Etichettato: merkel
Cronicario: La Bella Manovra finisce a Chi l’ha visto
Proverbio del 18 ottobre Piove sempre più forte sulle case pericolanti
Numero del giorno: 114.925 Domande per sussidio disoccupazione arrivate all’Inps ad agosto
La manovra è bella. Punto. Ci credo sulla parola, perché il parolaio è nientepopòdimenoche il nostro primo ministro/ cittadino, avvocato del popolo che ce l’ha notoriamente lungo, il curriculum. Costui si trova all’estero a farci fare bella figura coi suoi modi forbiti e il suo inglese perfetto mentre quei pazzerelloni del governo – so’ ragazzi, capiteli – fanno baldoria coi decreti fiscali facendosi gli scherzetti. Appena ti distrai zac, arriva il condono Iva. Sbadigli e tié condoni pure una qualche provvista illegale con la scusa della pace fiscale.
E così il nostro primo difensore, dall’estero dove si trova, ha detto parole rassicuranti a tutti noi, spaventati dalla minaccia del ministro uno e bino di portare il la pace fiscale divenuta di nascosto condono in procura per far la perizia calligrafica alla manina che ha aggiunto a penna quello che prima non c’era e che lui poverino neanche poteva immaginare.
E che ha detto il premier che conta? “Abbiamo approvato il testo del decreto fiscale in Cdm e quello deve essere. Visionerò articolo per articolo”. Nessun problema per il governo verdolino, ci mancherebbe, anche perché, aldilà delle manine misteriose sui decreti e checché ne diranno gli eurocriticoni “più passa il tempo e più mi convinco che la manovra è bella”. E questo è il punto fondamentale. Aveva ragione quel tale che diceva che la bellezza salverà il mondo. Tanto che “la Merkel è stata molto attenta durante l’illustrazione della manovra italiana e impressionata dalle riforme strutturali” in cantiere.
La qualcosa sarà talmente vera che lo spread stamattina ha svettato verso i 312 punti, perché com’è noto i mercati amano la Merkel. Ma non stiamo a sottilizzare. La vera notizia che finalmente dissipa la nube di sospetti che si addensava sul governo del cambiamento l’ha comunicata poco dopo un sottosegretario all’economia. Gli chiedono chi conoscesse il testo del decreto fiscale e lui risponde: “Lo sapevano tutti”. Poi precisano la domanda e chiedono se anche il ministro uno e bino che è andato in procura praticamente ad autodenunciarsi sapesse. E lui risponde : “Non lo so”. E poi aggiunge che “non è stata mai vista né condivisa” la norma che qualcuno temeva potesse far salire il costo della rc auto al nord. Col che risulta chiaro che le norme della Bella Manovra, che escono, vengono ritrattate e poi scompaiono a colpi di tweet, hanno un futuro da star. Almeno a Chi l’ha visto.
A domani.
Cronicario, Fra popolari e populisti trionfa il pop
Proverbio del 6 giugno La mano occupata non chiede la carità
Numero del giorno: 22 Crescita % del mercato immobiliare in Germania dal 2009
Mi son svegliato populista, almeno secondo quanto riporta in prima pagina un noto (?) quotidiano nazionale spiegandomi col linguaggio della casalinga di Voghera l’esito del voto di fiducia in Senato. Ah perbacco, mi dico: son populista. La mia vita si riavvolge in un batter d’occhio e mi srotola sugli spalti populisti a fare il tifo per il difensore del popolo, nel nome del popolo, evviva il popolo.
Poi sento uno di quelli che dovrebbero essere l’opposizione dire che loro, gli oppositori, saranno l’alternativa popolare al governo. Quindi i popolari alternativi al populismo.
Ripenso a nonna, popolana vera, mi commuovo e inizio a intonare canzoni di stampo risorgimentale e inni alla resistenza. Finché stretto nella morsa di questi opposti estremismi mi si rivela il vero eroe del nostro tempo, la cui arcana influenza è arrivata fino a noi sotto mentite spoglie.
Eccolo qua il vincitore. Lo spirito pop, figlio illegittimo dell’arricchimento a sbafo, che dall’arte si è travasato nella musica, e da lì lento e insidioso come un germe patogeno in costante mutazione si è infiltrato per ogni dove nelle nostre società creando il mondo meraviglioso che abitiamo dove ognuno può dire una qualunque minchiata e ricevere in cambio parecchi like, molti dei quali per puro fraintendimento. Nel magico mondo del pop non ha nessuna importanza quello che dici, ma che tu lo dica. Né che tu sappia fare, ma che tu faccia. La coerenza coi fatti è semplicemente noiosa. Non è pop. L’efficacia non si misura con la matrici di input/output, ma con lo share. Pure se sei ministro, anzi specialmente. Niente di meglio di un ministero pop: piace ai populisti come ai popolari che ne condividono l’obiettivo supremo.
Pacificato dalla rivelazione, rileggo con molta meno ansia l’annuncio che giovedì 14 giugno la Bce potrebbe determinare la data in cui smettere di comprare titoli di stato nell’ambito del QE, pure se lo spread sul nostro biennale è tornato ad allargarsi e quello sul decennale corre. Me ne frego: non è roba pop. Me ne infischio altamente, poi, che dal prossimo 20 luglio l’Ue dazierà per ritorsione gli Usa per la sua decisione di penalizzare l’import di acciaio e alluminio dall’Europa.
Sempre che (ah ah ah ) tutti e 28 i paesi che compongono questa inedita alleanza di interessi diano il via libera alla proposta della Commissione. L’Ue non è per niente pop, a cominciare dal nome che suona come un rimprovero. E figuratevi quanto m’interessa leggere la cancelliera tedesca che dice che “serve il rispetto delle regole da parte di tutti”. Forse ha ragione. Ma non è pop.
A domani.








