Cartolina. La nostra precarietà

Gli appassionati del tema “precarietà”dovrebbero osservare con un briciolo d’attenzione l’evoluzione della nostra piramide demografica, ormai celeberrima da quando le autorità hanno dichiarato di voler affrontare il tema della denatalità. Vaste programme, direbbe qualcuno. Vi risparmio il solito corredo di argomenti che si sperticano nella ricerca delle cause, nella convinzione che da ciò ne deriveremo l’effetto di una politica congruente. Un buon argomento per le campagne elettorali. Ma non è questo il punto. Guardiamo la piramide, e basta. Osservate com’era ampia la base che sosteneva il nostro paese nel 1950 e come diventerà, ammesso che le previsioni abbiano senso, nel 2050. E poi soffermatevi su come è oggi. Non è poi così diversa da quella di domani. Comunica la stessa sensazione di instabilità. Tutta la società è divenuta precaria. Questa nuova precarietà, la nostra precarietà, la nascondiamo nel futuro sperando di cambiarla. Ma il futuro è adesso.

Se vi piace quello che pubblica questo blog e volete sostenerlo, potete farlo comprando la Storia della ricchezza, il mio libro edito da Diarkos (tutte le info a questo link) che molto deve a questo lungo percorso che abbiamo iniziato oltre dieci anni fa. Lo trovate in tutte le librerie e anche on line. Su Amazon sta già scalando le classifiche della sua categoria. Aiutatelo a crescere. Così magari ne scrivo anche un altro. Buona lettura.

Un Commento

  1. Eros Barone

    Se è vero che nel XVIII e nel XIX secolo l’Europa ha popolato il mondo, è altrettanto vero che oggi il (Terzo) mondo sta popolando l’Europa, giacché quanto sta accadendo da alcuni decenni a questa parte è la plastica dimostrazione degli effetti generati dalle grandi tendenze demografiche in atto. In altri termini, l’attuale crisi migratoria, alimentata non solo dalle guerre nel Vicino Oriente, ma anche da altre dinamiche ancor più importanti, farà dell’immigrazione verso l’Europa un problema permanente e irrisolvibile. D’altronde, anche gli studenti della scuola media sanno che le migrazioni dell’ultimo periodo dell’età antica (Unni, Ostrogoti, Vandali, Visigoti, Longobardi ecc.) ne segnarono, insieme con quella dell’Impero romano, la fine e durarono almeno tre secoli (IV-V-VI), aprendo la strada al medioevo, per poi riproporsi nel cruciale IX secolo con gli Arabi, gli Ungari e i Normanni. Per tornare ai nostri giorni, la ragione dell’attuale crisi migratoria è semplice: l’Europa è un continente ricco, che sta vivendo un lungo “inverno demografico” (questa è la definizione usata dagli studiosi di demografia) e la cui popolazione è sempre più anziana e stagnante. Al contrario, l’Africa, il Vicino Oriente e l’Asia del Sud sono aree più giovani e povere, la cui popolazione cresce velocemente. E però le cifre e le percentuali sono più eloquenti degli infiammati comizi del leader leghista. Al culmine dell’ascesa del primo imperialismo, nel 1900, i Paesi europei rappresentavano il 25% della popolazione mondiale; oggi, gli europei sono circa 500 milioni e rappresentano attorno al 7% degli abitanti del pianeta. In Africa, al contrario, ci sono ora più di un miliardo di persone e, secondo l’ONU, diventeranno 2,5 miliardi nel 2050. Tanto per fare alcuni esempi, la popolazione dell’Egitto è raddoppiata dal 1975, raggiungendo gli oltre 80 milioni di oggi; la Nigeria, dal canto suo, aveva 50 milioni di abitanti nel 1960, che ora sono cresciuti a 180 milioni e nel 2050 saranno oltre 400.
    In breve, le migrazioni di africani, arabi e asiatici in Europa segnano il capovolgimento di una tendenza storica. Sennonché il loro flusso non dipende né da loro né da noi. Ad agire sono le forze profonde dello sviluppo capitalistico, alle quali poco o nulla possiamo opporre. Sono queste le forze che stanno disgregando le società contadine africane, gettando masse di disperati espulsi dai campi e dalle zone rurali, potenziale forza-lavoro, verso le città. È storia antica. Se risaliamo indietro, la stessa cosa è successa in Europa agli albori del capitalismo. Nell’epoca del colonialismo, l’Europa praticò una politica populazionista, spingendo le sue popolazioni bianche ad emigrare in ogni direzione. Così, nel Nord America e in Australia gli indigeni furono sottomessi, spesso sterminati, e interi continenti furono trasformati in appendici dell’Europa. I Paesi europei crearono colonie ovunque e vi insediarono i propri emigranti, mentre allo stesso tempo diversi milioni di persone furono costrette a emigrare con la forza, come schiavi, dall’Africa verso il Nuovo Mondo. Ciò che deve accadere accade e la metafora esplicativa è quella dei binari e del treno, non quella della nave a vela e dei venti.

    "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.