Etichettato: investimenti infrastruttura in africa quanti ne servono
Servono 15 anni e oltre 2.000 miliardi di investimenti per dare una svolta all’Africa

Mettiamo che Ocse abbia ragione. Che, vale a dire, l’Africa abbia bisogno di investimenti infrastrutturali annui pari a circa il 5% del pil del continente, quindi oltre 150 miliardi l’anno, per arrivare nel 2024 a raddoppiare il suo prodotto interno lordo. Per diventare la nuova Cina, insomma. Rimarrebbe comunque la domanda: da dove dovrebbero arrivare questi denari?
Abbiamo già visto che l’Africa dispone di capitali propri per circa quattro trilioni, che però fanno fatica ad essere mobilitati per le difficoltà e i limiti che ancora affliggono i mercati finanziari africani. Ma queste difficoltà, sottolinea Ocse (Africa’s Development Dynamics 2025 report) si confrontano con un crescente dinamismo dell’economia africana nel suo complesso, che non è ancora al livello asiatico, ma ha già superato altre regioni emergenti.
Nel 2025, secondo l’organizzazione parigina, l’economia africana crescerà del 3,9%, meno del 4,4% dell’Asia, ma quasi il doppio del 2% dell’America Latina. E poiché l’Asia concluderà la sua fase espansiva entro la fine del secolo, stando almeno alle previsioni demografiche che vedono anche l’India in declino nella seconda parte del secolo, rimane solo l’Africa ad avere concrete possibilità di sviluppo. Sempre che, ovviamente, riesca a superare i suoi colli di bottiglia interni. Uno dei quali, appunto, è la dotazione infrastrutturale.
Vedremo in altri post le notevoli differenze nella dotazione di infrastrutture fra le diverse regioni africane. Qui puntiamo l’attenzione sul dato macro e sugli obiettivi di medio-lungo periodo, magari partendo da quelli che si è data l’Africa stessa nell’Agenda 2063. In particolare avere per quell’anno “infrastrutture di livello mondiale che attraversano l’Africa”.
Per riuscire, lo abbiamo visto, serve un flusso di investimenti superiore al 5% del Pil l’anno, con punte del 9 e dell’8% per l’Africa orientale e centrale, dove la mancanza di infrastrutture è ancora più grave. Il 58% di questa enorme quantità di risorse serve a costruire le infrastrutture, il 48% alla loro manutenzione. dettaglio che spesso si tende a trascurare.
Sempre ragionando per aggregati. investire 150 miliardi l’anno fino al 2040 incrementerebbe il pil africano di 2,83 trilioni entro il 2040, praticamene raddoppiando gli attuali 2,8 trilioni, determinando una crescita complessiva (7% l’anno) persino maggiore di quella prevista nell’Agenda 2063. Saremmo, insomma, al livello attuale dell’India.
Questo scenario idilliaco contrasta con la scarsa propensione dei governi africani a investire in infrastrutture, rispetto almeno ad altre realtà. Fra il 2016 e il 2020 il flusso di investimenti infrastrutturali è stato in media di 83 miliardi l’anno, la metà di quanto sarebbe stato necessario. Il 41% di questi flussi sono arrivati dai governi, il 48% dai fondi di sviluppo e l’11% da investitori privati.
In sostanza in questo periodo i governi africani hanno speso in media l’1,3% dei loro pil (34 miliardi di dollari) ogni anno per le infrastrutture. Per fare un confronto, la Cina ha speso il 6,7% e il Vietnam il 5,1%. Negli anni 2019-20 solo quattro governi africani (Tanzania 5%, Zambia 5.6%, Lesotho 5.7% e Comoros 7%) hanno superato il livello del 5% di investimenti infrastrutturali.
Questa tendenza è anche frutto del limitato spazio fiscale di cui molti paesi dispongono. Secondo Ocse negli anni 2019-23 i governi africani spendono in media sette volte più per il servizio del debito che per le infrastrutture. E questo dipende anche dalle notevole differenze di tassi applicati dai diversi prestatori, che oscillano dallo 0,2 al 7,7%.
L’Africa sconta anche un certa diffidenza a causa della percezione dei rischi connessi all’investimento in questo paese. Il costo del capitale per le infrastrutture africane si colloca al 13%, che si confronta con il 10% dell’Asia emergente e con l’8% dei paesi Ocse. Il costo dell’equity è circa 1,6 volte più alto in Africa che nei paesi Ocse. Più rischi, più costi. ovviamente. Ma anche più opportunità, almeno se uno ci crede.
Ed è proprio su crederci, che in economia ci chiama credito, che l’Africa si giocherà il suo futuro. Il recente vertice fra UE e Unione Africana di fine novembre, aldilà dei ribaditi impegni di collaborazione, ha mostrato con chiarezza che l’Europa con i suoi promessi 150 miliardi di prestiti per investimenti è solo una goccia nell’oceano dei bisogni africani. Quanto al resto del mondo, non c’è da sperare che prestino denari se non per averne vantaggi. Detto diversamente, deve essere l’Africa a credere a se stessa prima di tutto e prima degli altri. Non è ancora chiaro se siamo entrati in questa fase.
