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Il ritmo della libertà: anche politica ed economia hanno bisogno di andare a tempo

Da pochi giorni è uscito il libro, con prefazione di Marta Dassù, che con Roberto Menotti, senior advisor di Aspen Institute Italia, nonché direttore Scientifico di Aspenia online e vice direttore di Aspenia abbiamo completato al termine di un lungo e piacevolissimo percorso comune di studio e ricerca su un tema di grande complessità: il tempo, in particolare come fattore di sviluppo in politica e nell’economia. Qui trovate il link al libro per maggiori informazioni.

Fare la cosa giusta implica farla non solo nel modo, ma anche nel momento giusto. E tuttavia questa evidenza non è così diffusa. Nelle nostre numerose teorie che descrivono la realtà, siano esse naturalistiche o sociologiche, il tempo è un ospite trascurato, quasi indesiderato. Una lunga tradizione culturale lo ha relegato ai margini della realtà: poco più che un parametro necessario lungo il cammino verso la perfetta reversibilità dell’azione. Come se fosse l’ascissa di un piano cartesiano che contiene nell’ordinata lo spazio delle nostre rappresentazioni.

Ciò ha prodotto descrizioni meravigliose della realtà, delle quali la realtà si burla continuamente. L’esercizio della previsione, che è una facoltà naturale dell’essere umano, sradicato dal suo contesto biologico ha generato cervelli automatici, nella forma di algoritmi predittivi, che si candidano a governare la realtà facendo leva sulla nostra altrettanto naturale ritrosia ad affrontare il disagio, a cominciare da quello che emerge dalla consapevolezza di dover decidere in ogni momento della nostra vita. 

E’ in questa ritrosia ad affrontare il disagio che il tempo scompare e sorge la società istantanea. Ossia il nostro mondo, che ha trasformato l’azione in reazione e ridotto lo spazio lungo il quale si articola il pensiero, avvicinando sempre più il tempo lungo l’origine del piano cartesiano. Ossia allo zero.

Senonché, azzerando il tempo, l’uomo perde anche lo spazio del pensiero e diventa incapace di aspettare, incapace di costruire, incapace di credere. In sostanza un perfetto meccanismo. Questo non è un destino, ma una possibilità con un certo grado di probabilità. Quindi nasconde insieme un rischio e alcune opportunità.

Il libro parla proprio di questo. Discute del tempo, proponendo una nuova cronosofia, e di come, recuperandone la realtà nei processi politici ed economici, si può riscoprire quel ritmo della libertà che solo può condurci verso un futuro deciso da ognuno di noi. Ne abbiamo bisogno tanto più oggi, che viviamo in società impaurite e schiacciate dalla religione del regresso, quando invece dovremmo tornare a credere nella possibilità del progresso che è alla portata di ognuno di noi e delle nostre società, se solo torniamo a muoverci seguendo il ritmo della libertà, che significa interpretare la vita con fiducia, pazienza e senso di responsabilità.

Andare a tempo, non è solo un talento dei musicisti. E’ una capacità umana che dobbiamo recuperare, se vogliamo tornare ad essere i protagonisti della nostra storia.

INDICE

Prefazione di Marta Dassù

Parte prima
La religione del regresso

Premessa: Il rischio dell’opportunità

Fisionomia di una religione
Il Dio nascosto
Un nuovo sacerdozio
L’illusione del regresso
Il Nuovo Millennio

Parte seconda
Tempo e umanità, umanità nel tempo

Premessa: La società istantanea

L’invenzione del tempo: mito, poesia, memoria
La scoperta del tempo: il ritrovamento del passato profondo
La genialità dell’evoluzione
I cicli della complessità
L’ombra del futuro nelle scelte strategiche
Curvature della storiografia e sindrome da cortissimo termine
L’abuso del fattore tempo e la paura ambientale
I futuri estremi
La curva del tempo: causa-effetto, idea e azione

Parte terza
La formula del progresso

Premessa: l’opportunità del rischio

Sýn aisthánomai: sinestesia
Immagina-azione
Trilogia di F.
Il talento di decidere

Il futuro immaginato: libertà e responsabilità
L’inevitabile proseguire: l’attrazione del progresso

Conclusione: Andare a tempo
Note
Bibliografia