Cartolina. L’autoimmobile

Le infinite giaculatorie sulle sorti magnifiche e progressive del settore automobilistico che ci tocca perfino augurarsi, vista la rilevanza per il nostro sistema produttivo, trascurano di guardare con occhio spassionato i dati che raccontano di una crescita costante del parco auto in Italia, in barba al fatto che siamo sempre meno e sempre più vecchi. Sembra che gli italiani invece di decidere di fare un figlio scelgano di comprarsi un’auto, che sicuramente ha più incentivi. Tanto è vero che il numero di auto ogni 100 abitanti è passato da meno di sessanta a 70 in un quarto di secolo. A cosa ci servono tutte queste auto? Servono di sicuro all’industria pubblicitaria, visto che in media uno spot su tre che vanno in tv racconta di automobili, servono ai politici a corto di visione, che preferiscono prosciugare le risorse del presente per tenere in piedi il passato anziché progettare il futuro, e servono ai produttori, ovviamente, compreso il mitico indotto. Dulcis in fundo, servono al consumatore che dentro la sua bella auto nuova, pagata in media da uno o tre anni di stipendio, può consolarsi della sua vita grama imbottigliato nel traffico. Perché davvero ormai l’automobile non ci porta più in nessun luogo. Ci tiene ancorati al passato. E’ un ‘autoimmobile.

Il dottor Sgroi potrebbe fornire anche i dati relativi agli incidenti stradali quale ulteriore conferma del sacrosanto messaggio di allarme che ci invia in questo suo ‘post’. Alla luce di tali numeri, non vi è dubbio che emergerebbe l’importanza di incentivare nel nostro paese il trasporto su rotaia rispetto al trasporto su gomma non solo per quanto riguarda la mobilità delle persone, ma anche per quanto riguarda quella delle merci: i vantaggi in termini di sostenibilità ambientale, risparmio economico e spinta propulsiva per le aziende del settore sono evidenti agli occhi di tutti.Del resto, bastano questi dati a ridicolizzare coloro che, come la quasi totalità dei ‘mass media’, affrontano un processo, che è sociale ed oggettivo, come se si trattasse della risultante di scelte individuali più o meno corrette e di comportamenti più o meno trasgressivi, laddove, esattamente al contrario, tale processo è frutto di uno sviluppo economico distorto imposto al nostro paese dalle classi dominanti e basato su una delle forme più selvagge di motorizzazione privata che esistano nel mondo capitalistico.
La verità, che gli inviti alla prudenza e all’osservanza delle norme del codice stradale scritti sui tabelloni elettronici (o espressi da moralisti a buon mercato) non possono in alcun modo mascherare, è che, potendosi calcolare anticipatamente, per ogni settimana e per ogni giorno, il numero dei morti e dei feriti, gli incidenti automobilistici e motociclistici sono più che incidenti (in altri termini, cessano di essere qualcosa di incidentale o di accidentale): essi fanno parte della necessità omicida che mantiene alti i profitti. La preferenza per le automobili private anziché per i trasporti pubblici, per le autostrade anziché per le ferrovie, per le motociclette anziché per le biciclette, non dipende semplicemente dalla scelta dei consumatori, ma è dettata e imposta da una realtà sociale che ha la sua forza motrice nella spinta verso il plusvalore, anche se la conseguenza è una ‘guerra civile’ che, nell’arco degli anni, comporta centinaia di migliaia di morti e milioni di feriti (ossia lutti, danni e costi per l’intera collettività nazionale). Sennonché, come è evidente, dal momento che un modo razionale e umano di trasporto costituirebbe una minaccia per l’accumulazione capitalistica, si preferisce conservare un modo irrazionale e disumano. Inoltre, come se non bastasse, a ribadire l’impotenza del singolo individuo contro questa situazione sociale interviene il gioco perverso dell’ideologia più menzognera, che consiste nel far credere che il colpevole sia il guidatore e che certi miglioramenti dei dispositivi di sicurezza o certi inasprimenti delle sanzioni possano sanare una situazione del traffico sempre più barbara e abnorme (a che altro servono i ‘suv’ se non a garantire una maggiore capacità di attacco e di difesa in una circolazione stradale che si configura come un rodeo quotidiano?).
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