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L’IA ancora non sfonda fra le imprese italiane

Nell’ultimo report Osservatorio del terziario di Manager Italia, si accenna a una questione di estrema attualità ancora poco discussa nelle analisi di settore: il rapporto fra il mondo della produzione, e in particolare la produzione di servizi, nell’utilizzo delle nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale.
La ricognizione parte da un rapporto Ocse di un paio di anni fa nel quale si analizzavano le varie modalità di utilizzo di questa tecnologia in diversi settori produttivi, e si confrontano gli esiti in diversi paesi.
Come premessa giova ricordare che l’utilizzo di IA sembra essere più intenso nei settori ad alto valore aggiunto, confermandosi questa tecnologia una risorsa per la produttività, ma anche una possibile fonte di squilibri, se la si collega alla possibilità che vada ad erodere quote di lavoro qualificato.
Nel report gli economisti di Manager Italia osservano che “l’Italia risulta ancora indietro nell’utilizzo dell’IA nei processi di produzione”. In alcuni settori, come informazione e comunicazione, siamo fanalini di coda, mentre ce la caviamo meglio di altri nel settore alloggio e ristorazione, che però non esprime valore aggiunto elevato.
Interessante anche osservare i tipi di tecnologia maggiormente utilizzati. L’IA, com’è noto (o forse no) è un arcipelago, prima di essere diventato un termine à la page.

Sviluppare la diffusione di queste tecnologie richiederebbe un lavoro di riduzione degli ostacoli che ancora insistono sugli scambi di sistemi di AI. Poi ovviamente servirebbe avere maggiori competenze: più ingegneri e programmatori, figure professionali che ancora faticano a circolare fra i diversi paesi per una serie di problemi di tipo burocratico, e poi ovviamente serve una maggiore condivisione dei dati.
In un paese come il nostro, che soffre di un deficit storico nello scambio internazionale dei servizi, che quindi hanno ancora ampi spazi di crescita, potrebbe essere utile segnare sulla propria agenda – evitando di aprire l’ennesimo tavolo – che forse questa dell’IA è una buona opportunità da cogliere. E magari cominciare dalle cose semplici, avendo in mente un piano di lungo termine. Ad esempio mettendo l’inglese obbligatorio fin dalle materne e aprendo le porte a ingegneri e informatici di tutto il mondo. Non serve neanche l’IA per fare queste cose. Basta un po’ di umana ragionevolezza.
