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Dalle montagne svizzere arriva una valanga di debiti
Lontano dall’eurodepressione, protetta dall’abbraccio rassicurante delle Alpi, la Svizzera appare l’unico paradiso economico europeo. Un posizione fiscale invidiabile, per non dire della posizione netta con l’estero, un sistema bancario tradizionalmente accogliente, un Pil pro capite fra i più alti del mondo, con la disoccupazione al 3%. Cosa manca ai nostri vicini svizzeri?
Praticamente nulla. Sono attrezzati benissimo per affrontare i marosi della crisi. Persino meglio dei nostri cugini tedeschi, che pagano un alto prezzo d’immagine per la caparbietà con la quale insistono sull’austerità. Tutto al contrario degli svizzeri, che anzi hanno reagito alla crisi rilanciando e facendo scendere in campo il suo big player: la banca centrale.
Ma siccome ogni cosa ha un prezzo, la risultante è stata che in poco più di un anno sulle montagne della Svizzera si è accumulata una valanga di debiti che dai bilanci della Banca centrale, la SNB, ha iniziato ad alimentare, per il tramite delle banche, il circuito economico facendo esplodere l’indebitamento privato e surriscaldando in maniera pericolosa il settore immobiliare. Anche in Svizzera, come è successo praticamente dappertutto, il mercato immobiliare è stato lo strumento di una politica espansiva che, prima o poi, presenterà il conto.
Sarà per questo che il Fondo monetario, che pochi giorni fa ha presentato il suo report sulla Svizzera, ha dedicato due approfondimenti a questa valanga di debiti che dalle montagne della banca centrale, sono scivolati a valle del sistema economico.
Quando la crisi ha iniziato a mordere, la la Banca centrale svizzera ha dovuto usare l’artiglieria pesante per difendere il suo tasso di cambio, visto che mezzo mondo aveva iniziato a comprare franchi svizzeri in cerca di rifugio. Da qui la decisione di fissare il cambio per difendere l’export, che ha un peso rilevante nell’economia locale. Senonché l’unico modo che ha una banca centrale di fissare il cambio, in un sistema internazionale di cambi flessibili, è acquistare moneta estera vendendo la propria, che può indefinitamente produrre, per mantenere la parità annunciata.
Ciò ha provocato due effetti sul bilancio della SNB: innanzitutto il livello degli asset detenuto è esploso. Da poco più del 20% del Pil, nel 2005, a fine 2012 la banca centrale aveva raggiunto l’84% di asset sul Pil. Una cifra monstre, che non ha eguali nel mondo occidentale.
Il secondo effetto è che tale enorme crescita di asset si è tradotta in un altrettanto esponziale aumento delle riserve in valuta, che ormai pesano l’85% del totale. In pratica la Banca centrale si è dovuta gonfiare di valuta estera per tenere basso il valore del franco. “La SNB – scrive il Fondo – è perciò esposta a un rilevante rischio sul tasso di cambio”. Vale la pena rilevare che il 49% di queste riserve in valuta sono denominate in euro, il 28% in dollari e l’8% in Yen.
Ciò mostra con chiarezza che l’eurocontagio non risparmia neanche la neutrale Svizzera.
Inoltre, il capital-to-asset ratio, ossia l’indice che misura il rapporto fra capitale della banca e asset è sceso dal 60% del 2005 al 10%, la metà di quello della Fed e un terzo di quello della Bce. Ma questo non è un necessariamente un problema, visto che le banche centrali non possono fallire. Il rischio sistemico è che “ci siano pressioni politiche che minino l’independeza della Banca”, conclude il fondo. Ossia la sua credibilità, con tutto ciò che può conseguirne.
Tale espansione di asset lato SNB non poteva che avere effetti sul resto del circuito economico. I tassi d’interesse sono a un livello bassissimo, e l’inflazione è negativa. Le condizioni ideale per riempirsi di debiti.
E infatti, già dal 2008, i tassi sui mutui hanno cominciato a diminuire significativamente, col risultato che dal 2009 in poi lo stock di mutui concessi è cresciuto costantemente del 5% l’anno. A fine 2012 il totale aveva già superato il 140% del Pil, che a fine 2012 pesava circa 600 miliardi di franchi svizzeri a valore nominale. Il record di tutti i tempi. Negli ultimi dieci anni, si legge nel rapporto, tale stock è cresciuto più che nei trenta precedenti.
La conseguenza si è vista sui prezzi delle abitazioni, che sono saliti alle stelle, dal 49 al 72% a seconda della tipologia negli ultimi quattro anni. I prezzi sono ancora più bassi rispetto al livello record raggiunto alla fine degli anni ’80, ma ben al di sopra della loro media storica. La qualcosa, scrive il Fondo, “è un potenziale rischio per il settore bancario che merita particolare attenzione”. Tanto più in un sistema dominato da grandi banche che ancora fanno molta leva finanziaria.
Anche in Svizzera, quindi, si è replicato il film che ha condotto alle varie crisi bancarie nell’eurozona. Il livello di esposizione al rischio, vuoi per una correzione dei prezzi, vuoi per un aumento dei tassi, è molto elevato. Tanto che le banche sono dovute correre ai ripari per darsi regole più stringenti per limitare l’ulteriore crescita di questa valanga di debiti.
La situazione economica generale, al momento, è un’ottima diga per fronteggiare questa slavina di debiti.
Ma fino a quando?
