Anni ’80: non finiscono mai

Erano gli anni dell’abbronzatura invernale e del fitness, dell’horror seriale al cinema e dell’esplosione pop nella musica e nell’arte. Erano gli anni in cui la cultura del narcisismo, celebrata in un saggio di Christopher Lasch del ’78, diventava edonismo e metteva radici la società dell’immagine. Si bevevano intere città e si ammiccava alla coca, con le canzoni di Clapton o Vasco, o nelle più prosaiche discoteche. La letteratura diventava minimale, le modelle diventavano star. Blondie cantava Call me, giravano showgirl come Samanta Fox o la nostra Sabrina Salerno. Wall Street celebrava l’avidità, i governi la fine degli Stati padroni.

Era l’epoca in cui l’America abbassava le tasse e aumentava le spese per stupire il mondo con la neoclassica teoria dell’offerta trasformata nella Supply side economics. Con la conseguenza che il debito pubblico americano in pochi anni cresceva da 700 a 3.000 miliardi di dollari. Bisognava fronteggiare il crollo finanziario del 1987, si disse. Perché anche questo furono quegli anni: tempi di grande euforia in borsa e relativi disastri socializzati. Furono gli anni di Greenspan alla Fed, guru che governò per un ventennio la finanza nel mondo delle grandi bolle speculative.

In  quegli anni un ex attore divenne presidente Usa e un film di successo (Star Wars) un programma strategico della difesa americana (lo scudo spaziale) che fece infuriare i russi.

Ci fu un invasione in Afghanistan, la guerra del Libano e fu bombardata Tripoli.

Siamo nel tempo dell’abbronzatura a biscotto e del fitness chirugico, la serialità è dilagata in tv, il cinema horror fa seguiti a due cifre e la musica serve per i video. Il narcisismo è diventato una sindrome recensita nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, e il culto dell’immagine ha fatto la fortuna di Facebook. Le città sono bevute e la coca democratica. La letteratura minimizza e le modelle sono diventate showgirl. Samanta Fox e Sabrina Salerno cantano Call Me di Blondie. Wall Street stacca enormi dividendi ai suoi banchieri, i governi hanno smesso di credere di essere i padroni.

E’ l’epoca in cui l’America rischia il fiscal cliff perché non può diminuire le spese e trema pensando che non ha più nulla da offrire all’economia, mentre il suo debito supera di gran lunga i 10 mila miliardi. Si dice per colpa della crisi finanziaria del 2007, perché anche in questi tempi ci sono stati grandi euforie private relativi disastri socializzati. Sono gli anni in cui Greenspan, celebrato guru della finanza ora in pensione, scrive saggi sull’età della turbolenza.

In questi anni un commediante è diventato presidente Usa e lo scudo spaziale lanciato da Clinton, sponsorizzato da Bush e rifinito da Obama, continua a fare infuriare i russi.

E’ in corso un’invasione in Afghanistan, c’è stata una guerra in Libano sei anni fa ed è stata bombardata la Libia l’anno scorso.

Sono passati più di trent’anni e siamo cresciuti.

Ma siamo siamo invecchiati male.

Un Commento

  1. Pietro Spirito

    In questi decenni e’ accaduto che la politica e’ diventata un mestiere per iniziati, tendenzialmente per chi non trovava una collocazione professionale altrove. Da noi uno chansonnier dalle discutibili doti canore e’ diventato presidente del consiglio. Da tutela dell’interesse generale si è’ passati alla salvaguardia dell’interesse personale. Dalla logica del lungo periodo, attenta agli investimenti per il futuro, o è’ passati alla logica del breve periodo, attenta alla massimizzazione della utilità di corto raggio. Non è’ stupefacente l’esito dei cocci che oggi raccogliamo

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