Cronicario: Banche, c’è chi ci crede e c’è chi ci Creval

Proverbio dell’8 novembre Chi dice la verità non sbaglia

Numero del giorno 800.000 Posti di lavoro persi fra il 2007 e il 2015 secondo Confindustria

Lo dicevamo ieri: non c’è più trippa per banche. E oggi puntuale la conferma: non si finisce mai di soffrire. Sotto a chi tocca perciò.

E oggi è toccato al Creval che ha comunicato al mercato la buona novella di aver rettificato crediti per 386 milioni – le mitiche sofferenza bancarie – generando un bel buchetto da 402,6 nella sua ultima trimestrale, dopo aver scritto nel suo piano industriale fino al 2020 che servirà un ricapitalizzazione da 700 milioni per rimediare a questo capolavoro. Sempre nel piano c’è scritto pure che è prevista ancora pulizia sui crediti deteriorati fino a un massimo di 772,5 milioni. Grande successo in borsa: le azioni sono arrivate a perdere un 30% teorico. Le sofferenze sono sempre dolorose. Quelle bancarie in più costano un patrimonio. Peccato che non ce lo dicano mai.

Non c’è niente da ridere. Le banche sono come la squadra del cuore: ci si crede.

Per chi non crede c’è sempre il Creval. A questi dico: #statesereni: le sofferenze delle banche ci faranno compagna a lungo sfinendo quel che resta della nostra capienza fiscale. A proposito di sfinimento fiscale, grandi trame si tessono all’ombra dell’altro Grande Tema Nazionale che finirà col provocarci un altro salasso:

Mica avrete pensato che il Grande Tema fosse investire in intelligenza artificiale vero? Certo che no: sono le vecchie, carissime, pensioni che ogni anno da quando ho memoria fanno parlare di sé e ci regalano enormi soddisfazioni. E anche quest’anno non fa eccezione. Ho letto da qualche parte che la Camusso è infuriata col governo perché non si sbriga a concedere quello che i sindacati vogliono:

ma che in fondo vuole anche la politica.

Ma quello che dovete sapere è che ci sono persone che hanno idee diverse. Ad esempio oggi ho letto con grande piacere l’opinione di un eminente giurista che ha motivato con un argomento finalmente non economico perché è contrario alle pensioni. Mica perché mettono a rischio la sostenibilità del nostro debito pubblico, argomento che fa orrore a tante anime belle che teorizzano l’infinita disponibilità di denaro, ma perché – udite udite – mettono a rischio il matrimonio.

Così dice Sabino Cassese, intercettato a margine di un incontro alla Scuola S.Anna di Pisa: “Io sono convinto che nessuno dovrebbe andare in pensione. Mai. Ciò farebbe bene alle famiglie e ai matrimoni, ridurrebbe i litigi tra marito e moglie. Quando il marito sta a casa a lungo comincia a dare fastidio alla moglie e dunque ritengo che la pensione rovina i matrimoni. Mi rendo conto che questa mia posizione è piuttosto singolare, ma sono convinto che sia utile che ciascuno si mantenga costantemente in attività”. Neanche il vostro Cronicario sarebbe stato capace di tanto.

A domani.

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  1. gior

    Riferisco delle mie impressioni. Non capisco la ragione della tua acredine e indignazione verso la vicenda di questa banca in particolare. Se la banca-impresa non presta denaro non guadagna. Se la banca-impresa presta denaro puo’ guadagnare ma si espone alle perdite, soprattutto in un contesto di crisi industriale. Dietro un’attivita’ industriale possiamo immaginare grandi patrimoni privati ed equivalenti debiti bancari. Una banca e’ parte di un sistema finanziario e di regole sociali. Infatti e’ il sistema cioe’ l’insieme di pratiche, norme e convinzioni che e’ responsabile di certi scempi.

    Il tuo “non ce lo dicono mai”, mai, non a volte si a volte no, implica che le banche si comportano come una qualsiasi impresa privata che usa tutti i mezzi che ritiene opportuno per fare i propri interessi. Le banche come le imprese non sono un servizio pubblico (sebbene la retorica abbia da sempre teso a dare questo messaggio) e che rappresenta interessi collettivi ed al collettivo deve rispondere. Pero’ quando le banche perdono ritorna l’interesse pubblico e il nostro denaro.

    Ditemi se sbaglio perche’ non sono un esperto. La natura dell’attivita’ bancaria non e’ sempre stata quella odierna. Le banche sono imprese dal 1993 nel nome della necessita’ della concorrenza, cioe’ del mercato, cioe’ dell’utile (per i proprietari e i dirigenti, evidentemente). Insomma, vale quanto avvenuto dal 1981 per il rapporto tra banca d’Italia e stato. Con queste due mosse, 1981 e 1993, lo stato, cioe’ i governi, ha dato il via libera alla prevalenza dell’attivita’ speculativa e all’interesse privato sull’interesse collettivo nelle attivita’ finanziarie.

    Se si mette avanti a tutto la ricerca del profitto, cosa dobbiamo aspettarci? Infatti, soci proprietari e dirigenti delle banche, come abbiamo SEMPRE potuto vedere, anche in conflitto tra loro, sono impegnati a fare il massimo per guadagnare o a non pagare quanto devono, come succede spesso in tanti fallimenti d’impresa. Vizi privati, pubbliche virtu’. Quindi, mi sembra che questo sia il problema. O si fa in modo che l’attivita’ finanziaria abbia prevalente interesse pubblico o non possiamo sorprenderci per quanto succede oggi.

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    • Maurizio Sgroi

      salve,
      non ho nessuna acredine verso questa banca. è solo il caso più recente di un elenco assai più vasto. le banche sono imprese, per quanto peculiari, proprio come dice lei. e ha ragione quando parla di questione sistemica. quindi nessuna credine, ma solo cronaca un po’ scanzonata, com’è nello stile del cronicario, che, come suggerisce il nome, è una rubrica che elenca i mali incurabili (o quanto meno di lunga degenza) della nostra società. Le banche lo sono a pieno titolo.
      grazie per il commento

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