Cronicario: Hillary Trump che in italiano si legge tramp

Riapro il cronicario dopo il solito malanno stagionale e che ci ritrovo? Trump e l’alter ego Hillary, il suo lato femminile, politically correct. Insieme fanno il sicuro vincitore di queste elezioni: Hillary Trump (qui di profilo da una foto dell’Economist).

hillary-trump

Mi ricordo che finalmente domani si vota negli Usa e così terminiamo di interessarci di una cosa sulla quale abbiamo influenza zero oltre al diritto di cianciare da lontano, come facevano una volta le servette coi vestiti della signora. Oggi ho visto persino un giornale dei nostri, di quelli scritti per farci sentire cool, che ha proposto un sondaggio per vedere come avrebbero votato gli italiani, col che superando qualunque soglia del ridicolo. In fondo li capisco, questi poveri giornalisti italiani. Che serve questo mestiere se manco puoi parlare delle elezioni americane? Hai visto mai una tua articolessa sposta un voto. Ma non negli Usa. In Italia.

Noto però una certa carenza di informazioni nelle pur nutritissime cronache che hanno accompagnato la noiosissima vicenda. Tutti hanno fatto i funamboli per illustrare i numeri e le misure di Hillary Trump. Ma a quanto ne so, nessuno ha pensato di usare il vocabolario per saperne di più. Sicché essendo giornalista anch’io – nessuno è perfetto – decido di servirmi di questo strumento per riferirvi una cronaca verissima sulla campagna elettorale e il suo esito prevedibile.

Ricordiamoci i proverbi. Nome omen. Ora molti di voi lo sapranno già, ma la gran parte no, perché i nostri giornalisti international si son guardati bene dal dircelo, ma Trump, in inglese, oltre ad essere il nome dell’alter ego di Hillary è sia un verbo che un sostantivo. Che purtroppo ha la fastidiosa caratteristica di avere anche significati opposti. Si usa per indicare una carta da briscola, oppure un jolly, alludendo alla possibilità di un trionfo, di una mossa risolutiva, che può anche essere considerata come l’ultima risorsa per vincere una partita.

Nell’uso colloquiale trump è persino un modo di caratterizzare una brava persona o un tipo in gamba, mentre nello slang degli sboccati indica un peto o l’attività dello scoreggiare. Sono certo che adesso abbiate più chiaro cosa stia succedendo negli Usa. Hillary Trump può essere il jolly della politica Usa, o la sua definitiva bolla d’aria puzzolente.

Intanto sentite che spara Bloomberg: una vittoria di Trump, Donald non Hillary, può affondare il dollaro:

trumpe-e-il-dollaro

Inutile chiedersi perché.

Più interessante chiedersi com’è che noi italiani, esperti traduttori dei comportamenti altrui, abbiamo ignorato l’autentico significato di Trump. Il problema, mi sono detto, deve essere dipeso dalla pronuncia. Perché si scrive Trump ma si legge tramp, che – non ci crederete – ma significa un’altra cosa. Anzi diverse che sono insieme sostantivi e verbi. Il sostantivo indica un poveraccio, un vagabondo, un barbone, che non ha i soldi per far nulla ed è pure disoccupato, che va a zonzo chiedendo soldi a quelli che incontra. Il verbo poi significa fra le altre cose fare lunghe passeggiate con passo pesante. Andare di qua e di là. Temo che tramp piaccia assai meno di Trump, che pure non piace affatto. Chiaro che non se ne parli.

E a proposito di tramp, leggo sulla Reuters che il governo italiano dirà no all’inserimento dei fiscal compact nei trattati europei, che immagino sia la via italiana alla Brexit, che insieme a Trump the trump(et), impegna orde di commentatori. Nel frattempo, alla faccia di Trump, del governo anti fiscal compact e dei commentatori, la sterlina low cost si gode il suo cambio ideale.

sterlina-low

Sarebbe saggio occuparsi di cose reali, mi dico perciò già stufo a metà pomeriggio. E mi incoraggia questo grafico preso da McKinsey.

contributo-al-digitiale

In pratica noi italiani spuntiamo l’ennesimo primato già ad inizio settimana. Abbiamo il più basso livello di contributo del digitale al pil dei paesi censiti. Che significa? Significa che da noi i soldi e la crescita arrivano assai poco dalla rete. Siamo vagamente premoderni, quindi quelli come me che vogliono campare scrivendo su internet sono fuori di testa. Dovrei emigrare in UK.

Di fronte a questa situazione mi dovrei sorbire le audizioni dei mandarini di Bankitalia e della Corte dei conti sulla legge di bilancio italiana? Fossi matto. Emigro, ma sul serio.

Purtroppo solo on line, ma meglio di niente. Schivata Hillary Trump, mi rimane solo la Cina, gioia e dolore del XXI secolo, dove scovo una di quelle notizie che bisogna proprio cercarle. La Cina ha fatto una legge sull’industria cinematografica. Non ci crederete, ma il punto qualificante è che la norma prevede punizioni esemplari per chi falsifica i dati del botteghino.

cina-cinema

 

Si possono pure inventare i film. Ma mica delle storie sugli affari.

Leggendo la nota ho scoperto che la Cina è il secondo produttore cinematografico al mondo dopo gli Usa, ovviamente, ben saldi in prima posizione. Avere numeri corretti su vendite e botteghino serve ad avere un mercato sano e in crescita, ha spiegato uno dei burosauri dello Shanghai film group. La Cina si prepara all’ennesima sfida agli Usa, a quanto pare, e ha un asso nella manica. Anzi: un trump.

A domani.

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  1. vincesko

    Salve,
    Traggo dall’articolo della Reuters la seguente dichiarazione del PdC Renzi: “Monti, Bersani e Brunetta ci hanno regalato il fiscal compact”.
    E’ una mezza verità (secondo un proverbio ebraico, le mezze verità equivalgono a bugie intere, che peraltro sono la specialità del nostro premier).
    Fu il debole Berlusconi, infatti, nel Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011, a negoziare e ad accettare il fiscal compact (che peraltro fu resa condizione necessaria per poter beneficiare, ove occorresse e lo si richiedesse, dell’aiuto del MES), poi votato e introdotto in Costituzione nel 2012 durante il governo Monti, col voto favorevole di PDL, PD e Scelta Civica.
    CONSIGLIO EUROPEO 24 E 25 MARZO 2011 CONCLUSIONI

    Fai clic per accedere a 120304.pdf

    "Mi piace"

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