Etichettato: trend pagamento interessi sul debito paesi ocse

Aumenta il costo del debito per i governi

Finita l’epoca dei tassi azzerati – che molti già rimpiangono – rimane una montagna di debito, pubblico e privato, che chiede di essere servito. Ossia che si paghino gli interessi pattuiti. La qualcosa, in un ambiente di tassi che sono cresciuti parecchio, genera l’effetto già osservato fra il 2021 e il 2023, quando il peso del costo degli interessi sul debito nei paesi Ocse è passato dal 2,3% al 2,9% medio del pil.

Il fatto interessante è che il dato 2023 è superiore solo dello 0,3% rispetto alla media del periodo 2015-19, e nonostante l’aumento dei tassi solo 15 dei paesi del gruppo Ocse prevedono di aver più costi per il servizio del debito nei prossimi mesi. Questo dà l’idea di quanto pesi ancora, nella contabilità degli interessi passivi, il passato dei tassi rasoterra.

Al momento il fardello più pesante l’hanno dovuto sopportare la Gran Bretagna, che ha visto aumentare di 1,8 punti di pil il peso specifico dei suoi interessi e poi l’Ungheria, con l’1% di pil in più. Francia e Stati Uniti se la sono cavata “appena” con lo 0,6% di pil in più di costo degli interessi. Nel nostro paese, al contrario, la spesa è leggermente diminuita. In generale, i paesi dell’eurozona hanno visto una minore pressione sul costo dei debiti da quando l’aria sui tassi è cambiata.

L’effetto dell’inflazione non è stato, tuttavia, leggero. l’aumento dei prezzi ha fatto lievitare il costo del debito delle obbligazioni indicizzate, che nel 2022 pesavano l’8% del totale dello stock Ocse, originando però il 30% del totale dei pagamenti di interessi effettuati. Nel 2023, col calare dell’inflazione, l’effetto si è mitigato, e i pagamenti si sono dimezzati. Ma rimangono sempre il doppio, in percentuale, rispetto al peso specifico di queste obbligazioni sullo stock di titoli governativi. Insomma: l’inflazione aiuta a deflazionare lo stock del debito, meno i flussi dei costi che lo alimentano.

Il futuro appare notevolmente condizionato dalla composizione di questo stock, dove i titoli a reddito fisso quotano circa l’80 % del totale. Si prevede che ciò porti a pagamenti di interesse più elevati nel breve-medio termine.

Questo costo impatterà ovviamente sulla spesa corrente per un valore che si stima possa arrivare allo 0,5% del pil aggiuntivo nel triennio 2024-26. Per l’Italia si stima un aumento di circa 0.6% punti di pil nel triennio. Una decina di miliardi, malcontati. L’ideale per un paese che già paga 70 miliardi l’anno di interessi sui propri debiti.