Etichettato: cosa è il deflatore del pil
Salari e profitti fanno crescere l’inflazione

Si capisce perché la Bce mostri una certa preoccupazione nel suo ultimo bollettino economico osservando gli andamenti dell’inflazione. Non tanto (o non solo) perché l’affievolirsi della componente energetica ha raffreddato meno di quanto si sperasse i prezzi, ma perché si osserva un notevole aumento del contributo di salari e profitti all’inflazione. Segno evidente che ormai il sistema economico non solo ha metabolizzato i rincari, ma che sta anche provando a contrastarli finendo, di fatto, con l’alimentarli.
Chiaro perciò perché la Banca non possa deflettere dalla sua politica di rialzo dei tassi, a prescindere persino dalla sua effettiva efficacia. Il rialzo dei tassi è storicamente il rimedio conosciuto per l’inflazione e deviare da queste consuetudine avrebbe un effetto deleterio sulle aspettative. Senza contare che in ogni caso l’effetto deflazionistico dei rialzi dei tassi, che impone un rallentamento a consumi e investimenti, è un fatto osservabile anche in questo episodio inflazionistico.
Avanti così, insomma, sperando che il rimedio non sia troppo peggiore del male e che gli agenti economici abbiano quel tanto di pazienza che serve per evitare di far peggio a loro volta.
Per il momento sembra che la pazienza sia esaurita. La Bce osserva ad esempio che i rincari delle imprese “hanno superato gli aumenti dei costi, contribuendo così all’aumento dell’inflazione interna” consentendo quindi una notevole ripresa degli utili unitari.

Tale andamento si è associato alla “forte crescita del costo del lavoro per unità di prodotto in tale
settore, il cui tasso di crescita sui dodici mesi si è collocato al 5,1 per cento nel quarto trimestre del 2022″.

Le SNF (società non finanziarie), quindi hanno contribuito in maniera significativa ai rincari, anche in ragione degli squilibri ancora esistenti fra domanda e offerta in molti settori che ha gettato benzina sul fuoco.
Non hanno fatto tutto da sole, ovviamente. E sarebbe riduttivo limitare l’osservazione solo a questo settore dell’economia. Ma bisogna tenerlo presente quando si ragiona sul futuro dell’inflazione, come sta facendo la Bce.
Le imprese, avendo già ritoccato al rialzo i listini faranno più fatica nei prossimi trimestri a farlo di nuovo. Ma rimane una possibilità. Specie se altri costi dovessero aumentare. Non solo quelli del lavoro, che sono i grandi indiziati. Nel mucchio ci stanno altre voci che bisogna tenere sotto osservazione. I sussidi, ad esempio. E, soprattutto, le tasse.
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