Etichettato: impatto aumento costo energia su ragioni di scambio
Il lento declino delle ragioni di scambio europee
Quando ragioniamo dell’incremento rimarchevole del costo delle risorse energetiche dovremmo sempre ricordarci che questi rincari, che hanno fatto aumentare il valore nominale delle importazioni europee di oltre il 40% rispetto al pre-pandemia, secondo quanto osservato nell’ultimo bollettino delle Bce, hanno finito col determinare un notevole peggioramento delle nostra ragioni di scambio con l’estero.

Ricordiamo che le ragioni di scambio misurano sostanzialmente il rapporto fra esportazioni e importazioni di un paese. Mettiamo per ipotesi che esistano solo due paesi e due beni: petrolio e grano. E che un paese esporti petrolio e importi grano, mentre l’altro paese fra il contrario. Se il prezzo del petrolio aumenta significa che il paese che produce grano dovrà pagare di più le proprie forniture, e quindi il prezzo relativo del grano rispetto al petrolio diminuisce. Ciò significa che il paese che produce petrolio, incasserà più grano per le stesso importo esportato. La sua ragione di scambio migliora.
Se ci riferiamo a una economia nel suo complesso, le ragioni di scambio misurano il rapporto fra il prezzo ponderato delle esportazioni e delle sue importazioni. Se le ragioni di scambio aumentano, il paese avrà, a parità di quantità, un miglioramento dei conti commerciali. Viceversa, un peggioramento.
Questo è quello che è accaduto nell’Eurozona, dove, “le ragioni di scambio sono notevolmente peggiorate a partire dalla seconda metà del 2021, di riflesso al brusco aumento dei prezzi dei beni energetici”. Il grafico sotto ci dice quello che c’è da sapere.

A questi andamenti ha contribuito anche il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, che poi è la moneta con la quale in gran parte si pagano queste forniture, che ha gravato sulle ragioni di scambio europee, già appesantite dai rincari energetici, alle quali sono evidentemente collegate.
Le ragioni di scambio ovviamente fluttuano, ma stavolta hanno oscillato più del solito. E questo ha prodotto un notevole peggioramento sul livello del reddito dell’area, che di fatto corrisponde a un trasferimento di potere d’acquisto europeo verso altre regioni.
In dettaglio, la Bce ha calcolato che questo trasferimento, nel quarto trimestre del 2021, abbia pesato 1,3 punti di pil dell’area, se si confronta col quarto trimestre dell’anno precedente. Un andamento in parte compensato dai maggiori prezzi alle esportazioni applicati dai paesi europei agli acquirenti esteri.
E’ interessante osservare (grafico sotto) che l’effetto reddito negativo per l’Ue è stato maggiore rispetto a Usa e Uk, per la semplice ragione che queste economie “dipendono in misura minore dalle importazioni nette di beni energetici”.

Ciò ovviamente ha diminuito l’avanzo corrente dell’eurozona, contribuendo al trend di sostanziale pareggio dei conti con l’estero che l’area ha raggiunto di recente, “dopo aver accumulato persistenti avanzi di conto corrente nel corso dell’ultimo decennio”. I vecchi tempi sono finiti, insomma. Meglio saperlo.
