Etichettato: andamento esportazioni beni eurozona

Il declino dell’export dei beni nell’Eurozona: un’occasione per puntare sull’export dei servizi

Nel suo ultimo Bollettino la Bce fotografa con molta efficacia un’altra delle tendenze con le quali l’economia dell’Eurozona dovrà fare i conti nel futuro prossimo, dovendo decidere una volta per tutte se considerarla una crisi, con tutto il corredo di emozioni e rimedi che ciò incorpora, o invece una opportunità con la quale fare i conti.

Stiamo parlando dell’evidente e costante declino della quota di esportazioni dell’area, ossia una delle ragioni del successo dell’economia di questa regione nei decenni, che ormai sembra essere arrivata al capolinea. Se ancora il valore dell’export sembra reggere meglio rispetto al declino dei volumi, è solo perché i beni esportati dall’Eurozona hanno aumentato i loro prezzi di esportazione. Vendiamo meno automobili, per fare un esempio, che però costano di più.

Non c’è da consolarsi, insomma. Specie osservando che rispetto al 2002, abbiamo perso oltre il 30% dei volumi e il 20% del valore. Chi si domandasse perché l’export è così importante per l’economia europea, dovrebbe ricordare la composizione del pil dell’area, che lo stesso Bollettino ci propone qualche pagina avanti.

Come potete osservare dal grafico sopra, l’export netto (istogramma blu) produce gran parte della crescita dell’area. Sapere che siamo inseriti in una tendenza declinante implica che sia molto probabile che ci aspettino anni di crescita lenta, che certo troverà molte altre ragioni, fra le quali primeggia la situazione demografica.

Questa situazione sembra fatta apposta per strapparsi i capelli. Viviamo in un contesto istituzionale che fatica a darsi una cornice efficiente, in un momento politico che sembra privilegiare gli egoismi nazionali piuttosto che lo spirito cooperativo, per giunta circondati da guerre. C’è grande confusione sotto il cielo, per dirla con Mao. Quindi la situazione è eccellente.

Il problema è che non sappiamo come trasformare questa congiuntura avversa in una opportunità. La logica suggerisce che sapendo che l’export netto tende a declinare bisognerebbe investire sulla domanda delle famiglie per tenere in piedi l’economia, oltre che a riqualificare la struttura dell’offerta di beni e servizi per catturare le nuove tendenze di mercato. Vaste programme. Specie in mancanza di una leadership e di un adeguato sostegno dell’opinione pubblica. Ciò non vuol dire che intanto non se ne possa parlare.

La lettura del Bollettino ci fornisce alcune informazioni utili, per cominciare, che ci aiutano a mettere maggiormente in chiaro alcuni elementi. “Dopo la ripresa successiva alla pandemia, gli esportatori dell’area hanno di nuovo tratto beneficio da alcuni fattori più favorevoli di tipo settoriale e
geografico, ma la crescita delle esportazioni è rimasta contenuta”. Partiamo da qui.

La prima cosa che dobbiamo sapere è che mentre la domanda di servizi, dopo la pandemia, è cresciuta marcatamente, quella di beni è rimasta debole. Lo shock energetico ha depresso ancor di più il flusso delle esportazioni di beni “per contro, le esportazioni di servizi, che avevano frenato molto le esportazioni totali dell’area durante la pandemia, soprattutto nelle categorie ad alta intensità di contatto fisico quali i viaggi, sono diventate un fattore alla base della ripresa”. I servizi, dunque, sono una via d’uscita che dovremmo tenere sempre più sotto osservazione.

Ripensare l’economia europea per puntare decisamente verso i servizi richiede innanzitutto uno sforzo culturale. Si tratta di un passaggio epocale e probabilmente ineludibile, in un’area dove la demografia disegna società con sempre meno lavoratori attivi e una quota crescente di anziani. Ne riparleremo. Intanto pensateci sopra.