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Conto alla rovescia per l’euro digitale: si prepara un’altra rivoluzione monetaria

La data è stata fissata, si potrebbe dire riecheggiando una celebre serie televisiva del passato, che preconizzava un’invasione aliena. E in effetti c’è molto di alieno per il pubblico nel recente annuncio della Bce che se tutto va come dovrebbe, nel 2029 l’euro digitale farà capolino nei nostri wallet. Un’innovazione che solo pochi riescono ad apprezzare nella loro enormità.

L’euro digitale, in effetti, è un’autentica rivoluzione. E certo fa riflettere che l’Europa riesca ad esprimere le sue migliori capacità solo quando si tratta di innovare in campo monetario. L’ha fatto nel 2002, quando ha introdotto la prima moneta priva di uno stato emittente, emessa da un circuito di banche centrali. Lo farà presto emettendo la prima valuta digitale globale. Sempre che, ovviamente, la politica faccia la sua parte.

Nel lungo comunicato che annunciava la chiusura della fase di preparazione, iniziata nel 2023, la Bce spiega chiaramente che il presupposto dell’emissione dell’euro digitale nel 2029 è l’emissione della normativa da parte dei legislatori europei. Si tratta di approvare un regolamento molto complesso in tempo per arrivare, nel 2027, a far partire l’esercizio pilota che durerà molti mesi. I costi stimati per l’avvio dello sviluppo sono di 1,3 miliardi di euro che diventeranno 320 milioni l’anno per il funzionamento dell’infrastruttura necessaria a far circolare la nuova moneta digitale.

Rimane adesso da capire perché questa scelta sia stata ritenuta talmente necessaria che i leader dei paesi europei, nell’ultimo vertice di ottobre scorso, hanno chiesto alla Bce di accelerare i progressi nella digitalizzazione dell’euro.

La Bce spiega che “un euro digitale preserverà la libertà di scelta e la privacy dei cittadini europei e proteggerà la sovranità monetaria e la sicurezza economica dell’Europa. Promuoverà l’innovazione nei pagamenti e contribuirà a rendere i pagamenti competitivi, resilienti e inclusivi in Europa”. Per apprezzare questa dichiarazione bisogna analizzare le varie questioni connesse allo sviluppo dell’euro digitale.

Cominciamo da una distinzione fondamentale. L’euro digitale è moneta di banca centrale, esattamente come il contante che tenete nel portafoglio. La moneta che fate circolare attraverso un bancomat, una carta di credito o un assegno, invece, non è moneta di banca centrale, ma moneta bancaria. La prima è una moneta emessa da un’entità pubblica. La seconda è emessa da un soggetto privato. 

Se guardiamo alla quantità di moneta in circolazione, quella privata è molto più abbondante di quella pubblica. Ma questo “miracolo” riesce solo perché la moneta bancaria si basa sulla fiducia che gli operatori hanno in quella pubblica. Detto semplicemente, nessuno distingue fra l’euro di banca centrale e l’euro della banca commerciale. Perché, nei fatti sono la stessa cosa, anche se tecnicamente fanno riferimento a soggetti e logiche di emissione differenti.

Distinguere fra moneta di banca centrale e moneta distribuita dalle banche commerciali ci consente di fare un’altra precisazione terminologica che spesso genera molta confusione anche fra gli operatori: quella fra moneta digitale e moneta elettronica. L’euro digitale è una valuta di banca centrale digitalizzata. Gli euro della carta di credito sono moneta elettronica, ossia moneta emessa da un soggetto privato che circola attraverso circuiti elettronici.

Questo ci permette di comprendere un’altra distinzione fondamentale: quella fra una moneta digitale che fa riferimento a una valuta emessa da una banca centrale, come l’euro digitale, e una moneta digitale emessa da un soggetto privato, come una qualunque stablecoin. La prima è una moneta. La seconda è un asset.

Fatte queste premesse, osserviamo rapidamente come si stiano evolvendo le modalità di pagamento nell’eurozona, prendendo come fonte il rapporto SPACE della Bce pubblicato nel dicembre scorso.

L’acronimo POS sta per Point Of Sale, ossia punti vendita. P2P sta per Person To Person. Come si può osservare il declino del numero dei pagamenti nei punti vendita è andato di pari passo con l’incremento dei pagamenti on line, che sono triplicati fra il 2019 e il 2024. E questo è un primo indizio dell’importanza che avrà in futuro poter disporre di un euro digitale.

