La crisi demografica prepara il secolo africano

Se l’economia fosse fisica, sarebbe difficile se non impossibile sfuggire al peso gravitazionale della demografia. Se l’economia fosse fisica, perciò, il pregevole lavoro di ricerca pubblicato dal NBER che si interroga sui futuri poteri globali dovrebbe fatalmente concludersi con la fondata previsione che il peso della massa africana, non più solo territoriale ma ormai anche demografico, sarà l’evento che condurrà l’umanità, ormai nel secolo XXII, all’alba del secolo africano. Il grafico sopra, infatti, ci racconta che l’Africa Sub Sahariana (SSA, ndr) sarà l’unica che conoscerà una crescita significativa della popolazione.
Ma poiché l’economia non è fisica, e la popolazione si pesa assai più di quanto si conti, nello studio in questione questa rimane solo una possibilità, ben lungi dall’essere una fondata previsione. Perché se è chiaro che il declino dell’Occidente, che ha celebrato nel XX secolo il trionfo americano, si è contagiato all’Oriente, che ha consumato il suo XXI secolo insieme alla sua popolazione – con la notevole eccezione dell’India -, non è altrettanto chiaro come Oriente e Occidente, ormai in gran parte popolati da anziani, decideranno di gestire le popolazioni africane, che finiranno col somigliare sempre più alle orde di cui ci raccontano certe cronache del tempo di mezzo.

A meno che, e questo è il grande interrogativo al quale il secolo XXI si incaricherà di rispondere, l’Africa, che è un universo assai più di quanto sia un continente, non si dimostri capace di trasformare il suo principale vantaggio competitivo – una popolazione giovane – in uno strumento di aumento della produttività tale da lasciare indietro i vecchi campioni. Detto facilmente, l’Africa potrebbe essere per l’Asia ciò che l’America fu per il Regno Unito nel secolo XX.
Quanto sia probabile questo scenario è roba che fa luccicare gli occhi agli economisti, come sempre ottimi giocolieri quando si tratta di far rotolare qualche numero. E vale la pena riportarli, questi calcoli, non tanto perché siano fondati, quanto per dare un’idea di quello che potrebbe essere l’Africa se solo la smettesse di essere l’Africa che conosciamo. Il che ovviamente è facile a dirsi, ma assai meno a farsi. La storia si è incaricata di insegnarci quanto sia complesso e davvero di lunga durata il processo che trasforma una società.
Nulla però ci vieta di sognare. Ed ecco perciò le previsioni estratte da un volenteroso modellino matematico, che quindi vale nei limiti delle sue assunzioni fra le quali si segnala la caratteristica che gli agenti economici che lo abitano abbiano figli e possano vivere fino a 100 anni. E scusate se è poco.
In questo mondo immaginario, se la produttività rimanesse quella osservata nel 2017, nel 2100 l’India genererà un terzo del prodotto globale e la Cina quasi un quarto, con l’Occidente ormai in conclamato declino. Ma se – ed è un grande se – gli indici di produttività cambieranno seguendo la distribuzione della popolazione – quindi cresceranno dove la popolazione aumenta – l’Africa Sub-Sahariana conoscerà finalmente le stelle, con India e Cina a sommare un povero 16 per cento del prodotto globale a fronte del 17 per cento che collocherà gli africani in cima alla classifica. Noi Occidentali, in tutto questo, ci godremo la meritata pensione. O almeno speriamo.