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Bitcoin for dummies: La realtà della moneta virtuale

Abbiamo esplorato le basi filosofiche di Bitcoin/bitcoin, osservando quanto di non detto ci sia dietro ciò che è stato espresso dal manifesto di Satoshi. Quindi abbiamo assaggiato le basi tecniche della moneta virtuale: perché si connota come criptovaluta, cosa sia la blockchain, come e perché si sia scelto di costruire il sistema che sottostà alla sua circolazione. Ovviamente senza pretesa di essere esaustivi. Lo scopo di questa serie è quello di fornire ai lettori elementi di riflessione e alcuni percorsi di approfondimento, non certo dire tutto.

Rimane da fare il passo successivo, che forse è il più interessante. Vale a dire che tipo di realtà stia generando la moneta virtuale, quindi cosa sia accaduto nel sistema finanziario dal momento della sua comparsa, come stia evolvendo, e, soprattutto, come stia reagendo il resto del mondo alla sua apparizione.

A ben vedere, questa è forse la parte più interessante. Sappiamo già che molti regolatori – e segnatamente alcune banche centrali – si sono interessati a Bitcoin/bitcoin e che il tema della blockchain, ormai viene chiamata per quel che è, ossia un libro mastro digitale distribuito pubblicamente, sta diventando, per motivi che vedremo, un argomento caldo ai piani alti della finanza.

Meno nota, ma non per questo meno interessante, è l’economia che è sorta in conseguenza della moneta virtuale o come l’avvento di Bitcoin abbia impattato sull’economia. Un dato, estratto da uno studio recente promosso dal governo inglese, ci dà una importante informazione: per far funzionare Bitcoin/bitcoin si consuma una quantità significativa di energia elettrica – d’altronde è una moneta generata dalle macchine tramite le macchine – addirittura comparabile a quello dell’intera Irlanda.

A parte questa notevole esternalità, che comunque implica guadagni per alcuni a fronte di spese per altri, Bitcoin ha stimolato numerosi a investire sulla tecnologia di mining – i nuovi minatori – che adesso devono spendere molti soldi, in potenza di calcolo e corrente elettrica,  per estrarre l’oro digitale dagli algoritmi di bitcoin. Poi ci sono compagnie che si sono specializzate nella fornitura di beni e servizi pagabili in bitcoin, e tutto un sottobosco di operatori che  forniscono a loro volta servizi per consentire agli user di scambiare bitcoin, e sorvoliamo sulla fiorente attività editoriale – per lo più e-book – che sono stati scritti dal 2008 in poi per spiegare e socializzare questa astruso sistema monetario alternativo.

La realtà della moneta virtuale, scopriremo, non è poi così diversa da quella che siamo abituati a frequentare. La corsa all’oro digitale, come ai vecchi tempi accadeva per l’oro fisico, ha attratto moltissime persone ansiose di far fortuna. E oggi come ieri, gli unici che sicuramente la faranno sono quelli che vendono pale, picconi e setacci, che ai tempi di bitcoin sono processori, sistemi di calcolo, ampiezza di banda ed energia. E poi ci sono le banche, che non solo hanno raccolto la sfida di bitcoin, ma pare stiano anche pensando a come servirsene per i loro fini.

Saremo pure entrati nell’era digitale. Ma siamo rimasti gli stessi.

(10/segue)

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Bitcoin for dummies: C’è Bitcoin e bitcoin

Rivoluzione è la parola parola più utilizzata nell’ampia trattatistica che ha per oggetto la tecnologia bitcoin. Si tratta di libri scritti per lo più da persone che operano con questa innovazione, giovani, fortemente orientate verso le materie matematiche e statistiche e con buoni background informatici, mentre la conoscenza dei fondamenti di economia non supera in gran parte dei casi la manualistica di base. Anche in questo caso, insomma, si replica quanto abbiamo visto a proposito del trading algoritmico: sono i geni del computer i protagonisti di questa sedicente rivoluzione, non gli economisti. Ciò non vuol dire che un pensiero economico non ci sia, anzi è parecchio interessante analizzarlo.

Prima però, è opportuno iniziare a schematizzare il percorso di questa ricognizione, individuando i fondamenti del sistema che bitcoin sta in qualche modo questionando, proponendosi come alternativa.

Il cuore della faccenda sta in un semplice gesto che facciamo ogni giorno: il pagamento per avere qualcosa. Questo gesto si esaurisce nel passaggio di moneta da una persona a un’altra, o perché ci ha venduto qualcosa o perché dobbiamo pagare una prestazione, o magari semplicemente le tasse. Questo gesto coinvolge due cose: una moneta, che deve essere scambiata, e una infrastruttura che rende possibile questo scambio di moneta.

Bitcoin si propone come un’alternativa alle tecnologie esistenti proponendo insieme una moneta, che si chiama bitcoin (scritto in minuscolo) e una infrastruttura, che si chiama Bitcoin (scritta in maiuscolo). Questa prima distinzione permette già di fare un primo passo che aiuta a dissipare tanta confusione. Quando si parla di bitcoin, infatti, è sempre opportuno chiarire se ci riferisca alla valuta o all’infrastruttura. Perché le due cose nascono insieme, ma non sono la stessa cosa. Oltre a bitcoin, infatti, possono esistere altre valute crittografiche – si chiamano criptovalute perché usano la crittografica per essere autenticate – che usano sistemi di funzionamento simili a quelli di Bitcoin. Ne trovate un breve elenco qui.

In questa differenza risiede il primo importante discrimine fra la tecnologia tradizionale, nella quale esistono diverse valute che condividono uno o più sistemi di pagamento, e quella “rivoluzionaria” proposta dal misterioso Satoshi Nakamoto, che nel 2008, in piena crisi finanziaria, registrò anonimamente il dominio bitcoin.org lanciando il suo manifesto di cui parleremo più avanti.

Per capire in cosa consista questa “rivoluzione”, di conseguenza, dobbiamo analizzare che tipo di moneta sia il bitcoin e che tipo di sistema di pagamento – ossia l’infrastruttura sui cui si veicolano gli scambi – voglia proporre Bitcoin. Quindi dobbiamo chiederci in cosa sia diversa questa tecnologia rispetto a quella consolidata e quali siano i presupposti economici, politici e persino filosofici sulla base dei quali questa innovazione vuole accreditarsi nei confronti della comunità internazionale.

Magari finiremo per scoprire che è bella, ma non ci piace.

O il contrario.

(2/segue)

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