Il motivo è presto detto: mentre una moneta elettronica ha bisogno di un soggetto bancario per poter circolare, una moneta di banca centrale è alla portata di tutti. Per dirla diversamente: serve essere titolari di un conto corrente per avere una carta di credito, basta una tasca per conservare una banconota. 

Nel caso dell’euro digitale basterà avere un dispositivo digitale con un wallet. Questo significa che tutti i soggetti “non bancati” avranno accesso al sistema dei pagamenti anche se devono fare pagamenti on line. E se si considera che i più grandi utilizzatori di pagamenti on line sono i giovani, che spesso non hanno un conto corrente, ecco che si comprende la potenziale trasformazione della domanda di consumi che l’euro digitale porta potenzialmente con sé. Oggi un genitore che voglia dare una paghetta al figlio minore che non ha un conto corrente deve usare il contante fisico. Domani sarà sufficiente trasferire il contante via app.

Se guardiamo ai dati circa l’utilizzo del contante in Europa (grafico che apre il post). osserviamo che il valore del cash in circolazione supera il 10% del pil dell’Eurozona. Questo ci dà un’idea circa la potenziale mole di pagamenti che l’attivazione dell’euro digitale può movimentare.

C’è ancora un’altra questione che non è banale ricordare. I circuiti di pagamenti elettronici, quelli sui quali girano le carte di credito per intenderci, sono in larga parte non europei. L’Euro digitale circolerà fuori da questi circuiti. Quindi non dovremo sopportarne i relativi costi di transazione. In più, come scrive la Bce “proteggerà la sovranità monetaria”. E adesso sappiamo anche perché.

Questo post è stato pubblicato su Aspenia On Line lo scorso 31 ottobre.

L’euro digitale può cambiare le carte in tavola nell’economia europea

Il caos scatenato dall’amministrazione statunitense mette in ombra i grandi cambiamenti che, volenti o nolenti, stanno attraversando l’economia internazionale e che non saranno le minacce e le ritorsioni sconclusionate di qualcuno a far deragliare. A meno che, certo, non si voglia far finire il mondo.

Ma siccome questa eventualità ancora non è contemplata, contentiamoci di alzare un attimo lo sguardo dallo sconquasso di questi giorni e vediamo cosa succede nell’infrastruttura profonda che anima la nostra economia regionale, sulla quale vengono proiettate molte speranze ma che ancora esibisce parecchie insufficienze.

Il pretesto per questa riflessione ce lo offrono due documenti. Il primo, dove abbiamo pescato il grafico che apre questo post, è il rapporto sui pagamenti nell’eurozona pubblicato nel dicembre scorso dalla Bce, che ci consente i osservare una tendenza mai davvero sottolineata nel nostro dibattito pubblico: il sorpasso in valore die pagamenti elettronici su quelli cash ormai dal 2022.

Il contante primeggia ancora per il numero totale dei pagamenti, e anche qui sempre meno, e pazienza per coloro che associano la banconota alla libertà. Il contante favorisce molto più probabilmente assai più le distorsioni dell’economia illegale, che gli spiriti liberi della cittadinanza.

Il secondo documento parte proprio da qui. Si tratta del recente aggiornamento arrivato da Piero Cipollone, componente del comitato esecutivo della Bce sull’euro digitale, sul quale la banca centrale sta lavorando silenziosamente da anni, proprio mentre negli Stati Uniti il neo presidente non vuole saperne di dollaro digitale. Preferisce affidarsi alle sue criptovalute e alle sue stablecoin in barba a qualsiasi conflitto di interesse.

Il discorso sull’euro digitale, del quale abbiamo tante volte parlato su questo blog, intercetta proprio quella quota di pagamenti contanti, i cosiddetti micropagamenti, che ancora motivano la nostra abitudine di girare con qualche banconota in tasca. Cipollone, aldilà dei fattori tecnici, che sono parecchi, ci vede anche un significato politico: “Rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa”. Ed è qui che il discorso si fa interessante.

