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La Bis lancia la sfida per il futuro del sistema monetario internazionale

La notizia, come dicevano i giornalisti di una volta, la trovi sempre alla fine. E in effetti dopo aver scorso la trentina di pagine che compongono uno dei capitoli della relazione economica della Bis di Basilea, la notizia diventa evidentemente chiara: “La Bis – recitano le ultime righe della conclusione – non sta soltanto teorizzando, ma sta lavorando con le banche centrali per sviluppare questa idea (…). Le banche centrali e gli innovatori del settore privato stanno traendo spunto dagli insegnamenti tratti da questo lavoro per costruire il futuro sistema finanziario”. Nientemeno.
Per comprendere quale sia l’idea a cui fa riferimento la Banca e le sue conseguenze dobbiamo inerpicarci sulle cime remote dove abitano i sistemi dei pagamenti e prendere confidenza con una parola che ormai fa parte del nostro lessico quotidiano, ma della quale molti non hanno ancora ben chiaro il significato preciso: tokenizzazione. Cosa significa?
Sfogliando i documenti della Banca troviamo una definizione abbastanza chiara: “Rappresentazione digitale di beni su piattaforme programmabili”. Detto diversamente, un token rappresenta un oggetto, nel nostro caso un asset finanziario, che può essere integrato su una piattaforma informatica, magari una blockchain, e quindi gestito al suo interno.
Nel caso del progetto al quale la Bis e i suoi partner stanno lavorando i token provengono da tre grandi categorie, definite “la triade”. Le riserve delle banche centrali, la moneta emessa delle banche commerciali e, dulcis in fundo, i titoli di stato. Tutti gli oggetti della “triade” vengono tokenizzati e inseriti su un registro unificato, che ha il pregio di voler mantenere gli elementi fondamentali di un sistema monetario solido, che come sappiamo si basa sulla fiducia nella moneta di banca centrale, e quindi, indirettamente sulle banche centrali.
Per non ripetere cose già scritte in passato, quando abbiamo analizzato la logica di funzionamento di un bilancio di banca centrale, qui ci limitiamo a ricordare che gli elementi della triade – moneta di banca centrale, moneta commerciale e titoli di stato – compongono di fatto il sistema monetario internazionale, che funziona in quanto garantisce la funzionalità dei pagamenti, sia nazionali che internazionali, grazie agli strumenti forniti dal sistema dei pagamenti.
Il sistema monetario internazionale, quindi, si compone di due grandi oggetti: innanzitutto la moneta che vi circola. E poi le “strade” attraverso le quali questa moneta circola. La moneta è fornita dagli stati. Le strade sono costruite dalle banche centrali e dalle banche commerciali. Dobbiamo ricordare questi elementi di base per apprezzare il contributo offerto dallo studio della Bis.
Il primo problema che bisogna affrontare, quindi, quando si parla di futuro del sistema monetario internazionale è che dentro il sistema deve circolare una moneta. E qui si apre la prima domanda: che tipo di moneta? Una volta questa domanda avrebbe avuto solo una risposta: la moneta nazionale emessa dalla banca centrale. Ma oggi il panorama è assai più complesso. Chiunque segua le cronache finanziarie ha ormai sicuramente dimestichezza con la parola stablecoin, e sa pure che la nuova amministrazione americana sta favorendo alcuni progetti di aziende statunitensi che mirano a promuovere una stablecoin agganciata al dollaro come alternativa allo stesso dollaro nei pagamenti transfrontalieri.
Non c’è da stupirsi, perciò, che lo studio della Bis dedichi molto spazio proprio alla questione delle stablecoins, che sono strumenti che insidiano la moneta di banca centrale, per la semplice ragione che somigliano a una moneta, ma non lo sono affatto. E per giunta non vengono emesse da una banca centrale, che al momento è l’unica entità capace di generare la fiducia sufficiente a dare stabilità a una moneta. “Sebbene le stablecoin, se adeguatamente regolamentate, possano eventualmente svolgere un ruolo secondario nelle retrovie del sistema finanziario, esse non garantiscono l’unicità della moneta (accettazione per il pagamento al valore nominale), l’elasticità (adempimento tempestivo delle obbligazioni, prevenzione di situazioni di stallo) e l’integrità (protezione contro i crimini finanziari). Pertanto, al di là della loro funzione di porta d’accesso all’ecosistema delle criptovalute, il loro ruolo futuro non è chiaro”, scrive la Banca.
Chiuso il discorso delle stablecoin, rimane solo il progetto della Bis, sicuramente sfidante. “La tokenizzazione dei depositi e della moneta della banca centrale implica che entrambe le funzioni della moneta della banca centrale come mezzo di pagamento primario e di regolamento dei pagamenti possano essere integrate sulla stessa piattaforma programmabile. Essa ha il potenziale per trasformare i mercati finanziari”, dice Hyun Song Shin, consigliere economico e capo del dipartimento economico-monetario.
Il direttore generale della Bis, Augustin Carstens è ancora più chiaro: “Il sistema monetario e finanziario di prossima generazione combina i principi consolidati della fiducia nella moneta delle banche centrali con la funzionalità offerta dalla tokenizzazione. Questo sistema è destinato a migliorare notevolmente le pratiche attuali e a consentire accordi economici completamente nuovi. Per realizzare il pieno potenziale del sistema sono necessarie azioni coraggiose da parte delle banche centrali, che devono collaborare con il settore privato e altre autorità pubbliche”. Per la cronaca, La BRI e le banche centrali stanno già promuovendo questa visione con il Progetto Agorá, una collaborazione guidata dalla BRI con sette banche centrali e 43 istituzioni del settore privato.
Ed ecco che la sfida lanciata dalla Bis e i suoi numerosi partner prende forma. Un sistema dove la “triade” tokenizzata circola dentro un registro digitale unificato, sotto la discreta sorveglianza del sistema della banche centrali, la cui “leadership è essenziale per liberare appieno il potenziale dei sistemi tokenizzati in modo sicuro, efficiente e inclusivo”.
Il significato è chiaro. Non sarà la tecnologia a cambiare la natura e il ruolo della moneta. Ma saranno le banche centrali a usare la tecnologia per irrobustire la propria azione di governo della moneta. La digitalizzazione ha il vantaggio di poter consentire di “amalgamare” in token cose molto diverse fra loro. E questo implica che avrà sempre più importanza, nel sistema monetario internazionale, non tanto il tipo di moneta che circola, ma il sistema che le consente di circolare. E se ricordiamo che la moneta si associa a uno stato e il sistema dei pagamenti a una banca centrale, diventa chiaro da dove spiri il vento.
Rimane da capire se sarà l’evoluzione della moneta o quella del sistema dei pagamenti a guidare il futuro del sistema monetario internazionale. Ossia se saranno gli stati oppure le banche. Sempre che le monete digitali private non ci mettano lo zampino.
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