I crediti “invisibili” della Banca centrale

Se i debiti di una banca centrale sono i crediti dell’economia reale, pubblica e privata, cosa sono i suoi crediti? La risposta più semplice, che in fondo non è così distante dalla realtà, è che i crediti di una banca centrale sono i debiti dell’economia reale. Questo innanzitutto per un principio di identità contabile, visto che il bilancio di una banca centrale non è diverso, almeno nella logica di costruzione, da quello di una qualsiasi azienda. Ma poi anche di sostanza. Se l’economia ha bisogno dei debiti della banca centrale (BC) per poter funzionare, almeno nello schema semplificato che abbiamo estratto da uno studio della BoE, al tempo stesso la BC ha bisogno dei debiti dell’economia reale per bilanciare i suoi. In sostanza, come un qualunque azienda, deve avere degli asset.

La differenza fra un BC e una qualunque azienda risiede nella peculiarità dei suoi asset (vedi schema). Converrà quindi esaminarli uno ad uno. Il primo, probabilmente noto a tutti, è l’oro, retaggio per le banche centrali più antiche, del vecchio gold standard, quando le riserve auree erano la base della circolazione delle banconote. L’oro è stato demonetizzato alla fin degli anni ’70 del secolo scorso, al termine di una lunga fase di instabilità innescata dalla fine del sistema di Bretton Woods decisa dagli Usa il 15 agosto 1971. Ma l’oro è rimasto, e in alcuni casi – tipo la Fed, ma anche la nostra Bankitalia – in quantità rilevanti.

Pure se non svolge alcuna funzione monetaria – nel senso che l’emissione di moneta non dipende più dalla quantità di riserve auree – l’oro rimane comunque un asset che deve essere in qualche modo contabilizzato. Il sistema contabile IFRS, cui diverse BC fano riferimento, sottolinea che l’oro deve essere considerato come una commodity e non come uno strumento finanziario. E in mancanza di determinazioni più precise, le BC hanno adottato diversi metodi per quantificarne il valore. A tal fine molte distinguono fra oro monetario, che ha un grado di purezza del 99,9% – che viene inserito fra le riserve monetarie, e oro non monetario. Alcune valutano l’oro monetario al costo, altre al prezzo di mercato. L’oro non monetario è più comunemente valutato al costo. Questa pratica di valutare l’oro al costo genera problemi di vario genere quando si decide di rivalutarlo. In particolare su come considerarne i profitti ai fini della distribuzione dell’utile.

La seconda voce importante, che insieme all’oro alimenta le riserve della BC sono le valute estere. Anche ai tempi del Gold standard c’erano le riserve in valuta, e ancor di più quando negli anni Venti del XX secolo si affermò il Gold exchange standard. Ancora oggi, molte BC inseriscono nel bilancio le loro riserve in valuta estera che, fra le altre cose, giovano ai loro scopi di politica monetaria – ad esempio quando intervengono sul mercato dei cambi – e quindi generano potenziali guadagni e perdite per i conti dell’istituto.

Anche per questi guadagni e perdite, funziona però la regola del sottosopra che, come abbiamo visto, caratterizza la BC. “Gli effetti di questi movimento possono essere controintuitivi”, scrive la BoE e un esempio chiarirà subito il perché. Se una BC è brava a fare il suo lavoro, e quindi magari impedisce all’inflazione di superare i target, è facile che la valuta nazionale rimanga stabile o tenda pure a rafforzarsi. Questo significa che la BC perde sulle proprie riserve estere, che si svalutano rispetto alla valuta nazionale. E’ ciò che la teoria chiama una “good loss”, visto che è un segnale di forza dell’economia. Al contrario, se la valuta nazionale si svaluta, la BC guadagna sulle riserve estere. In questo caso si parla di “bad profits”. Ciò rende alquanto complesso dare a queste perdite o guadagni il giusto senso contabile. Se una banca centrale guadagna sulle riserve estere – e quindi la moneta va male – l’applicazione dei principi IFRS vorrebbe che questi guadagni fossero inseriti nel calcolo degli utili da distribuire. Così facendo si rischia di diminuire gli asset reali della banca proprio quando l’economia reale ne avrebbe più bisogno. Anche qui le varie BC hanno adottato soluzioni diverse al problema. L’Eurosistema, ad esempio, non conta le perdite o guadagni sulle transazioni valutarie a meno che non cambi il valore dell’intera posizione valutaria.

La terza classe di asset che dobbiamo considerare sono gli strumenti finanziari che le BC accumulano nei loro bilanci sul lato dell’attivo quando acquistano titoli sul mercato aperto. Questa pratica, che con l’inizio massiccio dei vari QE ha fatto esplodere i bilanci delle BC (vedi grafico) diventa sempre più strategica ai fini delle valutazioni dei bilanci delle BC. Come una qualunque banca, ma per fini assai differenti, la BC compra strumenti finanziari che deve valutare al costo o al fair value, e poi ne accumula altri, ad esempio quando effettua dei repo con le controparti finanziarie. A differenza di una banca normale, però, una BC deve tenere conto di alcune criticità. Fra queste la circostanza che una BC, proprio in virtù del ruolo che gioca sui mercati, può influenzarli sensibilmente. Se il mercato si accorgesse che una BC sta vendendo un certo asset, questo potrebbe indebolirlo, magari realizzando l’obiettivo opposto rispetto a quello che la BC voleva raggiungere.

Questo ci riporta alla vera caratteristica saliente degli asset della BC: questi ultimi devono essere invisibili. Devono esserci – e funzionare – come fantasmi all’interno dei mercati perché il loro scopo è esattamente all’opposto di quello dei mercati. Questi ultimi mirano al profitto, le BC alla stabilità finanziaria, pure a costo del profitto.

Il corollario di questo teorema ci conduce all’ultimo asset di una BC, che poi è quello che conta veramente: la credibilità, ossia l’asset intangibile (e invisibile) per eccellenza. Come ogni istituzione finanziaria, a cominciare dalle banche, anche le BC basano la loro capacità di lavorare sulla credibilità. Con la differenza che se una banca commerciale perde credibilità rischia di fallire. Se una BC perde credibilità non fallisce – le BC non possono fallire -: fallisce la moneta. Il che è come dire che tutti i debiti che in questa moneta sono espressi, a cominciare dalle banconote, perdono il loro valore. Ecco perché i crediti della BC equivalgono sostanzialmente oltre che contabilmente ai debiti dell’economia reale. Se fallisce la moneta, fallisce l’economia.

Il Paese di conseguenza.

(3/segue)

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  1. Gaia

    Ma.. questo blog è bellissimo! sono 4 anni che studio economia e nessuno è mai stato in grado di spiegarmi così chiaramente che cosa c’è nel balance sheet di una banca centrale!! grazie mille!

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    • Maurizio Sgroi

      salve,
      sono lieto che apprezzi questo lavoro. Se le capita, venga a visitare anche Crusoe, che è la nostra newsletter e se può ci sostenga. La buona informazione, così come la buona divulgazione, ha un costo di tempo che crediamo sia giusto venga sostenuto da chi ne fruisce.
      Grazie per il commento

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