Gran parte dei nostri pagamenti dematerializzati si svolgono su piattaforme di operatori non europei. “Oggi i cittadini di 13 paesi dell’area dell’euro si affidano esclusivamente a circuiti di carte internazionali o soluzioni elettroniche per i pagamenti nei negozi”, spiega. “Eventuali circuiti di carte di pagamento nazionali si basano a loro volta sul co-branding con i circuiti internazionali per consentire i pagamenti transfrontalieri nell’Eurozona. In un futuro non molto distante questa situazione potrebbe sfociare in una dipendenza da altri mezzi di pagamento privati, ad esempio stablecoin basate su valute estere”.

Questa dipendenza – l’ennesima viene da dire – “compromette la nostra resilienza e la nostra sovranità monetaria. Inoltre rende evidente l’urgente necessità di un euro digitale. Se non agiamo, non soltanto ci esporremo a rischi significativi, ma ci lasceremo sfuggire anche una grande opportunità”.

E qui è necessario un chiarimento. L’euro digitale non è uno strumento pensato per far la guerra al contante. L’euro digitale è contante. Non è moneta elettronica, che si appoggia su moneta bancaria privata. E’ moneta di banca centrale emessa dalla Bce esattamente come la banconota che avete in tasca. Quindi potete detenere euro digitale anche senza avere un conto corrente, esattamente come accade per il contante, custodendolo in un wallet elettronico.

E qui apriamo una parentesi che chiudiamo subito, ma che serve come pro-memoria: se l’Europa non riesce a esprimere una autonomia strategica su software e hardware, l’euro digitale sposterà semplicemente il problema della dipendenza dai sistemi di pagamenti non europei ai sistemi informatici non europei.

Premesso che la Bce non vuole fare la guerra al contante tradizionale, la Bce adesso sta provando a inserire nel sistema dei pagamenti un contante digitale. Questo è il punto. In questo modo alcuni servizi – ad esempio di acquisti on line – possono essere fatti anche da coloro che non hanno un conto corrente (ossia una carta bancaria di pagamento) senza peraltro essere costretti a passare da un servizio non europeo. Nel momento in cui si dazia qualsiasi cosa, questa opportunità non può essere trascurata. Anche i servizi si possono daziare. “Se non siamo autonomi, siamo vulnerabili alle minacce geopolitiche e rischiamo di perdere la sovranità monetaria. Questi rischi sono resi evidenti dai recenti sviluppi sulla scena internazionale”, dice.

Per giunta questa dipendenza è inefficiente: “Paghiamo a caro prezzo la struttura frammentata del nostro mercato. Ma non deve essere necessariamente così: abbiamo il potere di decidere quanto debba essere unificato il nostro mercato dei pagamenti”.

E su questo apriamo un’altra parentesi, che chiudiamo subito. Unificare il mercato dei pagamenti è solo un pezzo del mosaico che dovrebbe comporre un’area economica integrata. Servirebbe quello che tutti sanno: una unione bancaria reale, una unione del mercato dei capitali e una unione fiscale per emettere debito comune. Chiusa parentesi.

Vale la pena ricordare però che ” i circuiti di carte domestici stanno perdendo quote di mercato in tutta Europa, mentre quelli internazionali applicano commissioni elevate alle banche e ai commercianti europei. Allo stesso tempo la crescente popolarità dei portafogli digitali come PayPal o Apple Pay espone le banche europee a ulteriori deflussi di commissioni e di dati”.

A ciò si aggiunga che “le recenti misure adottate dalla nuova amministrazione statunitense per promuovere le criptoattività e le stablecoin basate sul dollaro destano timori per la stabilità finanziaria e l’autonomia strategica dell’Europa. Potrebbero infatti determinare non solo altre perdite di commissioni e dati, ma anche il trasferimento di depositi in euro verso gli Stati Uniti e l’ulteriore rafforzamento del ruolo del dollaro nei pagamenti transfrontalieri”.

Ed ecco il punto. La frammentazione dell’Europa, che si indovina essere uno degli obiettivi più o meno palese di molte forze intorno a noi passa per l’indebolimento della valuta comune che al momento è l’unico baluardo del nostro stare insieme. Per converso rafforzare l’euro, rendendolo innanzitutto più resiliente e moderno, facile da usare e comodo per la vita di tutti i giorni, è un antidoto verso questo velenoso scivolamento delle relazioni internazionali.

