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Alla ricerca di un atterraggio morbido

SI potrebbe persino definirla ottimista, l’analisi che il Fmi fa dell’economia internazionale nel suo ultimo aggiornamento delle previsioni che addirittura rivede al rialzo la crescita per quest’anno di un paio di decimali, che di questi tempi buttali via.
Soprattutto una certo rasserenamento trapela dall’analisi dell’inflazione che diminuisce più rapidamente, mentre la crescita rallenta meno bruscamente. Il perfetto atterraggio morbido, viene da dire, che si preannuncia proprio mentre le banche centrali lasciano capire che l’età delle restrizioni monetarie volge al termine, da qui all’autunno prossimo magari, a cominciare proprio dagli Usa, dove pure tutto è cominciato. Al solito, viene da dire.
Laggiù, dove si consumano l’alfa e l’omega della nostra contemporaneità (almeno per quel che osserviamo qui) la crescita si prevede rallenti proprio come in Cina, mentre nell’eurozona, duramente penalizzata dai costi energetici (e quindi dall’inflazione) ci si aspetta un lieve miglioramento, ma senza troppi eccessi.
Lo scenario migliora in alcuni paesi emergenti, come Brasile, India e la regione del Sud est asiatico, dove la crescita accelera più che altrove, mentre l’inflazione (tranne che in Argentina) decelera ovunque, anche nella sua componente core – ossia al netto di energia e alimenti freschi – che si avvicina sempre più al target delle banche centrali.

Cosa può andare storto? Praticamente tutto. Il sostegno della produzione deriva in larga parte da una robusta domanda privata e pubblica, che ha tenuto il pil fuori dalla zona di pericolo. E il fatto che i governi possano rimandare le misure di consolidamento fiscale, che pure tutti sanno necessarie, rischia semplicemente di generare più problemi dopo.
Soprattutto, rimangono elevate le incertezze politiche internazionali. Le catene di fornitura potrebbero trovarsi di nuovo stressate da improvvise nuove strozzature (il caos del Mar Rosso, ma non solo), mentre sul versante dell’inflazione, il settore dei servizi potrebbe risultare molto più resiliente di quello che si pensa nei confronti della disinflazione.

Preoccupano in particolare gli sviluppi delle contrattazioni salariali nell’eurozona. E poi c’è il rischio ottimismo: i mercati stanno già prezzando futuri tagli dei tassi, che però potrebbero anche arrivare con maggior ritardo, con ciò destabilizzando le aspettative.
Inutile, insomma, farsi troppe illusioni. Dobbiamo rassegnarci all’idea che occorre vivere pericolosamente e in questo trovare le occasioni per vivere meglio. Forse il miglior regalo che ci faranno così tante crisi insieme e che smetteremo di chiamarle crisi. Le chiameremo opportunità.
