Il mattone italiano continua a sgretolarsi

Qualcuno tirerà in ballo l’Imu, che però c’entra poco o nulla con lo sgretolamento dei valori immobiliari italiani certificati dagli ultimi dati Istat relativi al primo trimestre 2013.

I numeri ci dicono che i prezzi delle abitazioni calano congiuturalmente dell’1,2%. Un miglioramento rispetto al -2,2% registrato nell’ultimo trimestre 2012, ma che segue a quelli registrati negli ultimi sei trimestri. A livello tendenziale il calo è del 5,7%, lo 0,5% in più rispetto al 5,2% dell’ultimo trimestre 2012. Un andamento che prosegue da cinque trimestri.

Se questi sono i (brutti) numeri del nostro mercato, non bisogna stupirsi che per la prima volta dagli utimi due anni siano in calo non solo i prezzi delle abitazioni esistenti, che sprofondano del 7,7%, ma anche quelli delle abitazioni nuove (-1,1%). Segno evidente che l’inversione storica del ciclo immobiliare che stiamo vivendo non finirà molto presto.

Per capire quanto siano retrocessi i valori immobiliari solo negli ultimi anni, è utile dare un’occhiata ai numeri indice che l’Istat ci fornisce, tenendo conto che sono parziali, visto che il calo è cominciato dal 2008 in poi mentre i dati Istat partono dal 2010.

Fatto 100 il valore delle abitazioni esistenti nel 2010, nel primo trimestre 2013 questo indice è crollato a 90,2, un’erosione lenta e costante di quasi dieci punti che tradotto in prezzi implica una clamorosa perdita di valore per lo stock di case esistenti, che ha effetti diretti sui patrimoni di famiglie, banche e assicurazioni, per non parlare degli immobili pubblici.

Rigurado alle case di nuova costruzione, l’indice, nel periodo considerato, è arrivato a 103,7. Un lieve incremento che però si scontra con la difficoltà a piazzare sul mercato il prodotto. Le compravendite, infatti, sono tornate indietro di trent’anni.

L’indice medio fra le due categorie, infine, totalizza un misero 94,2. A questo punto rimangono pochi dubbi sulla profonda crisi che sta vivendo il settore immobiliare nel nostro paese, persino peggiore di quella che ancora ricordiamo, vissuta agli inizi degli anni ’90. Con l’aggravante, rispetto ad allora, che la situazione debitoria delle famiglie italiane è drasticamente peggiorata.

Quello che più preoccupa, in tale contesto degradato, sono le prospettive. L’ultimo rapporto Ania sulle imprese assicurative italiane calcola che fra il 2008 e il 2012 il potere d’acquisto reale delle famiglie italiane è calato del 9,5%, provocando una contrazione dei consumi del 5% e del tasso di risparmio di oltre 4 punti. Ciò significa che le famiglie hanno sempre meno risorse da dedicare agli investimenti, fra i quali primeggiano le abitazioni. E infatti se andiamo a vedere il contributo degli investimenti lordi al Pil italiano, vediamo che fra il 2007 e il 2012 gli investimenti hanno subito un crollo del 22,8%.

Con un livello di reddito così basso e un tasso di risparmio ridotto al lumicino, in pratica lo spazio per capitalizzare una quota di risorse sufficiente a comprare una casa è pressoché nullo. A meno di non avere disponibilità liquide. Anche perché, sul fronte bancario, non si vede nessuno spiraglio di miglioramento.

Le banche, infatti, sono il vero nodo dolente. Dopo aver pompato per anni l’immobiliare “regalando” mutui, ora si trovano imbottite di crediti legati al mattone e piene di mattone fisico. E per di più si trovano costrette a stringere i cordoni della borsa, pure a rischio di svalutare i propri asset, se non vogliono mettere in bilico i loro coefficienti patrimoniali. La conseguenza è che l’erogazione di mutui procede col contagocce, le compravendite calano e i prezzi di conseguenza.

Difficile capire come si possa uscire da questa situazione. Gli Stati Uniti hanno optato per una soluzione drastica: la loro banca centrale ha iniziato a comprare obbligazioni basate su mutui immobiliari per rilanciare il mercato e stando agli ultimi dati, secondo i quali i prezzi delle case negli Usa sono cresciuti di circa il 12% nell’ultimo anno, tale strategia pare abbia funzionato, pure al rischio di creare nuove bolle.

L’esempio Usa, in qualche modo imitato anche dalla banca centrale inglese, verrà seguito anche dal Giappone, mentre la nostra Bce, di sicuro tentata, dovrà vedersela con le resistenze dei paesi del nord Europa, dove il mercato immobiliare, al contrario del nostro, si sta surriscaldando.

Un recente studio della Deloitte sul mercato immobiliare europeo fotografa benissimo la profonda segmentazione del settore nell’Ue. Lo “spread immobiliare” si allarga seguendo un andamento simile a quello finanziario, ma in maniera inversa: nei paesi dove lo spread finanziario è basso (vedi Germania) i prezzi sono in rialzo. Nei Gipsi, dove lo spread finanziario aumenta, i prezzi delle case crollano. Tutto si tiene, ovviamente.

