La debolezza dei servizi frena l’export e la crescita italiana

L’ultimo rapporto annuale Istat conferma ciò che sapevamo già: il settore dei servizi del nostro paese è assai meno capace di generare valore, e quindi crescita, di quello dei nostri cugini europei di taglia pari alla nostra.
Nonostante il buon risultato del 2023, il settore non riesce ancora ad esprimere una dinamicità paragonabile a quella di altri paesi che somigliano al nostro. La Spagna, ad esempio, che con l’Italia condivide un certo sbilanciamento verso il settore turistico, che genera un valore aggiunto inferiore di settori a più alto grado di conoscenza. E tuttavia nel lungo periodo la Spagna è riuscita a triplicare il proprio export di servizi, a fronte del raddoppio italiano.
Se guardiamo al contributo delle singole componenti, osserviamo nel nostro paese una quota costante dei servizi “professioni intellettuali”, rimaste praticamente ferme nel decennio considerato (grafico sopra a destra), mentre in Germania, dove l’export di servizi è quadruplicato, sono aumentate significativamente,. Andamento simile per l’Ict, praticamente piatto in Italia e raddoppiato in Germania, che pure non ha certo una Silicon Valley da poter vantare.
Fra le ragioni di questa lentezza, “la stagnazione della domanda interna di queste categorie di servizi, già ridotta per le caratteristiche del sistema produttivo”. Quindi non solo abbiamo un problema di domanda interna, che riguarda un po’ tutta la produzione, ma anche un fisionomia del sistema produttivo poco capace di attivare l’offerta di servizi ad alto valore aggiunto.
C’è molta della nostra storia, in questa diagnosi. Ma non vuol dire che sia un destino. A patto di aver la capacità di immaginare un futuro diverso.
