I partecipanti e i fantasmi

In Italia il rapporto fra la forza lavoro e la popolazione in età lavorativa è circa 0,65, che equivale a un tasso di partecipazione al lavoro del 65 per cento. Questo significa, in pratica, che solo il 65 per cento di quelli che potrebbero lavorare partecipa al mercato del lavoro. Laddove partecipare non vuol dire che siano tutti occupati, ma che almeno siano iscritti alle liste di disoccupazione. Questi ultimi individui pesano circa 8 punti. Ciò vuol dire che gli occupati sono più o meno i 57 punti mancanti.

La notizia però non è tanto quanto pesino i partecipanti, quanto quel 35 per cento di non partecipanti che compongono la popolazione in età lavorativa, fissata convenzionalmente fra i 15 e i 64 anni. Costoro, non risultando come forza lavoro, perché né occupati né disoccupati, sono i fantasmi del mercato del lavoro, al quale risultano letteralmente invisibili. Molti di loro sono studenti, ovviamente. Ma neanche troppi. Abbiamo anche il triste primato dei Neet. E allora cosa fanno? Meglio ancora: come vivono? Saranno pure fantasmi, ma devono pur nutrirsi anche loro.

Ciò per dire che i disoccupati sono certamente un problema, ma almeno li conosciamo. Ma forse il problema più grosso sono gli altri. Che conosciamo per sottrazione, ma di cui non sappiamo nulla.

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  1. Francesco Barone

    L’esistenza ed il mantenimento in vita comportano una sorta di diritto naturale per ogni persona al sostentamento tuttavia in alcuni casi, volendo essere un po’ più rigorosi, si potrebbe applicare la “regola”, richiamata da S. Paolo apostolo nella 2a lettera ai Tessalonicesi (2Ts 3, 10), secondo la quale : “chi non vuole lavorare neppure mangi”.

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    • Maurizio Sgroi

      salve,
      che poi mi sembra sia stata riecheggiata molti secoli dopo in una delle tante costituzioni materiali che hanno animato la fondazioni di nuovi stati: quella bolscevica. Tanto per osservare come siano carsiche e sorprendenti le correnti della storia.
      grazie per il commento

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  2. Eros Barone

    Quella che manca nell’articolo è un’analisi del mercato del lavoro che tenga conto non solo degli occupati, dei disoccupati e degli inoccupati, ma anche della composizione maschile/femminile, autoctoni/immigrati e, ‘last but not least’, lavoratori contratto/lavoratori in nero esistente nel mercato del lavoro. Fondamentale è poi il cosiddetto “esercito industriale di riserva” e la funzione di spinta verso il basso che esso esercita sul monte-salari della forza-lavoro occupata. Riguardo poi alla categoria dei cosiddetti ‘Neet’ (alias “bamboccioni”), tanto cara ai ‘mass media’ e ai politici in virtù della sua capacità di slegare il nesso causa-effetto alla base del fenomeno, vi è da dire che si tratta in tutta evidenza di ragazze e ragazzi che sono in cerca di un’occupazione, che spesso lavorano in nero o che, nel caso delle donne, sono costrette a rimanere a casa per mancanza di lavoro o per sopperire alla mancanza di servizi sociali. La sfida che si pone è allora quella di creare un fronte unito che sappia collegare non solo disoccupati e neo-disoccupati, ma anche chi è dentro il mercato del lavoro e, a causa della crisi, è maggiormente ricattato, costretto a turni massacranti e orari di lavoro impossibili. E la parola d’ordine del “lavorare tutti, lavorare meno” è, in tal senso, l’unica che permetta di connettere il mondo del lavoro con il mondo del non-lavoro.

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