Dopo gli stress test sul ponte sventola bandiera b(i)anca

C’è sempre del metodo nella follia, e dovremmo ricordarlo tutti. E basta osservare quanto sia scrupolosa la metodica dei matti per comprendere quanto ciò che a noi pare insensato, a loro appaia assolutamente coerente.

Perciò se l’avvio della supervisione unificata della Bce, che inizia oggi, vi è sembrata avventata, è bene sappiate che la volontà dei banchieri ha una coerenza ferrea e un obiettivo addirittura storico: cambiare il volto della finanza europea. Vi sembra una follia? Ricordatevi allora che non solo c’è del metodo, ma che è estramente cogente.

Per capire esattamente la questione, basta dare una lettura all’intervento di Erkki Liikanen, governatore della banca centrale finlandese (“On a sound and growth-enhancing financial sector in Europe”) che si potrebbe definire un piccolo manifesto politico già a partire dalla conclusione.

Le banche, dice il nostro banchiere, svolgono un ruolo particolarmente importante nel settore finanziario europeo, in quanto fonte principale di finanziamento per le piccole e medio imprese. Al tempo stesso hanno un ruolo critico per la stabilità finanziaria. La crisi dell’euro lo ha dimostrato con chiara evidenza. Entrambi le due caratteristiche non sono particolarmente apprezzate dai banchieri centrali, che invece vorrebbero un sistema meno bancocentrico, quindi capace di far arrivare finanziamenti alle imprese sempre più dal mercato dei capitali non bancari, e soprattutto banche strettamente controllate e decisamente poco interessate a comprare i titoli di stato dei paesi dove risiedono.

Raggiungere un tale obiettivo porta con sé due precise scelte: da un lato sviluppare sempre più i mezzi alternativi di finanziamento, quindi favorire lo sviluppo di un sistema bancario ombra basato su intermediari non bancari, per far arrivare credito alle imprese. Dall’altro stringere sempre più la maglia della regolazione che, oltre alle banche europee, ormai controllate dall’occhiuta entità di Francoforte, includa lo stesso sistema ombra che la stessa occhiuta controllora vorrebbe sempre più monitorare, atteso che delle banche ombra sono riconosciuti i vantaggi, ma soprattutto i rischi sistemici che portano con sé.

In tal senso, la scelta della Bce di comprare Abs è un tassello del complesso mosaico che si sta costruendo. Al fine immediato di far arrivare credito alle imprese per via indiretta, si sovrappone quello di medio periodo di creare una classe di titoli securizzati che, per caratteristiche e composizione, siano giudicati abbastanza sicuri dal mercato. In modo che, un domani, quando la Bce smetterà di comprarli, rimarrà l’abitudine a considerare questi asset, che sono l’ossigeno che tiene in vita le banche ombra, come un buon collaterale per tute le operazioni che alimentano il mercato dei capitali.

A ben vedere, quello che la Bce sta facendo comprando Abs è comunicare fiducia su questa classe di obbligazioni. Che servono adesso, ma serviranno assai più dopo.

D’altro canto bisogna tenere a bada le banche. La mordacchia della supervisione unificata, che ha spostato la vigilanza bancaria dal livello nazionale a quello sovranazione è un ottimo viatico per costringere le principali banche europee, al netto di alcune vistose eccezioni come le casse di risparmio tedesche, a fare le brave. A non esagerare con i rischi. E soprattutto a incoraggiarle a fondersi l’una con l’altra in omaggio al darwiniano ed attualissimo principio che nella giungla come in finanza solo i più forti meritano di sopravvivere.

Da questo punto di vista gli stress test, e soprattutto il market toast che gli azionisti dell’italiana Mps hanno conosciuto da subito, giovano perfettamente alla bisogna. Appartiene alla natura delle banche centrali regolare il mercato e allearsi con lui nel momento del bisogno.

Che poi le autorità di regolazione riescano a manovrare gli animal spirit delle banche ombra è tutto a vedere. Negli Stati Uniti, dove tale pratica è invalsa ormai da decenni, non si può dire che i controllori abbiano avuto successo, visto il disastro provocato nel 2007 proprio dai titoli securizzati che le banche ombra si scambiavano come in un’iperbolica staffetta fino a quando il sistema non ha fatto crash.

Ma questo per noi europei è un problema di là da venire. Questo è il tempo di occuparsi delle banche, e l’Unione bancaria sembra abbia giovato alla bisogna. Anche se la parte sporca del lavoro l’ha fatta, tanto per cambiare, la crisi.

Di recente la Bce ha rilasciato il suo Banking structures report del 2014, documento che analizza lo sviluppo del settore bancario fra il 2008 e il 2013. Gli esiti di tale rapporto sono assolutamente coerenti con lo scenario che vi ho illustrato.