Tale frammentazione rende molto difficile per la Bce immaginare un’azione comune per favorire la ripresa, quindi toccherà alle singole economie nazionali, in un contesto di crescente integrazione bancaria, tirare fuori il coniglio dal cappello e trovare una soluzione.

Le idee fin qui proposte non brillano per ingegno. In un modo o nell’altro si finisce sempre per batter cassa al governo, il quale, poverino, deve già vedersela con l’Imu.

Stando così le cose, non ci sono molte possibilità per un lieto fine. Il calo continuerà, facendo la fortuna di chi ha disponibilità liquide. Che sono tanti, pure se in minoranza.

A fine 2012 lo stock finanziario in mano alle famiglie italiane ammontava a 3.716 miliardi, cresciuto di 160 miliardi rispetto al 2011 grazie al boom delle borse. Il problema è che questi soldi ormai hanno abbandonato il mattone italiano, ancora troppo costoso e ormai tartassato.

In tempi di crisi, incerti e turbolenti, meglio una bella obbligazione.

Magari tedesca.

Un Commento

  1. Avatar di Amedeo Levorato
    Amedeo Levorato

    Caro Sgroi, a queste intelligenti considerazioni va aggiunto che buona parte del patrimonio immobiliare italiano subisce una situazione, articolata nel territorio, che vede rendite catastali e quindi IMU bassissimi per gli immobili costruiti fino a fine anni ’90, mentre ha rendite catastali enormi, tali che l’IMU assorbe anche il 35-50% dell’affitto annuale nel caso di immobili costruiti a partire dal 2000, periodo in cui lo Stato ha cominciato a tagliare i trasferimenti agli Enti Locali e questi ultimi hanno sciolto la briglia edilizia per rinforzare le entrate. Il fenomeno più rilevante che Lei non cita è che la più parte degli immobili attualmente opera in categoria energetica G, ed è quindi obsoleta. Nel caso di immobili strumentali e condomini costruiti negli anni 2000-2010, può accadere che non siano mai stati venduti e siano nuovi, ma le loro caratteristiche energetiche li rendano talmente obsoleti da imporre per il riscaldamento e raffrescamento una spesa annua che è concorrenziale con il mutuo necessario a ricostruirli da zero (cioè, la spesa del mutuo a 15-20 anni è comparabile con quella necessaria per abbatterli, ricostruirli in classe B-A e gestirli a costi nell’ordine di 1/6-1/8 dei precedenti. Ciò rende sugli immobili esistenti le imposte IMU e TARES da pagare esagerate e gli immobili obsoleti e fuori mercato. La tragedia è che quasi tutti questi immobili sono in mano a società di leasing e banche a prezzi ben superiori a quelli di attuale realizzo.

    "Mi piace"

    • Avatar di Maurizio Sgroi
      Maurizio Sgroi

      Gentile Levorato,
      ospito molto volentieri il suo commento. io purtroppo non riesco a stare appresso a tutto, e quindi ben vengano persone che ne sanno più di me ad offrire altri spunti di riflessione oltre a quelli che, con molta fatica, riesco a raggranellare da solo.
      Il bello del web è che aperto al contributo di tutti. Spero di continuare a sollecitare la vostra voglia di intervenire.
      Perciò grazie

      "Mi piace"

  2. Avatar di Ermanno Tarozzi
    Ermanno Tarozzi

    A fine 2012 lo stock finanziario in mano alle famiglie italiane ammontava a 3.716 miliardi, cresciuto di 160 miliardi rispetto al 2011 grazie al boom delle borse. Il problema è che questi soldi ormai hanno abbandonato il mattone italiano, ancora troppo costoso e ormai tartassato.

    In tempi di crisi, incerti e turbolenti, meglio una bella obbligazione.

    Magari tedesca.(Maurizio Sgroi)

    "Mi piace"

  3. Avatar di Edmondo
    Edmondo

    Ho un’altra visione del mercato immobiliare. Secondo me non c’è nessuna “perdita” ma un sano, doveroso, equo riallineamento ai valori reali. Ho visto persone comperare allegramente (grazie ai tassi di interesse molto bassi) appartamenti a 400.000 € che pochi mesi prima costavano 480.000.000 di lire ,prezzi che in grandi città erano già essi stessi speculativi.
    Valori gonfiati artatamente e speculativamente da immobiliari con i placito consenso del mondo bancario (mi pare ovvio; se concedo un mutuo su 400.000 € a fronte di un valore REALE di poco più della metà, è vero che corro dei rischi, ma ci guadagno il doppio). La crisi economica sta solo portando alla luce il reale valore della merce, case comprese.

    "Mi piace"

    • Avatar di Maurizio Sgroi
      Maurizio Sgroi

      salve,
      concordo sul fenomeno bolla, ne ho scritto in abbondanza sul blog (post tipo: “la bolla non c’è ma si vede”) e quindi anche sul riallineamento dei prezzi. quello che dice lei ha una controindicazione squisitamente finanziaria. La bolla immobiliare, infatti, ha il suo speculare nella bolla dei crediti ad esso connessi che adesso sono finiti in sofferenza. e questo fenomeno riguarda le famiglie, ma anche le banche, le assicurazioni e i fondi pensione. I de-leveraging, purtroppo, sono sempre dolorosi.
      grazie per il commento

      "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.