Geopolitica ed energia: fra sinestesia e storia
Nei giorni scorsi sono stato invitato a offrire un contributo a un corso su Geopolitica ed Energia che si sta svolgendo presso la facoltà di Scienza politiche dell’Università Roma Tre. Una splendida occasione per ragionare non soltanto su un tema strategico del nostro tempo – d’altronde l’energia nelle sue varie forme lo è stata in ogni tempo – ma anche del modo in cui costruiamo il nostro discorso sulle scienze sociali, che anche su questo blog ho iniziato a esplorare.
Mettere alla prova una metodologia su un campo specifico di osservazione è un boccone appetitoso per ogni studioso, quindi comprenderete bene il mio entusiasmo.
Il video che trovate nel link sotto è il frutto di questa riflessione, che partendo dalla semantica, spiega in pratica cosa vuol dire usare la sinestesia per osservare i fatti di una società e conclude con l’applicazione del metodo a un caso che ho definito di “geopolitica estinta”, ossia la storia dell’oro bianco, meglio conosciuto come sale.
Ce n’è abbastanza per concludere ricordando la legge della conservazione dell’energia, che la fisica ci ha spiegato ormai da alcuni decenni, e domandandosi quanto la nostra capacità di inventare nuove forme di “cattura” e distribuzione dell’energia, che abbonda nel nostro mondo, dipenda dal modo in cui percepiamo e ragioniamo sui problemi concreti.
Per dirla diversamente: ragionando in maniera causalistica, secondo l’insegnamento degli scienziati del Seicento, siamo arrivati sulla Luna e oltre. Dove possiamo arrivare se impariamo a ragionare sinesteticamente?
Ai poster l’ardua sentenza, diceva il poeta.
Buon ascolto.
Geopolitica dell’energia: fra semantica, sinestesia e storia.
La differenza che intercorre tra le scienze naturali e le scienze sociali ha la sua matrice categoriale nella polarità tra libertà e necessità.
Sennonché il nucleo concettuale dell’idea di libertà non consiste nell’assenza di condizionamenti da parte di forze esterne all’individuo, ma nella capacità, che l’individuo può acquisire, di dominarle per farle agire secondo i suoi fini. Orbene, nel caso del controllo sulla natura questo si restringe necessariamente all’intervento spaziale e temporale sulle relazioni e sulle strutture di relazioni senza però la posssibilità di modificare né le relazioni elementari né le loro leggi (Bacone osservava giustamente che “natura non nisi parendo vincitur”); viceversa, nel caso dell’intervento su una realtà sociale questo può spingersi fino alla modificazione delle relazioni sociali elementari e delle loro leggi (naturalmente non in modo arbitrario ma in base a particolari condizioni di possibilità storiche). Rispetto alla necessità, invece, bisogna distinguere tra necessità naturale e necessità storica. La prima implica precisamente la non modificabilità delle relazioni naturali elementari e delle leggi naturali ed è quindi, in quanto tale, assoluta; la seconda invece è una mera necessità ipotetica, cioè una condizione storicamente necessaria per raggiungere una certa finalità (ulteriore sviluppo delle forze produttive, superamento di una contraddizione ecc.). Quanto alla sinestesia, si tratta di un fenomeno di interconnessione neurologica a mezza strada tra la sfera percettiva e la sfera cognitiva, che oggi viene stimolato (ma anche limitato) dall’uso delle tecnologie digitali, laddove il vero obiettivo è quello posto dalla dialettica, che lo raggiunge grazie alla corretta articolazione tra la fenomenologia, l’aporetica e la sintesi, fermo restando che solo quest’ultima è in grado di cogliere il ‘punto magico’ dell’unione dei contrari.
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