L’economia internazionale sta sperimentando la resilienza della fragilità

Bastano due parole stavolta all’Ocse per delineare il quadro economico di questo fine d’anno che già preannuncia il prossimo: resilienza e fragilità. Tradotto: la crescita resiste, ma gli elementi di debolezza annidati all’interno della sua dinamica altrettanto.

Insieme alle spinte all’espansione si alimentano quelle alla contrazione. Come quando gonfiamo un palloncino bucato: l’aria che entra ne fa uscire altra, e maggiore è la pressione verso l’interno, maggiore quella che cerca sfogo verso l’esterno. Sicché il palloncino non si gonfia né si sgonfia, ma in compenso aumenta la fatica di chi deve pompare l’aria.

Questa fatica ci sono molti modi di misurarla, nei sistemi economici. Ad esempio osservando gli andamenti della produttività. Una produttività stagnante somiglia a una pompa scarica. Ma si può anche osservare lo spazio fiscale disponibile. Una situazione fiscale costretta dagli spazi limitati di intervento somiglia a un braccio che non possa fare leva in maniera efficace per azionare la pompa. Ma anche una demografia avversa è un fenomeno che genera affaticamento. Un invecchiamento della popolazione somiglia a una perdita della forza muscolare che serve a immettere aria nel palloncino.

Se adesso usciamo dalla metafora, ecco individuate alcune delle nostre fragilità: produttività che non decolla, spazi fiscali ridotti all’osso, demografia avversa. E poi c’è tutto il resto che è noto e non serve ricordare, a cominciare dalle tensioni commerciali che ormai si avviano a diventare anche sempre più militari.

A fronte di queste fragilità, ci sono alcuni elementi che alimentano il flusso d’aria dentro il nostro metaforico palloncino. La finanza internazionale, ad esempio, sta pompando risorse inusitate nel nuovo business dell’IA, che un giorno sì e l’altro pure ci ricordano potrebbe rivelarsi una bolla. La differenza fra bolla e palloncino è sempre una questione di sfumature. O di interpretazione, se preferite. E poi tira ancora una certa aria da scampato pericolo, visto che i temutissimi effetti dei dazi ancora non si vedono granché.

Finora almeno. Fra i motivi che “sgonfiano” la crescita almeno due sono fonte di una certa preoccupazione. Il rallentamento del commercio, intanto, che si associa ai primi segnale di cambi nelle scelte di consumo, specie negli Usa, e a una certa persistenza dell’inflazione, la cui resilienza di nutre di queste fragilità. In più si osservano i primi rallentamenti del mercato del lavoro, non certo casuali. Se rallenta il commercio rallenta anche la produzione e quindi quelli che lavorano per chi produce. Nulla di nuovo sotto il sole: il nostro palloncino si sgonfia in molti modi.

Il risultato di queste pressioni è che il pil globale si prevede ancora in calo l’anno prossimo, e in lieve ripresa quello dopo: dal 3,2 del 2025 al 2,9 del 2026 fino al 3,1% del 2027. Ricordate sempre che l’accuratezza delle previsioni è inversamente proporzionale alla loro distanza nel tempo. Sempre nel 2027 si prevede un’inflazione nei target, almeno per le principali economie. E questa almeno è una buona notizia.

Sempre che ovviamente il quadro generale non si deteriori. Come quando, per concludere con la nostra metafora, mentre gonfiamo un palloncino bucato si apre un altro buco. E provocare buchi, in un’economia come quella del nostro tempo, è un talento estremamente resiliente.

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