L’invecchiamento della popolazione scoraggia i consumi

Poiché uno dei grandi temi del nostro tempo è l’invecchiamento delle popolazioni, vale la pena leggere una bella ricerca pubblicata di recente da Bankitalia che prova a quantificare come questa evoluzione sociale impatti sulle questioni economiche, a cominciare dagli effetti che ha sulla spesa delle famiglie e quindi la domanda aggregata.

I dati di partenza sono tristemente noti. Negli ultimi 60 anni, sottolinea lo studio, il numero di figli per donna si è dimezzato e l’aspettativa di vita alla nascita è cresciuta di 15 anni, arrivando ad 83. Il combinato disposto ha “più che raddoppiato” il tasso di dipendenza degli anziani, ossia il loro rapporto rispetto alla popolazione in età lavorativa, “mostrando un andamento che è stato solo marginalmente mitigato dai flussi migratori dall’estero”.

Peraltro le prospettive non sono buone, visto che nei prossimi anni andrà in pensione la generazione del baby boom. Eurostat prevede che nel 2040 il tasso di dipendenza degli anziani potrebbe essere di venti punti superiore rispetto a quello attuale, attivando al 56%, il più alto dell’Ue.

Se questa fosse una semplice curiosità statistica potremmo chiuderla qua. Ma purtroppo l’invecchiamento ha tali e tanti effetti sulla composizione della nostra società che solo da poco abbiamo iniziato a comprenderne le conseguenze. Sulla composizione delle famiglie, ad esempio, solitamente poco osservata. Il numero di famiglie sta aumentando, ma la loro dimensione – ossia il numero di persone che include – si riduce, così come diminuiscono le famiglie giovani: “Tra il 2005 e il 2018 le famiglie con una persona di riferimento di età inferiore ai 35 anni sono diminuite di circa il 7 per cento; quelle con una persona di riferimento anziana (65 o più anni) sono aumentate invece di circa un quinto”.

Diventa perciò interessante la domanda se questa conformazione sociale finisca con l’impattare sulla spesa delle famiglie e soprattutto in che modo. La teoria del ciclo vitale suggerisce che i consumi delle persone siano sostanzialmente stabili nel corso della vita. Secondo questa visione, i risparmi vengono accumulati durante la vita lavorativa e spesi dopo la pensione. Se così fosse il consumo aggregato sarebbe indipendente dalla struttura anagrafica delle popolazione.

Le osservazioni empiriche più recenti, tuttavia, hanno rilevato che i consumi crescono con l’età, raggiungendo un picco nella fase centrale della vita, usualmente caratterizzata da una maggiore disponibilità di reddito, per poi iniziare a ridursi mano a mano che si invecchia.

Molte evidenze, tuttavia, rimangono poco chiare. “Il calo del consumo per le famiglie con a capo un individuo anziano è una nota violazione della teoria del ciclo vitale”, sottolinea lo studio. E anche “la relazione fra risparmio e invecchiamento non ha un segno chiaro, almeno nelle economie avanzate”. La generosità dei sistemi pensionistici, per dire di un fattore rilevante, può fare la differenza.

Questa incertezza spiega perché mentre “le analisi su dati macro concludono che l’invecchiamento della popolazione è una delle cause principali del calo dei tassi di risparmio”, le indagini campionarie non hanno confermato questa ipotesi.

Per provare a dare una risposta univoca, lo studio ha indagato la relazione fra la dinamica della spesa delle famiglie italiane, “risultata in termini reale in forte calo negli ultimi anni”, e l’invecchiamento della popolazione. Dall’analisi dei dati sembra emerga una conferma della teoria del ciclo vitale. Quindi “la spesa media familiare tende a crescere fino a un’età prossima alla conclusione della vita lavorativa della persona di riferimento, per poi ridursi”.

Ma il punto rilevante è che “ai differenziali di spesa tra famiglie contribuiscono sia differenze nella propensione alla spesa, che decresce all’aumentare dell’età della persona di riferimento, sia, soprattutto, nei redditi”. Inoltre “la propensione alla spesa tende inoltre a diminuire all’aumentare del reddito per tutte le età, tranne che per le famiglie più anziane (65 o più anni), la cui propensione è poco influenzata dal livello del reddito”. Infine, “l’età influenza in misura particolarmente intensa la composizione della spesa in termini di beni e servizi che vengono acquistati, con importanti implicazioni circa la possibile evoluzione strutturale della domanda nei prossimi anni”.

Le indagini concentrate nel periodo 2005-17 hanno mostrato come l’invecchiamento osservato in questo periodo “ha inciso negativamente sulla propensione alla spesa e, in misura molto contenuta, sulla dinamica reale della spesa” e che “il calo della spesa media è quasi integralmente attribuibile alla flessione dei consumi all’interno delle classi di età”. A far la parte del leone, è la dinamica negativa del reddito, pure se in parte tale tendenza “è stata mitigata da un lieve aumento della propensione alla spesa”.

Il grafico sopra mostra chiaramente che la dinamica della spesa media cambia sostanzialmente secondo le classi d’età, vuoi perché muta la composizione del nucleo familiare, che tende a restringersi, vuoi perché cambiano i livelli dei redditi. Il calo più pronunciato, tuttavia, lo hanno patito i nuclei con una persona in età lavorativa, mentre per le famiglie più anziane il calo è stato più contenuto. Sul versante della spesa media, invece, il nostro paese nel periodo considerato conferma la teoria del ciclo vitale: quindi la spesa cresce con l’età fino a un certo punto superato il quale – solitamente con la quiescenza – tende a diminuire.

Ovviamente, aldilà della quantità, l’età incide molto anche sulla tipologia di spesa: le spese per la salute nelle famiglie più anziane sono il triplo di quella delle famiglie più giovani.

Le conclusioni sono chiare. La spesa e la propensione alla spesa tendono a declinare superata una certa soglia di età. Anche il reddito, ovviamente, recita un ruolo importante. L’analisi sui dati condotta nel periodo mostra che “l’aumento della propensione alla spesa è stato mitigato per circa un quinto dall’aumento della quota di famiglie più anziane, caratterizzate da livelli inferiori della propensione alla spesa”. In cifre, l’impatto dell’evoluzione demografica spiega circa il 3% della variazione della spesa media. Non è tanto, ma è sicuramente importante. Specie in una società che è destinata ad invecchiare ancora.

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