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La difficile sfida che attende la manifattura dei paesi avanzanti

Si fa presto a dire riportare a casa la manifatture esportata all’estero. Ma poi si capisce che fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare della storia, che intanto è andata avanti e dovrebbe pure insegnarci qualcosa. Ossia che si può anche decidere di tornare a produrre scarpe da tennis e magliette in casa propria, trascurando il fatto che questo contraddice qualunque logica economica, solo per dar soddisfazione ai produttori locali marginali, quelli che nella vita sognano di far cucire magliette a qualcuno. Ma poi c’è un prezzo da pagare, letteralmente. Nel senso che i prezzi di quella maglietta non potranno mai essere gli stessi di quelli della maglietta prodotta nel Sud Est asiatico, che intanto continuerebbe a produrle, se non per noi per qualcun altro.

Sicché alla fine dei conti, questo sogno di riportare la manifattura nei paesi ad economia avanzata dove le industrie manifatturiere esibiscono livelli di produttività tutt’altro che soddisfacenti e produzioni industriali palesemente declinanti, somiglia alla nostalgia dei vecchi, che rimpiangono il passato perché non sanno immaginare il futuro. E se ne infischiano se, rievocandolo e persino tentando di reificarlo, mettono in crisi il mondo intero.

I dati contenuti nell’ultimo WEO del Fmi mostrano questa chiara evidenza, circa le possibilità concrete dei paesi ad economia avanzata di restaurare la propria manifattura, o almeno un certo tipo di manifattura: è un’impresa molto difficile, vista la struttura economica che questi paesi hanno maturato nel frattempo, e anche sostanzialmente inutile. Difficile perché cinesi e vietnamiti sono probabilmente assai più dotati di noi di operai capaci di cucire scarpe o una borsa di lusso, e poi perché hanno un accesso privilegiato alle catene di fornitura per questi prodotti ( non solo per questi) che spesso partono proprio dai paesi avanzati.

Si tende a trascurare, o addirittura a disconoscere, per dirne una, che la Cina non produce così tanto solo perché ha tanti operai che costano meno di quanto costino in Occidente, ma perché è riuscita a integrare nel suo territorio intere catene di fornitura che gestisce dall’inizio alla fine. Il caso delle auto elettriche è esemplare. Ma anche quello dei pannelli solari o degli impianti eolici. E questo vale anche per molta della nostra manifattura, che abbiamo delocalizzato.

Nei giorni caldi della crisi commerciale su Tik Tok giravano dei divertenti video di produttori cinesi che offrivano a basso costo i prodotti di lusso realizzati per le grandi case europee ed americane. Una provocazione interessante e lo svelamento di un segreto di Pulcinella: ossia che il costo di produzione di questi gadget per ricchi occidentali era infimo rispetto a quello di produzione. Ma non era questa la notizia. Era il fatto che questi soggetti rivendicavano con orgoglio di poter disporre di artigiani bravissimi e di tutti i materiali necessari senza limiti. Quante delle nostre fabbriche, oggi, potrebbero dire la stessa cosa?

Si attendono risposte.