Il ponte ivoriano che unisce l’Africa al mondo

Non è certo un caso che Kristalina Georgieva del FMI abbia presentato in Costa D’Avorio, nelle settimane passate, il meeting annuale del Fondo che da lì a breve si sarebbe tenuto in Marocco. Tantomeno è un caso che l’alta dirigente abbia citato nel suo intervento il Cocody Bridge, una straordinaria opera ingegneristica destinata a cambiare la skyline di Abidjan, la capitale del piccolo stato dell’Africa Occidentale.

La storia di questo ponte, in effetti, è una interessante parabola dello zeitgeist che sta vivendo l’Africa, da secoli preda dei potenti e adesso in lenta evoluzione verso un’altra personalità. Meno preda e più partner. Magari debole, ma partner, e con un crescente desiderio (e vedremo poi se ne avrà la possibilità) di rafforzarsi.

Il ponte è stato inaugurato nell’agosto scorso, alla presenza di una vasta rappresentanza di autorità. Ci stavano i rappresentanti dell’Islamic Development Bank, l’organismo multilaterale basato in Arabia Saudita, concepito per prestare assistenza finanziaria ai paesi partner, che ha prestato al paese africano una parte rilevante del denaro necessario. Ma ovviamente anche i cinesi della China Road and Bridge Corporation (CRBC), che ha eseguito il progetto hanno fatto saltare i loro tappi di champagne, esattamente come i partner marocchini che hanno aiutato i cugini africani a ideare l’opera e cercare il modo di finanziarla. Tutto questo mentre i francesi di Le Monde celebravano la metamorfosi di Abidjan.

Si potrebbe dire altro su questo ponte, e magari approfittarne per parlare delle numerose difficoltà che la Costa d’Avorio deve ancora affrontare nel suo percorso verso lo sviluppo, ma non servono molte parole per comprenderne il significato. Si è trattato di un esperimento dove la finanza islamica, associata con l’ingegneria cinese e la fratellanza africana, sotto l’occhio benevolo dell’ex colonialista, ha consentito a una capitale di investire di un notevole progetto di sviluppo, che non sarà solo un ponte ma anche diverse infrastrutture secondarie, con tutto ciò che ne consegue.

Il nuovo volto dell’Africa, se mai riuscirà a delinearne la fisionomia, avrà molti lineamenti diversi, che arriveranno da tutto il mondo. Proprio per questo sarà un volto interessante da osservare.

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