La paghetta di cittadinanza

Pane e circo usavano gli antichi romani per tenere buona la plebe cittadina. Stomaco pieno e mente distratta, poco ma sicuro, sono il miglior viatico per una società tranquilla. E perciò anche oggi, che il circo del total entertainment è più sfavillante che mai, serve solo un po’ di pane – inteso come tutto ciò che serve per dirsi cittadini del nostro tempo – per impedire che una plebe sempre più hi tech si svegli dal torpore che le regala la rete. Basta guardarsi intorno. Milioni di occhi sono costantemente incollati sugli schermi degli smartphone guardando là dentro anziché la fuori, vittime di un incantamento che è troppo radicale per non essere sospetto. Quando si scopre con raccapriccio che i bambini sono le prede più indifese di questo incantamento – nessuno di loro riesce a sfuggire alla seduzione del telefonino di mamma o papà – diventa subito chiaro che siamo alle prese con qualcosa di più che una semplice tecnologia. Siamo finiti nel vortice di un cambiamento radicale delle nostre consuetudini il cui esito è ignoto a ognuno e però tutti ne subiremo le conseguenze.

A fronte di ciò non sorge alcuna forma di reazione, nemmeno dubbiosa. Digeriamo i nuovi modelli di smartphone con uno sguardo idiotizzato dal desiderio. Ascoltiamo estasiati dei progressi tecnici e non chiediamo altro che aumentino: più potenza di calcolo, più connessione, più, più più. Ma se chiedete a uno qualunque di quelli che vivono con gli occhi attaccati al computer da taschino cosa cerchino esattamente lì dentro, ascolterete solo una risposta: tutto. Ossia niente. La nientificazione del desiderio dissimulata dalla bulimia delle informazioni è l’esito finale di questo accecarsi davanti a schermi sempre più sottili. Volere tutto e saziarsi di questo desiderio, di fatto annichilendolo, al modico costo di un aggeggio e di una connessione, covando la speranza di entrarci dentro sul serio, come Alice dentro lo specchio. Tramutarsi nell’oggetto del desiderio di qualcun altro, sotto forma di bene di consumo, qualunque sia il tipo di consumo: artistico, professionale, sessuale.

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