Il silenzioso rallentamento dell’economia cinese

I segnali si moltiplicano e ormai è diventato difficile non badarci più. Il disporsi di varie tendenze internazionali, che sono di natura sia economica che politica, ha aggiunto notevole pressione all’economia cinese che oggi si mostra ancora robusta ma con vari elementi di fragilità che si stanno sostanzialmente manifestando con un rallentamento incipiente della crescita. Una rapida ricognizione della Bofit, l’istituto di ricerca della Banca di Finlandia, aiuta a far la sintesi di queste tendenze internazionali che si aggiungono agli elementi di stress interni, che derivano essenzialmente dall’elevato livello di debito che l’economia ha cumulato negli ultimi dieci anni.

Questo, sommato con la guerra commerciale con gli Usa e le tensioni monetarie collegate al rialzo dei tassi americani, rende molto complicato mantenere i tassi di crescita ai quali la Cina ha abituato il mondo. Bofit, per esempio, ipotizza che la crescita rallenterà fino al 5% nel 2020, e questo malgrado “il robusto stimolo del governo per compensare gli effetti della guerra commerciale”.

E’ interessante osservare che il grafico ipotizza un andamento sostanzialmente costante del contributo del consumo interno alla crescita cinese. Il calo dipende innanzitutto dal raffreddarsi degli investimenti, che hanno animato la ripresa cinese all’indomani della crisi, e dall’export netto, ormai sparito. Ciò lascia ipotizzare che la transizione dell’economia cinese da economia fortemente dipendente dagli investimenti a economia “tirata” dai consumi interni è ancora lungi dall’esser completata.

A questo quadro, che potremmo definire insieme tendenziale e congiunturale, si aggiunge una cornice strutturale nella quale spicca la difficile situazione demografica con la quale la Cina dovrà fare i conti nei prossimi decenni, con una disponibilità decrescente di forza lavoro, come peraltro notato dall’ultimo World economico Outlook del Fmi.

La Cina potrà pure diventare una potenza globale entro i 2050, come ha promesso il Presidente Xi nell’ultimo congresso del partito comunista cinese. Ma questo non impedisce che la sua economia possa finire col somigliare sempre più a quella giapponese: lenta e pigra.

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