Monete digitali, fra i due litiganti (Usa e Cina), gode l’Ue

La notizia era nell’aria da diverso tempo, ma adesso è ufficiale: la Bce, presentando un rapporto dedicato alle Central Bank Digital Currency (CBDC), ossia le monete digitali di banca centrale, ha detto di essere pronta ad emettere un euro digitale. Le sperimentazioni cominceranno presto, ma intanto partirà una campagna di ascolto presso il pubblico, visto che, come ha ricordato la presidente della Bce Christine Lagarde “l’euro appartiene ai cittadini e noi dobbiamo essere pronti ad emettere un euro digitale qualora se ne ravvedesse a necessità”.

L’annuncio della Bce è arrivato proprio mentre il Consiglio europeo era impegnato in una discussione sul futuro strategico dell’Ue. Non a caso, visto che fra le coordinate strategiche dell’Ue viene individuata anche una maggiore diffusione internazionale dell’euro. A tal proposito, ha detto il componente del Comitato esecutivo della Bce Fabio Panetta “l’introduzione di un euro digitale sosterrebbe la spinta dell’Europa verso la continua innovazione, contribuendo alla sua sovranità finanziaria e al rafforzamento del ruolo internazionale dell’euro”.

Fin qui la cronaca. Ma per cogliere il significato politico di questa innovazione economica, bisogna ricordare due cose. La prima è che molte banche centrali in tutto il mondo stanno sperimentando questa tecnologia, e alcune – in particolare quella cinese – in fase molto avanzata. La PBOC è impegnata in una sperimentazione che coinvolge alcune città e diversi giganti economici cinesi, da specialisti dell’e-commerce fino a campioni dell’hi tech. Questo mentre negli Usa il mese scorso Lael Brainard della Fed, definiva “essenziale che la Federal Reserve rimanga sulla frontiera della ricerca e dello sviluppo delle politiche in materia di CBDC”. Lo scopo è chiaro, bisogna che le banche centrali offrano “un equivalente digitale del contante”, che funzioni per il momento “come complemento”.

Questo ci conduce alla seconda cosa da ricordare: la natura di una moneta digitale di banca centrale. Tecnicamente si tratta dell’equivalente di una banconota – ossia di un debito diretto della banca centrale – ma in formato de-materializzato. Quindi è uno strumento concepito per esistere in un qualche tipo di wallet, come un Bitcoin o una Libra.

A differenza del denaro elettronico – che è quello che usiamo con le carte di credito o di debito – il denaro digitale non è intermediato dal sistema bancario, ma corrisponde a un credito diretto nei confronti della banca centrale, proprio come una banconota. Perciò tutti i soggetti possono avere denaro digitale pure senza avere denaro elettronico. E’ sufficiente alimentare il wallet trasformando euro analogici in euro digitali. Un po’ come facciamo adesso quando ricarichiamo il telefono comprando in contanti dal tabaccaio una tessera di ricarica.

Per questo i sostenitori delle CBDC sottolineano l’inclusione finanziaria fra i vantaggi di questa tecnologia. Ce ne sono altri: si possono iniettare denari freschi direttamente nelle tasche dei cittadini titolari di conti in moneta digitale senza passare dalle banche. Il che in tempi di emergenza economica da pandemia sarebbe una notevole facilitazione per i governi che vogliano sussidiare i propri cittadini. Non mancano i lati negativi. Uno per tutti: a differenza del denaro analogico, quello digitale è completamente tracciabile. Problema non da poco.

Rimane sul tappeto la questione più squisitamente politica. Mettere fra le coordinate dell’autonomia strategica dell’Ue la diffusione dell’euro significa candidarsi a un ruolo di concorrente del dollaro nel grande gioco valutario internazionale dove la valuta americana è egemone. Quindi che l’Europa vuole tentare di cambiare la fisionomia della globalizzazione attuale, di marca statunitense, della quale la moneta (il dollaro) è uno dei lineamenti. E quindi assurgere, fra i due litiganti, ossia Usa e Cina, come un grazioso terzo incomodo. Vaste programme.

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