La credibilità della banca centrale è un antidoto per l’inflazione

Chi tende a sottovalutare quanto la psicologia pesi nei processi inflazionistici si sorprenderà a leggere una interessante analisi diffusa dal Fmi che mostra la relazione esistente fra la credibilità di una banca centrale, che dipende dal suo grado di indipendenza dal governo, e gli andamenti inflazionistici. In sostanza, più una banca viene ritenuta capace di pensare (e agire) con la sua testa, tanto più è efficace nel controllo del livello dei prezzi.

Tale conclusione è l’esito di una ricerca che ha coinvolto una dozzina di banche centrali, in un arco temporale fra il 2007 e il 2021. Ma il risultato è coerente con quello osservato in un altro studio che ha studiato le decisioni di 17 banche centrali dell’America Latina nell’ultimo secolo. Anche qui è stato riscontrato che una maggiore indipendenza viene associata a migliori risultati nella lotta all’inflazione.

Senza nulla togliere alla qualità del lavoro svolto dagli economisti del Fmi, basta conoscere un po’ la storia del central banking, alla quale ho accennato nella mia Storia della ricchezza, per capire perché l’indipendenza della banca centrale sia più efficace nella lotta all’inflazione. La nascita stessa di questa entità fu la risposta di alcuni ceti al disordine monetario provocato dai governi sovrani, che per lunghi secoli aveva prodotto un notevole caos.

La voracità fiscale dei governi, costante nella storia, è uno dei fattori che contribuisce a generare pulsioni inflazionistiche. E sapere che esiste un soggetto capace di frenare certi appetiti, proprio perché il governo non può controllarlo, è appunto un’ottima panacea per riportare la tranquillità nel mondo della moneta.

Chiaramente questa è una rappresentazione scolastica. Nella realtà il legame fra un governo e la sua banca centrale non è mai così netto. E anche la nostra Bce, che pure non ha un tesoro alle spalle, dove tenere conto delle banche centrali che la governano che invece un tesoro alle spalle ce l’hanno.

Perciò è così importante la percezione dell’indipendenza, assai più che l’indipendenza in senso tecnico. Quest’ultima è sufficiente venga codificata nei trattati, ma non è che le banche centrali la rivendichino a ogni pie’ sospinto. Sembrerebbe una forma di debolezza. Ciò che devono fare è esercitarla nelle loro decisioni dando l’idea che si stanno comportando nel migliore dei modi possibili per onorare il loro mandato.

Ecco perché i tassi sono saliti così rapidamente, malgrado le lamentele dei governi. Magari l’inflazione sarebbe diminuita lo stesso, ma avere banche centrali che hanno fatto ciò che era necessario per difendere la percezione che ciò che facevano lo fosse davvero ha sicuramente aiutato. L’inflazione non è solo una media ponderata dell’aumento dei prezzi. E’ anche uno stato del pensiero. Quindi si combatte anche col pensiero. Meglio se libero.

Un Commento

  1. Avatar di Eros Barone
    Eros Barone

    Nell’epoca dell’imperialismo, iniziata negli anni ’70 del XIX secolo e dispiegàtasi nel corso del XX secolo, epoca segnata dal dominio (non del capitale industriale ma) del capitale finanziario, la borsa funziona (non più come “un elemento secondario nel sistema capitalistico” ma) come “il rappresentante più notevole della produzione capitalistica”: essa, nota Engels nelle “Considerazioni supplementari” al III libro del “Capitale” (Editori Riuniti, Roma, 1968, p. 48), “tende progressivamente a concentrare nelle mani degli uomini di borsa la totalità della produzione industriale e di quella agricola, tutto il traffico, mezzi di comunicazione e funzioni di scambio”.    La previsione secondo cui il capitalismo va verso il crollo non è pertanto una profezia, ma il risultato di un’analisi scientifica e di una constatazione storica: la crisi del capitalismo genera inesorabilmente la tendenza alla guerra imperialista. Quali che siano i saliscendi delle borse mondiali determinati dalla plètora di capitale in eccesso da smaltire, a sua volta determinata dalla crescente sovrapproduzione di merci, forza-lavoro, capitali e mezzi di produzione, quali che siano le diverse puntate che i vari giocatori fanno sul banco del ‘capitalismo da casinò’, ciò che risulta ineluttabile è la dinamica della svalorizzazione delle forze produttive e la correlativa distruzione di risorse materiali ed umane in cui la crisi consiste: è quindi altamente probabile che il gioco del cerino acceso, che le classi dirigenti del mondo capitalistico stanno praticando sia nell’economia sia nella politica sia nella guerra, non permetterà di salvarsi a nessuno di lorsignori, poiché si sta svolgendo all’interno di una polveriera. Dal canto loro, le grandi masse popolari, se resteranno vittime inerti e acefale delle contraddizioni del capitalismo imperialistico e non si eleveranno al livello di agenti risolutori e superatori delle medesime, non potranno che condividere la tragica sorte che questo sistema sta preparando all’intera umanità.

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