si sono ancora fatti sentire – molti cambiamenti vengono introdotti gradualmente nel tempo e le aziende inizialmente assorbono alcuni aumenti tariffari attraverso i margini – ma stanno diventando sempre più visibili nelle scelte di spesa, nei mercati del lavoro e nei prezzi al consumo”. Così scrive Ocse. Il veleno, quindi, è a rilascio lento.

E bisognerebbe chiedersi se questo avvelenamento dei pozzi abbia a che fare col rallentamento del mercato del lavoro che si osserva in alcuni mercati, compreso quello degli Stati Uniti, oppure col rallentamento della disinflazione, che si manifesta con prezzi crescenti dei beni alimentari e con una certa persistenza dell’inflazione sui servizi.

Tutto questo accade in un contesto di politiche finanziarie che vanno allentandosi. Le banche centrali hanno mollato un po’ il freno. La Fed è oggetto delle amorevoli attenzioni dell’amministrazione Usa che preme senza neanche nasconderlo per abbassare i tassi. Di quanto lo ha spiegato in una recente audizione Stephen Miran, il banchiere che Trump ha mandato nel board della banca centrale. “La politica monetaria è ormai in territorio restrittivo. Lasciare i tassi di interesse a breve termine di circa 2 punti percentuali troppo alti rischia di causare licenziamenti inutili e un aumento della disoccupazione”. Quindi la stima del banchiere è che la Fed dovrebbe tagliare i tassi a breve di due punti. Vedremo se succederà.

Di fronte a uno scenario del genere, più incerto del solito, non bisogna stupirsi che la crescita rallenti. Finora un flusso robusto di investimenti sull’intelligenza artificiale, specie nel mercato Usa, ha favorito un andamento robusto dell’economia. Ma le prospettive sono meno buone. Adesso negli Usa Ocse prevede che il pil passerà dal +2,8% del 2024 all’1,8 del 2026 e all’1,5% del 2026, quasi un ritmo europeo. Qui da noi andrà peggio, ovviamente. E anche la Cina non è prevista fare faville (dati in tabella sopra).

Incertezza, rallentamento e, infine, rischi crescenti. Che le tariffe peggiorino. Che i disequilibri fiscali si approfondiscano, che magari vengano al pettine i nodi che alimentano i facili entusiasmi fioriti intorno alle criptovalute, non a caso espressamente menzionate da Ocse.

L’agenzia parigina invita le banche centrali a mantenere alta l’attenzione e i governi alla prudenza, soprattutto fiscale, oltre che alla promozione delle mitiche riforme strutturali. Saluti di rito, ormai, o poco più, in un mondo che ascolta solo chi urla più forte.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.