Etichettato: Quantitative Tightening Around the Globe: What Have We Learned

Le prospettive complicate del Quantitative Tightening

Che ci aspettino tempi magri ormai è chiaro a tutti. Non tanto e non solo perché nessuno si aspetta che la crescita del prodotto globale sarà robusta – ci si accontenta di un ritmo capace di coprire il costo dei debiti – o perché le difficoltà politiche internazionali la mettono continuamente a rischio. Ma soprattutto perché si va essiccando sempre più la cornucopia che in quest’ultimo ventennio ha alimentato i sogni di grandezza di tutti i governi e riempito – letteralmente – di denaro i forzieri delle banche: il denaro di banca centrale.

Un bel paper del Nber, “Quantitative Tightening Around the Globe: What Have We Learned?” racconta con grande dovizia di dettagli i primi esiti del Quantitative Tightening (QT) che ormai ha preso il posto del Quantitative Easing (QE) delle banche centrali, i cui effetti si vedono nel rialzo dei tassi di interesse, e quindi dei rendimenti delle obbligazioni governative, e nel dimagrire dei bilanci delle banche centrali, che hanno pure iniziato a macinare perdite, essendo ancora imbottite di debito comprato con i tassi rasoterra che oggi vale assai meno di prima.

Il dimagrimento di questi bilanci era ampiamente atteso. Non è stato repentino, ma deciso si, e gli effetti si possono intuire guardando il grafico sotto, che riepiloga questo alleggerimento nelle principali giurisdizioni osservate dagli autori dello studio.

Ciò ha provocato un aumento dei rendimenti. Anche questo previsto e quindi ampiamente atteso. Perciò non è stato particolarmente traumatico per l’autorità fiscale. A quanto pare il sistema finanziario internazionale, e in particolare gli acquirenti non bancari, è stato in grado di assorbire le nuove emissioni che sostituivano quelle scadute e non più acquistate dalle banche centrali.

Per il momento, quindi, il sistema si sta normalizzando senza troppi scossoni. Ciò non vuol dire che tali scossoni non possano emergere nei prossimi anni, quando il volume del dimagrimento dei bilanci delle banche centrali è destinato a crescere, specie di fronte a un’inflazione che seppure in regresso sembra ancora esprimere diversi rischi.

Dal grafico che apre questo post, si osserva che dal picco del 2021, quando i bilanci combinati delle banche centrali quotavano 8 trilioni, si prevede che si arriverà alla metà entro il 2025. Ciò significa che, in un contesto di debito che non accenna a diminuire, sarà necessario trovare sempre più soggetti disposti a sottoscriverlo, essendo venuta meno una grande categoria di acquirenti – le banche centrali – che per molti anni hanno calmierato le tensioni.

I mercati, insomma, dovranno far da soli. Fino a un certo punto, ovviamente. La premura con la quale le banche centrali lavorano per orientare le aspettative verso l’idea di una riduzione imminente dei tassi, fa capire che i guardiani della stabilità monetaria e finanziaria sono sempre pronti a interventi di qualche tipo. E anche questo i mercati lo sanno benissimo.

Di fronte a una crisi improvvisa, il QT può finire tranquillamente in stand by. Sempre che l’inflazione, più resistente di quanto sembri, non ci metta lo zampino. E questo magari può provocare sorprese assai poco gradite.