Le banche centrali riscoprono il “lato dell’offerta”

Per quelle cose che succedono nell’eterno girotondo della nostra esistenza, l’irrompere della pandemia ha riportato all’attenzione pubblica un lato dell’economia del quale si occupavano solo gli specialisti in prolissi rapporti internazionali che leggevamo solo in pochi: il lato dell’offerta.
Se ne può trovare un pregevole esempio in una interessante relazione che il governatore della banca centrale indiana, Shaktikanta Das, ha presentato a metà febbraio scorso discorrendo di temi di estrema attualità, come la resilienza dell’economia malgrado le pesanti strette monetarie, il sommovimento in corso nelle catene di fornitura, le prospettive stesse della globalizzazione in un contesto che sta mutando in profondità.
Parte di questo mutamento è guidato proprio dalla consapevolezza che per anni abbiamo (non tutti ma la maggioranza) guardato solo una faccia del discorso economico: quella della domanda. “I modelli macroeconomici utilizzati finora dalle banche centrali si sono concentrati principalmente sul lato della domanda dell’economia. Non è stata data sufficiente enfasi ai fattori dal lato dell’offerta”, ammette il nostro banchiere centrale.
La sveglia è suonata con l’arrivo dell’inflazione. “La pandemia, seguita dalla guerra, e le conseguenti interruzioni della catena di approvvigionamento hanno focalizzato l’attenzione sul lato dell’offerta”, aggiunge. “La sovrapposizione di shock dall’offerta, come abbiamo visto di recente, ha portato a persistenti pressioni inflazionistiche anche quando la domanda aggregata non era irragionevolmente elevata”.
Dulcis in fundo: “In futuro, una migliore comprensione del lato dell’offerta dell’economia è diventata molto importante per condurre la politica monetaria in modo più efficace”.
Questa sincera ammissione di parziale cecità per un lungo periodo, all’incirca qualche decennio, è molto interessante per chi oggi si interroghi su cosa possa significare “comprensione del lato dell’offerta” per la politica monetaria, ma si potrebbe dire anche per il versante fiscale.
Come si può osservare dal grafico che apre questo post le tensioni sul lato dell’offerta hanno avuto un effetto preponderante in molte economia sul recente fenomeno inflazionistico. C’era molta domanda, di beni e servizi, più o meno “tirata” dai governi. Ma mancava la roba, come ha detto qualcuno.
Se è chiaro cosa significhi politiche dal lato dell’offerta quando parliamo di produzione – classicamente migliorare capitale fisico e umano e dotazione tecnologica per aumentare la produttività – non è così semplice indovinare come questo si declini in politica monetaria.
L’esperienza di questo ultimo ventennio ci dice che le politiche dal lato della domanda, “suggerite” dai modelli che le banche centrali usano come supporto alle loro decisioni, hanno prodotto quantative easing e zero lower bound. Ossia espansione di bilancio e tassi bassi. SI potrebbe dedurne che politiche monetarie dal lato dell’offerta implichino semplicemente restrizione monetaria?
Il presente sembra confermare questa possibilità. La reazione automatica all’esplodere dell’inflazione è stata quella codificata dai libri canonici dei banchieri centrali: alzare i tassi e togliere il denaro di troppo dal tavolo. Tutto qua?
Non è chiaro. Sicuramente un denaro più caro fa parte della ricetta, ma se ci si limitasse a questo non si potrebbe dire di aver fatto grossi progressi. Staremmo ancora all’epoca di Bagehot. Non è escluso che sia così. Ma teniamoci una porta aperta e restiamo curiosi. I banchieri centrali hanno sempre dimostrato una fervida fantasia quando si è trattato di gestire crisi. Certo era più facile quando le politiche erano popolari. Stimolare la domanda fa felice tutti. Lavorare sull’offerta, solo quelli capaci di mettersi in gioco. Vale per tutti. Anche per la banca centrale.
