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Le pensioni e l’imprevidenza pubblica

La chiusura d’anno documentata da Covip, che ha pubblicato i dati dei rendimenti delle forme complementari di previdenza nel 2022, non riserva alcuna sorpresa, semmai conferma quello che già si era osservato a metà anno. Quando i mercati vanno male, e per giunta aumentano i tassi, i fondi pensioni s’inabissano regalando ai sottoscrittori gioie uguali e contrarie a quando i mercanti filavano col vento in poppa e i tassi erano rasoterra.

Quindi non c’è da stupirsi che in un anno orribile come quello trascorso le principali forme complementari abbiano perso a due cifre mentre il Tfr si rivalutata dell’8,3 per cento. Un anno non fa una pensione, per fortuna. E prima o poi i mercati troveranno un equilibrio. A meno che non si pensi di essere entrati in una spirale depressiva, per giunta aggravata dall’inflazione che erode ogni base patrimoniali, compresa quella pensionistica.

Ma è presto per fasciarsi la testa. E tuttavia, pure se è vero che un anno non fa una pensione, osservare i trend in un decennio comincia ad essere informativo. Il Tfr si è rivalutato in media del 2,4 per cento annuo dal 2012 al 2022. I fondi, con l’eccezione degli azionari, non hanno fatto un risultato molto diverso. Anzi alcuni comparti che dovrebbero garantire massima sicurezza – analoghi al Tfr – ad esempio i fondi nazionali garantiti – hanno avuto rendimenti decisamente peggiori.

Si salva l’azionario, dunque. Ma ha senso parlare di previdenza se si scommette sui mercati più imprevedibili? E’ una chiara contraddizione in termini. Previdenza significa (dovrebbe significare) non soltanto provvedere ma anche prevedere: quindi stimare il risultato atteso, a meno delle catastrofi. Ed è la logica dell’adeguamento del Tfr che incorpora due elementi – uno fisso e uno variabile agganciato all’inflazione – per offrire un rendimento non sicuro ma, appunto, prevedibile.

La logica dei fondi è molto diversa. Aldilà delle forme che generano il rendimento – obbligazionarie o azionarie – il fondo pensione non assicura una prestazione definita, per la semplice ragione che l’esperienza insegna che è molto difficile sostenerla, per chi poi deve erogarla, in un mondo complicato come quello in cui abbiamo la ventura di abitare.

Sicché nel nostro paese come altrove l’entità della pensione complementare è diventata molto difficile da calcolare. Così la previdenza pubblica è diventata un’altra cosa. E’ diventata imprevidenza.

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