Nel 2013, infatti, il processo di consolidamento bancario iniziato già all’indomani della crisi è proseguito con decisione. Alla fine dell’anno l’Europa contava 5.948 istituti di credito attivi a fronte dei 6.690 del 2008 e dei 6.100 del 2012. Ovviamente il dato è riferito all’intera eurozona, col che vuole dirsi che non  si tratta di un processo omogeneo, ma che si differenzia anche notevolmente nei singoli paesi. Noi italiani siamo un po’ fanalino di coda, ma state pur certi che gli stress test e la supervisione made in Bce gioveranno alla bisogna.

Se andiamo a vedere quanto si siano ridotte le filiali locali (local branches) osserviamo che dal 2008 al 2013 sono diminuite del 12,7%, per un totale di 23.851 unità in meno. La conseguenza, di sicuro non intenzionale, di questo processo di razionalizzazione è stata che le prime cinque banche dei singoli paesi hanno in gran parte visto crescere il peso relativo dei loro asset sul totale. La qualcosa apre un altro scenario di cui parlerò un’altra volta: ossia che siano più grosse le banche too big to fail.

La crisi tuttavia ha fatto dimagrire parecchio le banche, che nel 2008 avevano asset per 33,5 trilioni di euro e nel 2013 appena 26,8, a fronte dei 29,6 del 2012. Merito senza dubbio del deleveraging, che ha fatto diminuire il valore degli asset. Ma anche della crescita davvero esplosiva che conosciamo già proprio del settore ombra.

Certo, anche la politica monetaria ha la sua parte di responsabilità. I tassi ormai a zero, per non dire negativi, hanno abbattuto la profittabilità delle banche e quindi la loro capacità di giocare un ruolo da protagoniste nel sistema finanziario, dovendosi preoccupare peraltro di ricapitalizzarsi (magari coi soldi dei governi) e di tappare le falle dei loro bilanci.

Tale situazione ha generato la crescita del ruolo delle istituzioni finanziarie non bancarie il cui peso relativo nell’eurozona cresce senza sosta dal 1999. Lo shadow banking, che quotava circa il 5% del sistema finanziario europeo, ora svetta verso il 20% e il settore delle assicurazioni e dei fondi pensioni, in valore assoluto, è semplicemente raddoppiato.

In valore assoluto, l’intero sistema finanziario europeo, nel 2013, ha raggiunto i 57 trilioni di valore, raddoppiato anch’esso dal ’99. Fondi e assicurazioni sono passati dai 4 trilioni a otto, mantendendo quindi sostanzialmente immutato il loro peso relativo sul totale, intorno al 14%.

Al tempo stesso il peso delle istituzioni monetarie e finanziarie, quindi anche delle banche, pur essendo cresciuto da 19 a 30 trilioni, è sceso in valore relativo dal 59 al 52%. Il che spiega bene l’esplosione dello shadow bankind, aumentato da 9 a 19 trilioni, in crescita persino più ripida dal 2012, quando le banche hanno accelerato il deleveraging.

E così il cerchio si chiude. L’avvio della supervisione unificata, della quale gli stress test sono stati l’esordio, completerà inevitabilmente il processo di “sanificazione” delle banche, che adesso sanno di non poter più contare sui bail out pubbilco in caso di fallimenti, ma dovranno rivolgersi intanto ai loro ai loro azionisti e obbligazionisti e poi ai depositanti non assicurati. Sul ponte bancario ormai sventola bandiera b(i)anca.

Al contempo i bassi tassi spingono le banche a sfogare la loro fame di rendimento altrove, replicando in sostanza quanto si faceva prima della crisi del 2007, ossia alimentando entità ombra magari da loro sponsorizzate. E all’uopo la Bce costruirà, per via regolamentare, una classe di asset – gli Abs “sicuri” – che serviranno nel breve ad alimentare le piccole e medie imprese tramite le banche commerciali, e nel medio, a incoraggiare lo sviluppo del mercato dei capitali, al fine dichiarato di innescare una transizione storica della finanza europea da bancocentrica a mercatocentrica. Mercato unico, ça va sans dire.

Infine, la Bce promette di puntare la sua occhiuta attenzione sulle banche ombra per impedire che diventino ciò che più volte hanno dimostrato essere: un pericolo per la stabilità finanziaria.

Se tutto questo vi sembra una follia, spero che adesso abbiate compreso quale sia il metodo.

Ma soprattutto che se ci sono pazzi, quelli siamo noi.

