Etichettato: great reallocation

Great resignation? Dipende dal lavoro

Un bel post della Fed di S.Louis ci consente di guardare un po’ a fondo la questione della cosiddetta Great Resignation, espressione coniata da alcuni economisti per connotare una certa tendenza emersa nel mercato del lavoro statunitense dopo l’arrivo del Covid, Ossia l’aumento di dimissioni volontarie che subito aveva suscitato una marea di commenti poco informati sui fatti.

Sorvoliamo sulle affrettate deduzioni neoromantiche che imputavano le dimissioni a un ritrovato senso dell’esistenza dopo la pandemia o, peggio ancora, quelle che collegavano l’addio al lavoro alla pioggia di sussidi del governo. Il punto è che in alcuni casi a questa great resignation, ammesso che sia autentica, ha corrisposto una great reallocation. Insomma: la gente non ha rinunciato a lavorare. Ha semplicemente cambiato lavoro.

L’aspetto interessante però non è tanto questo cambiamento, quanto il fatto che sia avvenuto in alcuni settori e non in altri.

Il post, in particolare, mette a paragone due industrie: quella della manifattura e delle costruzioni e quella del tempo libero. E gli esiti sono molto diversi. I dati, raccolti nel periodo fra gennaio e novembre 2021 confermano che entrambe hanno avuto un notevole incremento nelle dimissioni. Ma mentre nel settore delle costruzioni questo si è tradotto in una diminuzione complessiva degli occupati nell’industria, il contrario è accaduto nel settore del tempo libero, dopo si è osservata una crescita sostanzialmente corrispondente alle cessazioni delle nuove assunzioni. Quella che gli autori chiamano job-to-job transition.

Il commento possiamo lasciarlo agli autori: “Nel complesso, questi risultati suggeriscono che la maggior parte delle dimissioni nel settore del tempo libero è stata guidata da cambi di lavoro, mentre nel settore manifatturiero e delle costruzioni no”.

Un altro punto che merita di essere sottolineato è l’impatto che questa “transizione” ha avuto sui salari. I risultati sono estremamente istruttivi. Nel settore manifattura e costruzioni, i salari nominali sono aumentati del 4 per cento fra gennaio e novembre, mentre in termini reali, quindi se consideriamo l’inflazione, sono diminuiti del 2 per cento. Nel settore del tempo libero, i salari nominali sono aumentati di quasi il 13 per cento – il 6 per cento al netto dell’inflazione – perciò sembra logico dedurne che “maggiore è l’aumento delle transizioni da lavoro a lavoro, maggiore è la crescita salariale”.

Lo possiamo anche dire diversamente: il settore del tempo libero “tira” occupazione, e quindi i salari aumentano. L’altro no. Più che una transizione verso le gioie della vita – nel senso di tempo libero – è un’arida transizione verso lavori pagati meglio. Ma questo non ditelo agli economisti dei social.

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