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Il filo di gas (quasi) spezzato dell’Italia con Mosca: una storia di gasdotti e cargo

La decisione dell’Ucraina di non rinnovare l’accordo con la Russia per il passaggio di gas diretto in Europa dai gasdotti che attraversano il suo territorio avrà effetti sul mercato dell’energia e sulle relazioni intra-europee che si potranno valutare con compiutezza soltanto nei prossimi mesi.
E questo per almeno due ordini di ragioni. Le prime squisitamente economiche: si interrompe un flusso di forniture che pur non essendo ormai più rilevante da un punto di vista quantitativo è capace di turbare l’equilibrio del mercato, specie in periodo invernale, quando la domanda preme sull’offerta. Le prime reazioni, che mostrano prezzi medi in rialzo di circa il 20% rispetto a poche settimane fa, sono il segnale di un potenziale speculativo che è ancora difficile valutare concretamente, ma annunciano comunque tensioni sui prezzi finali.
Il secondo ordine di ragioni è invece politico. Alcuni Paesi europei, come la Slovacchia e l’Ungheria, dipendono ancora sostanzialmente dal gas russo che passava dall’Ucraina, e la Transnistria, provincia moldava, ancor più sostanzialmente. Altri paesi, come l’Austria, lo sono in parte importante: ormai la fornitura arriva in larga parte soltanto dal gasdotto che attraversa la Turchia. Le altre rotte, con la chiusura del transito ucraino, sono praticamente chiuse.


E poi c’è l’incognita Trump. Molti si aspettano che l’avvento del nuovo presidente americano conduca alla fine della guerra russo-ucraina – scenario al momento non facile da immaginare, a onor del vero. In ogni caso, se anche si arrivasse a una rapida cessazione delle ostilità, questo avrebbe effetti sul mercato del gas? La logica invita a pensare di no. Gli USA sono stati fra coloro che hanno più goduto del trasferimento di domanda europea dal gas russo, visto il loro ruolo importante nell’export di LNG (gas naturale liquefatto, solitamente trasportato via nave). Ma un’Ucraina pacificata potrebbe incoraggiare anche la riapertura dei canali di scambio in larga parte essiccati a causa della guerra?
Il pivot-Italia
In questo scenario si inserisce certamente anche l’Italia che, nel grande gioco del gas, recita un ruolo importante. Non solo in virtù della sua posizione di pivot nel Mediterraneo, divenuta strategica da quando l’asse delle forniture si è spostato con maggior convinzione verso i Paesi nordafricani e mediorientali, ma anche perché ancora fino a pochi giorni fa anche in Italia entrava gas russo di passaggio dall’Ucraina.
Cominciamo dal primo aspetto. L’Italia non è solo un punto di arrivo di gasdotti importanti, ma anche un terminale di LNG in e di rigassificatori galleggianti.
L’articolo completo è stato pubblicato sul sito Aspenia on line e si può leggere questo link.
