Nel cuore dell’Eurasia: L’ombra della Turchia sull’Asia centrale
Lasciamo per un attimo da parte l’evidente capacità di influenza di Russia e Cina sul mondo centro-asiatico, divenuto come abbiamo visto di nuovo una variabile rilevante all’interno del nuovo Grande Gioco euroasiatico in virtù della sua dotazione di risorse energetiche, che motiva un’importante rete di dotazioni infrastrutturali e ancor di più ne renderà necessarie in futuro.
Assai più interessante, perché poco visibile, è l’influenza che altri paesi stanno lentamente guadagnando nella regione, vuoi per la loro prossimità – ad esempio l’Iran, cui appartenevano molti di questi territori ai tempi dell’impero persiano – vuoi per le loro caratteristiche etniche e religiose, come la Turchia. Quest’ultima, a differenza dell’Iran, è di tradizione sunnita, come gran parte dei paesi centro-asiatici, e soprattutto esprime una prossimità etnico-linguistica con la regione centro asiatica che non ha meno peso di quella semplicemente geografica.
Proprio questa prossimità è stata lo strumento che ha consentito alla Turchia di proporsi come interlocutrice – una sorta di pone culturale – fra la regione e l’Occidente dopo il collasso dell’Unione sovietica, potendo contare sulla propria appartenenza alla Nato. Non a caso Ankara è stata il primo paese a riconoscere l’indipendenza di questi paesi dopo la fine dell’URSS.
Nei primi anni Novanta del secolo scorso, facendo leva sulla comunanza etnica, la Turchia promosse l’International Organization of Turkic Culture (1993), cui seguì, nel 2009, il Cooperation Council of Turkic Speaking States. Al tempo stesso furono intensificate le relazioni commerciali. Il volume degli scambi ormai sfiora i cinque miliardi di euro, collocando la Turchia al quinto posto fra i partner commerciali dopo l’Ue, la Cina, la Russia e la Svizzera. Si stima che le compagnie turche abbiano investito 13 miliardi di dollari nella regione, solo nel 2017, mentre il totale degli investimenti dovrebbe superare gli 86 miliardi.
Alcuni osservatori dubitano che questo sia bastato a realizzare l’idea di una Turchia ponte fra Asia centrale e Occidente. Ma questo non vuol dire che la Turchia sia meno strategica di prima nei confronti di questa regione. Basta cambiare il punto di osservazione. Non più una Turchia ponte fra centro-Asia e Occidente, ma una Turchia come ponte fra centro-Asia ed Eurasia.
Questa possibilità, che procede di pari passo con l’infittirsi delle relazioni turche con Russia e Cina, viene perseguita concretamente dalla Turchia, che continua a praticare una politica, nei confronti dei paesi della regione, strutturata lungo alcune coordinate, fra le quali spicca quella di proporsi come terminal per le loro forniture energetiche verso Occidente. Ruolo che la Turchia ha capito essere, insieme alla sua appartenenza alla Nato, il modo migliore per rendersi indispensabile.
Anche in questa partita, insomma, l’energia gioca un ruolo importante. Sia perché la Turchia ha bisogno di importare molto petrolio e gas. Sia perché in Turchia arrivano molti gasdotti e oleodotti. Fra questi è molto nota la Baku-Tbilisi-Ceyhan oil pipeline, fortemente sponsorizzata dall’allora presidente Usa Clinton, che aveva lo scopo di creare una via dell’energia verso il Caspio capace di insidiare la preponderanza delle forniture russe verso l’Europa.
A questa infrastruttura si aggiunge la Baku-Tbilisi-Erzurum gas pipeline, conosciuta la South Caucasus Pipeline, anch’essa fuori dall’orbita russa e parte integrante dell’European Southern Gas Corridor. Al contrario, il gasdotto Turkstream, che conduce gas russo in Turchia e in Europa evitando l’Ucraina, e il Tanap (Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline (TANAP), ricadono pienamente nell’orbita russa, con ciò manifestandosi anche nelle infrastrutture la capacità turca di servire i propri interessi insieme a due vocazioni diverse fra le quali però quella orientale appare sempre più determinante.
In questo “orientarsi”, la partita centroasiatica ha un ruolo importante. Kazakhstan e Turkmenistan contribuiscono già, anche se con pochi volumi, alla BTC pipeline. Ma lo sviluppo della Trans-Caspian pipeline, pensata per portare il gas turkmeno a Occidente, potrebbe diventare un importante tassello strategico per il Tanap. Questo spiega perché l’infrastruttura, per la sostanziale avversione di Russia e Iran, non sia divenuta ancora una realtà. E perché la Turchia abbia ancora un ruolo importante da giocare.
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