Un Commento

  1. minsky

    Il pur bravissimo Sgroi stavolta pecca di “comblottismo” non degno delle sue capacità. La crisi non parte dall’America ma dalla finanza in sé che non è né americana né europea, né papuanese. E’ mondiale. Tra l’altro non conviene accusare l’America perché gran parte dello shadow banking parte proprio dall’Europa. A volte si scherza dicendo che l’america gonfia la bolla e l’europa la punge con lo spillo. Quindi la colpa è di entrambi. Ammesso che di colpa si possa parlare.
    Riguardo la “soluzione” sistema finanziario e sistema monetario in realtà non è vero che si sta cercando di favorire il primo (che è solo stato rimesso in piedi dal secondo) come dice Sgroi ma al contrario si sta cercando di ri-avvicinare i due sistemi in modo che la regolamentazione sia più omogenea per entrambi. Se l’America riesce in questo difficile compito allora l’europa seguirà e l’occidente tirerà un sospiro di sollievo. Ma i tedeschi si oppongono e si opporranno sempre. Quindi finché non cade il “muro di berlino” l’europa sarà a stecchetto.

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    • Maurizio Sgroi

      salve,
      un “comblotto” per usare la sua simpatica espressione presuppone azioni tessute in vista di un fine nascosto. ma nel caso in ispecie il fine è dichiarato, come potrà vedere lei stesso scorrendo l’intervento del governatore finlandese. concordo con lei sulla circostanza che la finanza sia mondiale e quindi sulle corresponsabilità dei disastri recenti. non concordo sul fatto che lo shadow banking arrivi dall’europa. i dati e la storia dicono il contrario. ne ho scritto l’anno scorso, se ha voglia di approfondire, costruendo una miniserie proprio sul tale simpatica pratica extrabancaria. poi che tramite la regolazione si cerchi di rendere il sistema più resiliente è verissimo. ma non trascuri l’effetto collaterale della market discipline. le grandi crisi nascondono grandi opportunità. e i banchieri centrali l’hanno chiaro da tempo.
      grazie per il commento e per l’attenzione

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      • minsky

        non calcolate le banche ombra non dichiarate ma solo quelle “ufficiali”. quello europeo non solo è superiore ma non ha nessuna regola. negli usa un paio di regolette le hanno messe. il motivo è facile da capire, le regole bancarie sono più restrittive in europa e lo SB nasce proprio a causa di tali restrizioni alle banche classiche che in america invece furono liberate negli anni ’90 senza più alcuna distinzione. quindi in europa sono paradossalmente di più proprio perché esiste ancora questa separazione. lo SB svizzero è costato uno swap da 600 miliardi di dollari e 600 miliardi di euro a fed e bce e rappresenta una minima parte di uno SB ancora in piedi. e i governatori sono pure finiti sotto inchiesta di fronte al giudice a cui hanno spiegato che non potevano certo ripetere l’errore del ’29 con le conseguenze che conosciamo. vado alla ricerca del thread di cui mi ha parlato.

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      • Maurizio Sgroi

        salve, purtroppo dispongo solo di dati ufficiali, ossia pubblici, e come me temo si trovi gran parte degli osservatori europei, comprese le banche centrali. qualche tempo fa ho pubblicato un post proprio sul report della buba su questo tema, che effettivamente ammetteva una certa carenza informativa. ma finché i dati non saranno resi noti non potremo conoscerli, purtroppo.
        non sapevo dello swap svizzero, quindi farò delle ricerche, se ha qualche link da segnalarmi gliene sono grato.
        grazie per l’attenzione e per il commento

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  2. minsky

    lo swap di quel tipo è il primo in assoluto. del resto le banche centrali stanno facendo cose mai fatte prima nella loro storia. e se lo fanno vuol dire che qualcun altro NON sta FACENDO il suo di lavoro.

    l’articolo magicworld è interessantissimo ma alcune precisazioni vanno fatte. i problemi del ’20 non sono provocati dicendo che la fed nasce nel ’13. detta in questo modo lei fa apparire la fed come il responsabile. al contrario la fed nasce per colpa della crisi del 1907 quando le banche facevano quello che gli pareva e piaceva sfasciando l’economia. detta in questo modo i suoi lettori saranno meglio informati sul perché nasce la fed. non per cattiveria come vi raccontano in europa all’università.

    anche il QE viene messo in cattiva luce ma lei spieghi ai suoi lettori cosa successe nel ’29 quando il mancato salvataggio della “finanza” di allora portò alla devastazione e ad una guerra. detta in questo modo il QE del 2008 suona diversamente. a che percentuale starebbero gli estremisti oggi in europa?

    riguardo il dollaro moneta mondiale va precisato che la gran parte di questa massa “eurodollar” non è riconosciuta dalla fed. per i treasury invece va detto che se sono accettati da tutto il mondo non ne possiamo fare una colpa a magicworld. casomai la colpa sarà di chi essendo un paese cialtrone non riesce ad emettere niente se non carta igienica che nessuno vuole e ce la dobbiamo ricomprare noi con “le cattive”.

    riguardo invece il dollaro come riserva va detto che non è l’unica moneta bensì è seguita ormai da altre monete con un ruolo crescente. l’euro stesso, e francia e germania lo devono accettare volenti o nolenti. e il renminbi entrerà nel club.

    comunque sia si ribadiscono i complimenti per l’articolo in oggetto.

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