Senza tema di esagerare troppo,  l’euro digitale può cambiare le carte in tavola nell’economia internazionale. Specie se l’Europa lo emette prima di altri. Serve una collaborazione attiva del privato, per raggiungere questo obiettivo, e anche una capillare opera di informazione per spiegare ai cittadini europei quale sia la posta in gioco. Si parla tanto di armi, in queste settimane. Ma anche la moneta è un’arma. Pacifica, ma non meno efficace.

La sfida europea al sistema globale dei pagamenti

Il recente speech di componente del board della Bce, Fabio Panetta, ha il pregio di chiarire una volta per tutte quale sia l’entità della posta in gioco nelle silenziosa partita che le autorità monetarie e finanziarie di mezzo mondo stanno giocando al riparo dagli occhi del grande pubblico: nientemeno che la ricomposizione del sistema europeo dei pagamenti. Che significa mettere in discussione il predominio di quelle “estero” all’interno dell’Europa che si esprime nel primato di PayPal nei pagamenti on line e in quello di Mastercard e Visa in quelli delle carte di debito e credito.

Parliamo di tecnologie e compagnie Made in Usa, quindi, che fino ad oggi hanno regolato aspetti molto importanti della nostra vita, a cominciare dai nostri dati personali e sembra si concilino sempre meno con la ritrovata voglia di autonomia strategica dell’Ue, dove l’euro gioca un ruolo fondamentale. Ma è chiaro che qui non si tratta solo di una moneta. Quest’ultima circola all’interno di un sistema per garantire lo svolgersi efficace dei pagamenti, che possono avvenire in una pluralità di modi: dal semplice scambio di cash, fino all’utilizzo di strumenti di credito e debito, fino alla frontiera dei pagamenti on line. Ed è precisamente in questa prospettiva che assumono significato le due principali innovazioni alla quale stanno lavorando la Bce, con il suo euro digitale, e il sistema bancario con il recente lancio della European Payments initiative.

Quest’ultima si propone di creare un sistema unificato di pagamenti all’interno dell’Europa fissando nientemeno che uno standard in tutti i tipi di transazioni. Quindi una sorta di risposta europea, portata avanti dal sistema bancario europeo, ai servizi combinati di PayPal, Mastercard e Visa, senza dimenticare gli Atm. Chiaro che alla Bce questa idea piaccia. Un sistema integrato di carte di credito a livello europeo, per tacere del resto, consentirebbe di superare i sistemi nazionali proprio come l’euro ha consentito di superare le monete nazionali, arrivando a una sorta di unificazione della moneta bancaria elettronico, ossia veicolata all’interno dei circuiti bancari con strumenti di pagamento elettronico.

In questo contesto, l’adozione dell’euro digitale sarebbe la classica ciliegina sulla torta. Premesso che il cash fisico continuerebbe ad esistere – durante la pandemia si è assistito insieme all’aumento dei pagamenti de-materializzati da una parte e all’aumento della domanda di contante dall’altra – l’euro digitale, come abbiamo più volte osservato, migliorerebbe l’inclusione finanziaria e consentirebbe all’eurosistema di disporre di uno strumento capace di frenare la minaccia incipiente che arriva dall’esterno: quella della global stable coin che le Big Tech, sfruttando il vantaggio competitivo che deriva loro dal possedere clientele vastissime, potrebbero varare “spiazzando” le valute di banca centrale.

Queste ultime, una volta digitalizzate, dice Panetta, sono capaci di offrire maggiori garanzie ai fruitori. Anche solo per la semplice ragione che le banche centrali, a differenza delle grandi Big Tech, non hanno interesse a fare commercio con i dati personali.

Chiara quindi la conclusione: le autorità europee sono molto impegnate a seguire l’evoluzione del sistema dei pagamenti che ha notevoli profili di importanza non solo dal punto economico, ma anche strategico. Ha a che fare con la sovranità regionale e la capacità di “resistere” ai problemi che possono derivare dall’utilizzo di tecnologie e compagnie “esterne”. In questo contesto le linee di azione sono diverse: dalla fornitura di cash, quindi di euro analogici, fino allo sviluppo dei pagamenti istantanei e quindi all’emissione di euro digitale. Obiettivo finale: “Rafforzare le fiducia nell’euro”. E quindi la sua diffusione, aggiungiamo noi. E non è difficile capire perché.