Etichettato: quant persone sono connesse

L’irresistibile crescita dell’economia dei creatori di contenuti

L’economia dell’intrattenimento, che è la vera novità economica del XX secolo, nel secolo XXI, quello di Internet, sta evolvendo in una nuova forma di produzione che potremmo definire l’economia dei creatori di contenuti, nella quale l’intrattenimento rimane il fine, ma il mezzo – o il media se preferite – cambia. Prima era una grande azienda a produrre e veicolare un prodotto di intrattenimento. Oggi è, potenzialmente, chiunque sia connesso alla rete.

E per capire di quanta gente parliamo, basta osservare il grafico sotto, che associato a quello che apre questo post, che misura la percentuale delle persone connesse che postano contenuti autoprodotti, ci dà un’idea abbastanza chiara della vastità del fenomeno.

Nelle economie più ricche ormai ci sono più accessi a internet che abitanti, quindi ci sono persone che ne hanno più d’uno, e la media modale supera le 80 connessioni per 100 abitanti. Siamo, insomma, iper connessi. Questo mentre nei paesi Ocse, che esprimono una quota rilevante della popolazione mondiale, in media il 40 per cento di queste persone connesse propone contenuti autoprodotti al pubblico. Notate che la differenza fra chi ha un livello di istruzione più elevato e chi più basso non è poi così ampia. La rete, insomma, è molto democratica, e la seduzione della popolarità on line seduce sia i colti che i meno istruiti.

Se guardiamo alle cifre raccolte da Ocse, queste tendenze, che sembrano astratte, si rivelano assai concrete. La quota dei produttori di contenuti autoprodotti è passata dal 10,3% degli utenti Internet del 2008 al 38,3% del 2020, in sostanza più che triplicando. Ci sono fenomeni come i podcast, poi, che hanno andamenti ancora più notevoli. Il numero di questi prodotti pubblicati sulla rete, infatti, è aumentato di dodici volte fra il 2009 e il 2019, mentre il numero dei libri auto pubblicati “solo” del 264% fra il 2017 e il 2022. Non stupisce che i podcast siano più diffusi dei libri: parlare è sempre più facile che scrivere, così come ascoltare è più facile che leggere. La rete, quindi, agevola quella tendenza a una crescente oralità che corrisponde a una sostanziale tribalizzazione delle nostre relazioni sociali.

L’aspetto economico si rivela osservando, come riporta Ocse, che “la creazione di contenuti sta diventando più lucrativa”. Alcune stime quotano che l’industria globale degli influencer – e la notizia è che ci sia già questa economia – valga circa 16,4 miliardi di dollari, dato 2022, quasi dieci volte il valore del 2016. Non è molto comune trovare un’economia che cresca dieci volte di valore in meno di dieci anni. Alcuni dati ce provengono dagli Usa dicono che il 57% dei 13-26enni sognano di diventare influencer. E dategli torto: non serve neanche studiare per riuscire.

Questa sorta di paradiso artificiale, per cui con un telefonino puoi diventare ricco, nasconde il rischio che questi creatori finiscano col diffondere contenuti che a lungo andare siano dannosi: fake news, promozione di stile di vita poco realistici, millantino vantaggi finanziari che nascondono truffe ed altre amenità. E poiché i paesi ricchi sono quelli più connessi, sono loro a correre i rischi maggiori.

Paradossalmente, la rete globale tende a tagliare l’albero sul quale è cresciuta. Non stupisce che internet sia il paradiso dei populismi. Tantomeno che molti sognino di farne, a qualunque costo, lo strumento della propria emancipazione economica senza curarsi troppo delle conseguenze. Rimane solo una domanda: se tutti diventeranno produttori di contenuti, dove troveremo il tempo per fruirne? Diventeremo una popolazione di gente che parla. Ma non ascolterà più nessuno.